La prima tennista nella storia dei giochi olimpici ad avere l’onore di essere ultima tedofora, colei che ha acceso il braciere della competizione a cinque cerchi.
Soprattutto la ragazza che ha contribuito in maniera pesantissima in questi anni a cambiare l’opinione di tanti giapponesi verso gli hāfu (ハーフ), quelli nati da un “incrocio” tra giapponesi e stranieri e che specialmente nel periodo post-seconda guerra mondiale veniva spesso usato come atto discriminatorio.
Naomi Osaka è, per la cultura del paese del Sol Levante, un meticcio. Fino a una decina di anni fa la distanza che c’era tra queste persone e i giapponesi cosiddetti “puri” era molto pesante. Sua mamma, Tamaki, venne cacciata di casa e diseredata quando la sua famiglia scoprì la relazione con il futuro papà di Naomi. Straniero, haitiano, di colore. Ineccepibile. Naomi di cognome fa “Osaka”, non “Francois” come il padre Leonard, perché nata a Osaka, in Giappone, non poteva avere il cognome del padre, identificato come uno straniero.
Oggi, con quattro Slam alle spalle e un numero 1 del mondo mantenuto 25 settimane, a nemmeno 24 anni ha ricevuto la fiamma olimpica dai ragazzini di Fukushima, coloro che hanno vissuto in prima persona il disastro del terremoto di 10 anni fa che causò uno tsunami e mise in pericolo la popolazione a causa del reattore nucleare vicino alla città, che venne per grandissimi tratti rasa al suolo. Oggi, Naomi Osaka ha realizzato un passo in avanti importante per il Giappone, che ha lasciato l’onore dell’ultimo tedoforo a una atleta che anni fa non avrebbero probabilmente mai considerato e che oggi si è avvicinata a questi giochi con sì la questione personale della volontà di prendersi una pausa dopo tutti i problemi emersi a Parigi, ma che è un simbolo ormai globale nei suoi grandi impegni tra campo e sociale.
Non solo Osaka, però, perché nella cerimonia inaugurale dei giochi c’è stato tanto spazio anche per altri quattro tennisti. Tra le donne Petra Kvitova, Aljona Ostapenko e Veronica Cepede Royg hanno sfilato come portabandiera per Repubblica Ceca, Lettonia e Paraguay mentre a Yen-Hsun Lu è toccato l’onore di sventolare quella di Taipei sebbene i grandissimi problemi diplomatici che ci sono da sempre con la Cina, che non ne riconosce l’indipendenza, non permettano all’isola-stato di poter utilizzare la vera bandiera ma venga usata una bianca con i cinque cerchi olimpici racchiusi dentro a una figura e gareggiare sotto il nome internazionale di “China Taipei”.
Tanti poi quelli in parata: Donna Vekic, Belinda Bencic, Luke Saville, Samantha Stosur, Ellen Perez, Paula Badosa, Mihaela Buzarnescu, Carla Suarez Navarro.
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