Il visto non gliel’hanno dato. Era nell’aria, ma la decisione che chiude le porte dell’Australia a Novak Djokovic, porta con sé il sapore greve di una sconfitta. La più mortificante per il campione delle nove vittorie nello Slam che apre la stagione del tennis, l’uomo che poteva vantarsi di aver costruito, sotto il sole di Melbourne, il giardino dei suoi trionfi e la parte più solida del proprio dominio tennistico.
Potrà stare in albergo, senza mettere il naso per strada. Lo hanno interrogato per sei ore in una stanza del Tullamarine Airport, lo hanno privato del cellulare e trattenuto appena sbarcato dall’aereo.
Le sue spiegazioni non hanno convinto. L’esenzione medica in poche ore è diventata acqua fresca. Il motivo per il quale Novak l’aveva richiesta è stato giudicato inaccettabile. Mentre il numero uno del tennis, era in viaggio, tutto è cambiato. Tutto il mondo di Djokovic è finito sottosopra.
Non era una vittoria, quella dell’altro ieri, quando Nole è partito da Dubai con la sua brava esenzione firmata dal governo del Victoria, destinazione Melbourne, Australian Open, 21° Slam da conquistare.
Uno a zero per lui, era stata l’opinione frettolosa di alcuni commentatori, ammaliati dal tiro mancino del serbo, dal dribbling alla Garrincha che aveva fatto sbandare l’intera difesa anti-covid innalzata dall’organizzazione del torneo e da un governo che aveva promesso ammonizioni e squalifiche a chi, fra i tennisti, non si fosse presentato con le vaccinazioni in regola. Ma era stato un abbaglio. Quello era solo il risultato del primo tempo. Alla ripresa del gioco è giunta la parità. Una figuraccia per uno e palla al centro. E sui nuovi dubbi alimentati dal governo federale del Paese, è maturata la sconfitta finale.
La grezza governativa è sotto gli occhi di tutti. Dopo aver mostrato i denti a chiunque avesse provato a forzare il dispositivo difensivo, sventolando sotto il naso del mondo l’insieme ineludibile delle regole poste a scudo di un Paese che ha affrontato un lockdown lungo quasi un anno, organizzatori e governo sono scivolati su una esenzione medica alla vaccinazione che nei fatti esiste, ma solo se supportata da una inoppugnabile documentazione sanitaria.
Se Djokovic ha ricevuto la dispensa – era stata la prima, legittima perplessità – forse non sta così bene come pensa. Qualcosa del genere devono aver pensato anche i ministri del governo federale, con sede a Canberra. O meglio, ascoltato il bombardamento di pernacchie che si stava sollevando dall’intera pubblica opinione australiana, con eco lontani che rimbalzavano in ogni parte del mondo, i poveretti devono aver capito la portata dell’abbaglio preso dai membri del Victoria State. E sono corsi ai ripari.
A cominciare dal primo ministro Scott Morrison, che mentre Djokovic era ancora in viaggio si è affrettato a spiegare come la sua domanda di esenzione sarebbe stata valutata «esattamente come facciamo per tutti gli stranieri che chiedono di entrare nel nostro Paese».
Seguiva una precisazione minacciosa, che poi si è dimostrata la più realistica: «Se le motivazioni addotte dal tennista non saranno in linea con le regole che abbiamo dettato, verrà caricato su un aereo e rispedito a Dubai».
È sulle motivazioni offerte da Djokovic che si è giocata la parte conclusiva del match. Che cosa ha dichiarato Nole per ottenere l’esenzione? «Sarebbe bene che lo dicesse», si è fatto vivo Craig Tiley, direttore del torneo, «del resto, solo lui può decidere se renderle note o meno». Quando Nole è giunto a Melbourne, il suo visto è stato preso in consegna dall’Ufficio Immigrazione ed è stato bloccato.
Gira voce che Djokovic abbia fatto riferimento, nella sua richiesta, a un recente contagio da virus. In altre parole, si sarebbe ammalato di Covid negli ultimi sei mesi. Forse è così, ma non se n’è saputo niente, mentre la prima volta, nell’estate del 2020, era stato lui stesso a rendere nota la positività. Nella confusione non si è riusciti a capire nemmeno se una simile motivazione rientrasse nelle possibilità stabilite dalle commissioni mediche per la concessione dell’esenzione.
Ora la risposta è arrivata. No! Djokovic è fuori dalle regole che l’Australia ha fissato per accettare chi viene da fuori. Ha forzato la mano, Nole, sbagliando. Ma chi gli ha concesso l’esenzione ha fatto peggio. Quando i politici di Canberra si sono resi conto che un loro sì sarebbe apparso a tutto il mondo una concessione, hanno fatto marcia indietro. Ora a Nole non resta che rivolgersi agli avvocati. Ma che possano ottenere di farlo rientrare nel torneo, è difficile. Come vincere un Grande Slam.
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