Appare sconcertante cercare di fare il bilancio di una stagione in cui l’australiana Ashleigh Barty è riuscita a rimanere saldamente al comando del ranking per tutto l’anno, confermandosi numero uno del mondo per il secondo anno consecutivo, giocando soltanto 14 partite tra gennaio e febbraio, vincendone 11 e alzando un solo trofeo neanche importante all’inizio di gennaio.
Condizionanti oltremisura sono risultati la restrizione della stagione con la riduzione drastica dei tornei e, soprattutto, gli effetti congelanti della modifica apportata per quest’anno al sistema di calcolo del ranking. Ne consegue che il valore sportivo di questa stagione risulta “annacquato” e valutazioni di merito vanno espresse con” riserva”. Speriamo solo che nel 2021 si possa tornare dall’inizio alla normalità il che ad oggi non è per niente sicuro.
Con questa premessa cercherò di condurre l’analisi, alla luce dei pochi risultati registrati sul campo, focalizzando l’attenzione soprattutto sui nuovi profili saliti alla ribalta che andranno ad arricchire la contesa nei prossimi anni.
Nella stagione si sono giocati 24 tornei nel circuito maggiore (rispetto ai 58 dell’anno precedente).
Le tenniste che hanno conquistato almeno un torneo sono state complessivamente 18. Le plurivincitrici sono state soltanto quattro:
Relativamente ai tre tornei dello Slam. ricordando che Wimbledon è stato cancellato, questi i piazzamenti fino ai quarti:
Risalta la giovanissima età delle tre differenti vincitrici, Osaka, Kenin e Swiatek, nonché la constatazione di una polverizzazioni di piazzamenti che non ha precedenti; su 24 piazzamenti complessivi solo due tenniste (Kenin e Kvitova) sono riuscite a piazzarsi due volte almeno nei quarti, a conferma dell’estremo equilibrio che caratterizza il settore femminile da qualche anno.
La miglior performance in assoluto appare quella della americana Sofia Kenin che prima di quest’anno, in 11 partecipazioni complessive a tornei dello Slam solo una volta era approdata agli ottavi (Roland Garros 2019). La sua esplosione agli Australian Open, dove si è presentata da numero 15 del mondo, è stata pertanto inaspettata tanto più per l’autorevolezza con cui si è imposta, vincendo cinque match in due set e recuperando un set di svantaggio contro la Gauff negli ottavi e contro la Muguruza in finale. Conferma di quanto di positivo fatto vedere in Australia si è avuta poi sulla terra rossa di Parigi dove, a seguito dello stravolgimento del calendario per effetto della pandemia, si è giocato a settembre a seguire gli Us Open in cui la Kenin è uscita negli ottavi per mano della belga Mertens.
Il cammino sul mattone tritato dello Chatrier, iniziato sotto i peggiori auspici per effetto di una agghiacciante sconfitta subita la settimana precedente all’esordio degli Internazionali di Roma contro la Azarenka, (6-0 6-0 in 63 minuti risultata poi la peggior sconfitta di una top 5 dal 2005), è stato, per la giovane americana, molto più sofferto che in Australia, ma proprio per questo indicativo delle sue doti temperamentali: quattro vittorie al terzo set (due volte in rimonta) per approdare in finale dove però nulla ha potuto per contrastare l’irruzione deflagrante della giovanissima polacca Iga Swiatek (19 anni) che, alla sesta apparizione in uno Slam, è diventata la tennista col più basso ranking a vincere lo Slam parigino (n.54), spazzando via con una facilità inaudita tutte le avversarie compreso la espertissima Halep,testa di serie numero 2, lasciando complessivamente 28 games alle avversarie in 7 match disputati.
La Swiatek è la 13esima più giovane tennista a vincere uno Slam nell’Era Open e non c’è dubbio che rappresenta la più importante novità dell’anno in campo femminile con la certezza di trovarci al cospetto di una campionessa dal futuro radioso.
Il terzo Slam disputato è stato quello americano e lì abbiamo assistito al terzo centro Slam in altrettanti finali disputate della straordinaria Naomi Osaka, la più vincente negli ultimi quattro anni durante i quali abbiamo avuto ben 12 differenti vincitrici in 15 Slam disputati:
L’esplosione della Kenin ma soprattutto della Swiatek e la conferma della Osaka sono in ottica prospettica le migliori evidenze della stagione.
Richiamando quanto detto in premessa in merito agli elementi che hanno condizionato la stagione, va osservato che applicando il ranking in base ai risultati della Race (risultati dell’anno solare), questa vedrebbe Kenin e Osaka ai primi due posti con la Swiatek quinta (in risalita dal 60simo posto a inizio stagione) e la Barty soltanto al 12esimo posto.
Nota piacevolissima della stagione, il recupero ad alti livelli della ex numero uno del mondo Victoria Azarenka. Superati difficili problemi fisici e familiari che l’avevano di fatto costretta fuori dal circuito per quasi 2 anni tra il 2016 e il 2018, rendendo poi molto problematica la ripresa ,la campionessa bielorussa non ha mollato, allenandosi tenacemente con grande convinzione, tanto da tornare a vincere un torneo importante a Cincinnati (anche se favorita dal ritiro in finale della Osaka) e ad approdare in finale agli Us Open a distanza di sette anni dall’ultima volta in uno Slam (Australian Open 2013), concludendo l’anno al 13esimo posto della classifica.
A completamento dell’analisi individuale relativa ai nuovi prospetti va segnalato l’exploit dell’argentina Nadia Podoroska che a 23 anni, con soli 3 match vinti in carriera nel circuito maggiore, ha rappresentato una sorpresona approdando in semifinale al Roland Garros da numero 131 del ranking e dopo aver superato le qualificazioni. Sarà necessario avere delle conferme per capire quale potrà essere l’orizzonte di questa giocatrice che comunque ha elettrizzato il suo popolo che non vedeva una sua rappresentante così avanti in uno Slam dal 2004 quando Paola Suarez, proprio a Parigi, da testa di serie n.14, si arrese alla russa Dementieva dopo aver battuto nei quarti Maria Sharapova.
A livello di risultati complessivi per nazioni di appartenenza, va sottolineato che le tenniste dell’Est Europa hanno dominato la scena a livello individuale specie dalla riapertura del circuito ad agosto, dopo il lockdown dovuto alla pandemia. Si sono infatti aggiudicate ben 17 dei 26 tornei disputati nell’anno (compresi 2 categoria 125), 9 in particolare dei 12 disputati da agosto:
Gli Stati Uniti si sono però ripresi la leadership a livello di squadra. Hanno con 18 tenniste la maggior presenza tra le top 100 (erano 15 nel 2019) e la miglior classifica di squadra (sommando i ranking delle prime cinque di ogni nazione), per effetto del sorpasso nei confronti della Repubblica Ceca che era risultata prima nel 2019.
L’Italia sta lentamente risalendo la china, tornando ad avere tre tenniste nelle top 100: Giorgi (75), Trevisan (85) e Paolini (96). Nel 2018 c’era solo la Giorgi al 26simo posto, suo best ranking, e nel 2019 Paolini (96) e Giorgi (100).
Per ora accontentiamoci tanto più se pensiamo ai molteplici stimoli che il tennis nostrano potrà riservarci in campo maschile nella prossima stagione.
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