Tutti i risultati della quarta giornata di Wimbledon
Magari siamo eccessivamente severi ma riesce sempre più incomprensibile il “progetto” di Roger Federer, che ha vinto un’altra partita di livello francamente povero, giocato ad un velocità verrebbe da dire non rispettosa del palcoscenico in cui era immersa. Aiutato da un Gasquet impresentabile, Federer ha almeno evitato gli psicodrammi del primo turno contro Mannarino, ma contro un giocatore così in disarmo come il francese, lo svizzero è riuscito nella discutibile impresa di dover salvare cinque palle break. Naturalmente questo non significa che non sia ancora uno spettacolo lo stile e la solita straordinaria capacità tecnica di chi qui ha vinto 8 volte, ma quella Federer l’avrà anche a 50 anni, giocando da seduto. Quello che non sembra plausibile è riuscire a fare match pari con qualcuno che sia ancora con la testa nel tennis e non perso a rimuginare su una ccarriera che si era immaginato chissà come e invece. Se credete che tutto questo sia esagerato riguardatevi il break decisivo del terzo set, sconfortante.
Tutto questo è successo mentre in contemporanea Nick Kyrgios superava con qualche piccola difficoltà il nostro Mager. Ma naturalmente per l’australiano andrebbe fatto tutto un altro discorso, visto che di comune con lo svizzero hanno solo la straordinaria capacità di fare quel che vogliono con la pallina. Per il resto Kyrgios tutto sommato è stato persino disciplinato nel fare il minimo indispensabile per portare a casa velocemente il match, superando con una solidità insospettata il mini break del tiebreak del primo set, che poteva magari fargli perdere energie preziose. Così non è stato e due accelerazioni, una per set, hanno chiuso il discorso contro Mager. A differenza di Federer, che chissà come uscirà dal match contro Norrie, Kyrgios sembra poter dare qualche fastidio anche più avanti, se la condizione fisica gli regge altro po’.
Anche negli altri match è successo poco, perché la sconfitta di Dimitrov contro Bublik va inserita nel “filone Gasquet”, cioè quello di un giocatore troppo preso a rimpiangere quello che credeva potesse essere e non è stato. Il talento di Bublik è bastato anche perché Dimitrov ha sempre l’aria di pensare che tanto non serve e sicuramente andrà male, nella più classica delle profezie che si autoadempie.
Vittoria senza di problemi di Medvedev, che sembra entrato nel mood Australian Open, quando sembrava così inscalfibile da essere dato per favorito persino in finale contro Djokovic, prima che il serbo non gli impartisse una grande lezione tattica ancora prima che tecnica. Se il russo ha imparato la lezione a questo punto non è detto che la prossima domenica, sia ancora dall’altra parte della rete.
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