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Djokovic: “Adria Tour? Rifarei tutto. Vaccini? Mie parole fraintese ma obbligo inaccettabile”

“Se ne avessi l’occasione, rifarei l’Adria Tour un’altra volta”. Parola di Novak Djokovic. Il numero 1 del mondo ha concesso una lunga intervista via Zoom al New York Times, parlando della situazione a Flushing Meadows, della bolla in cui i giocatori affronteranno il Western&Southern Open e lo US Open. “So che la Usta ha fatto del suo meglio, ma non è facile stare in albergo in una camera piccola e non poter aprire le finestre”, ha detto il 33enne fuoriclasse serbo così come riporta il sito della Fit. A Flushing Meadows, eccezionalmente sede anche del torneo organizzato dal 1899 a Cincinnati, giocherà anche in doppio con il connazionale Filip Krajinovic. Come lo US Open, in programma la settimana successiva, si giocherà senza pubblico, con i giocatori testati regolarmente nell’ambito di un protocollo molto severo. Lo stesso che ha portato all’esclusione, con relativo isolamento per 14 giorni, dell’argentino Guido Pella e del boliviano Hugo Dellien dopo la positività del preparatore dei due, Juan Galvan, che condivide l’alloggio con il coach dell’argentino, Josè Acasuso.

Solo la conferma che gli atleti europei non sarebbero stati costretti alla quarantena al rientro gli ha fatto cambiare idea. “La situazione è imprevedibile, certo. Sono responsabile, rispetterò le regole e le restrizioni come chiunque altro”, ha spiegato Nole ancora imbattuto nel 2020: ha infatto vinto tutte le 18 partite giocate prima del lockdown. Durante la pausa forzata, si è trovato al centro del mirino per le conseguenze dell’Adria Tour, l’esibizione itinerante che ha organizzato tra Serbia e Croazia senza alcuna forma di distanziamento sociale, allora solo raccomandata ma non imposta dalle normative nazionali. Dopo il torneo, sono emerse una serie di positività tra partecipanti all’evento. Contagiati tra gli altri Grigor Dimitrov, lo stesso Djokovic e sua moglie, che sono rimasti in quarantena con i due figli a Belgrado. “Avevamo buone intenzioni – ha assicurato Djokovic – Certo, avremmo potuto fare diversamente alcune cose, condivido ad esempio che avremmo potuto gestire in un altro modo la questione della serata in discoteca. Gli sponsor hanno organizzato la cosa, hanno invitato i giocatori, ci siamo sentiti a nostro agio. Devo essere additato a vita per aver fatto un errore? Se è così, lo accetterò, ma ditemi voi se è una cosa giusta”.

Il virus, ha svelato, l’ha preso in forma lieve: ha sofferto stanchezza, una leggera perdita del gusto e del tatto ma senza febbre. I sintomi sono durati quattro o cinque giorni. Prima di arrivare a New York, è stato più volte controllato e i test hanno dato esito negativo. Tuttavia, ha spiegato, la sua personale esperienza con il Covid-19 non gli ha fatto cambiare idea sui vaccini. “Non sono contrario in senso assoluto, come molti hanno scritto. Chi sono io per parlare di vaccini quando ci sono medici che ci lavorano da anni? Sono sicuro che ce ne sono con scarsi effetti collaterali che hanno aiutato a contenere la diffusione di malattie infettive. Solo non voglio che ci sia qualcuno che mi obblighi a mettere qualcosa nel mio corpo. Questo lo trovo inaccettabile”.

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La redazione di Ok Tennis è formata da rappresentanti di tutte le minoranze tennistiche esistenti al mondo. Inoltre, è conforme alla Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen emanata il 26 agosto 1789.

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