Karolina Muchova, una delle sorprese della passata stagione, ha colto oggi la prima vittoria del suo 2020. Una partita estremamente divertente e ricca di qualità contro Kirsten Flipkens. Non sempre giocata ad alti livelli da entrambe ma che proponevano schemi sempre diversi e traiettorie spesso in slice soprattutto del rovescio, alla ricerca della rete.
È finita 6-3 2-6 7-6 per la giocatrice classe 1996, impostasi poi al super tie-break per 10-6 in una fase finale dell’incontro in cui molto probabilmente entrambe hanno espresso il meglio del loro repertorio. In una giornata con 88 partite giocate, e altre otto cancellate, questa è stata probabilmente quella da cerchiare di rosso, soprattutto dal lato di quelle al femminile, abbastanza povere di emozioni.
E da un lato personale vorremmo anche ringraziare la stessa Muchova, perché malgrado la partita sia stata molto dura e sia finita abbastanza tardi ha comunque accettato di sedersi con noi per fare due chiacchiere. Eravamo pronti a intervenire subito dopo la conferenza stampa in ceco. È durata abbastanza, si sono fatte le 10, lei era visibilmente stanca. Finita l’intervista con i giornalisti del suo paese ha esclamato scherzando con la sua amica che l’ha accompagnata: “Non so neanche cosa ho detto, non so nulla, non ricordo nemmeno un punto della partita”.
Era però molto, molto contenta, questo sì. Non sembra una particolarmente espansiva con i gesti o con le parole, almeno nel proprio rapporto con la stampa, ma è capace di comunicare abbastanza bene le proprie emozioni, come quando in campo aveva tenuto il turno di battuta per il 6-5 al terzo dopo una serie di tre game per la sua avversaria e altrettanti match point mancati: “Forse ho anche avuto un po’ di pressione però è anche vero che sono già una che se ne mette tanta. È inizio stagione e devo accettare di non essere ancora a posto, però sì sono felice. Stanca, molto stanca, ma felice di essere passata”. La sconfitta di Brisbane è alle spalle. Tra l’altro, proprio due settimane fa nel Queensland l’abbiamo vista perdere al primo turno contro Alison Riske (quindi nemmeno un sorteggio comodo, a ora) e poi rimanere ad allenarsi giorno dopo giorno, dopo giorno. La domenica della finale, oltretutto, Karolina Pliskova aveva chiuso il proprio match da un’ora quando lei è apparsa sul campo di allenamento dietro la Pat Rafter Arena per due ore di lavoro. Il tutto per portare avanti un lavoro in campo che, tra le righe, è sembrato mancarle un po’ nella preparazione.
A proposito della off season: “Ho fatto una off season come mai mi era capitata prima. Ho finito veramente tardi, non mi aspettavo di qualificarmi a Zhuhai e di rimanere in campo fino a fine ottobre. Poi ho voluto staccare un po’ e pensare a me stessa. Non ho proprio giocato a tennis nella prima parte, sono stata alle Isole Canarie a fare vari esercizi col team e soprattutto col preparatore atletico, vari esercizi per riprendere forza e velocità. Il tutto è durato circa tre settimane e poi mi sono pure dovuta operare a un dente del giudizio. Quest anno non ho proprio fatto vacanza, purtroppo è andata così ma alla fine penso di essermi gestita bene, penso, anche se ho dovuto un po’ rallentare tutto”.
Lo scorso anno pur giocando una quindicina di tornei era quasi sempre stata in grado di mettere in campo prestazioni di altissimo spessore. Nella sua prima stagione WTA ha ottenuto le prime finali, il primo titolo, i quarti di finale a Wimbledon, la semifinale a Zhuhai. È cambiato tanto nella sua carriera, se non altro nel ranking dove da appena dentro le prime 150 è arrivata a un passo dalle prime 20. È vero che c’è stata Bianca Andreescu, per esempio, a prendersi tutti i complimenti più importanti, ma il cammino di Muchova e per i risultati e per la qualità di un gioco abbastanza anomalo nel circuito WTA merita grandi spazi e riconoscimenti: “Non penso sia stato così semplice come dici. Col mio team avevo preparato un percorso sfruttando spesso Praga per prepararci ai vari tornei, avevamo pensato di fare uno o due tornei, poi fermarsi per riprendere gli allenamenti, poi altri tornei. Non avevamo pensato di fare tanti tornei per non affaticare troppo la situazione”. Lo scorso anno, effettivamente, proprio a Melbourne avevamo parlato con la ceca che raccontava come in passato aveva avuto qualche infortunio di troppo che aveva contribuito a fermarne la crescita. E chissà dunque se proprio per questo motivo si sia presa la responsabilità di cercare un percorso di crescita diverso: “È vero poi che volta dopo volta mi sentivo sempre meglio in campo. Non ho giocato tanti tornei, ma a un certo punto avevo veramente tanta fiducia e sicurezza che mi sentivo a mio agio in campo anche contro le migliori, e a un certo punto ho cominciato a vincere tante partite settimana dopo settimana”.
Inutile, quasi, chiederle il momento migliore. Neanche è finita la domanda e subito ha sorriso: “Wimbledon”. E come darle torto… “Dieci giorni speciali”. E veniva da chiedersi se in quel torneo, dove per la prima volta era stata capace di giocare alla pari contro più giocatrici in top-10 le avesse fatto scoprire qualcosa di nuovo dentro di lei: “La capacità di stare lì con le migliori, probabilmente… Non penso però di aver scoperto qualcosa che mi ha sorpreso, diciamo. Al di là di quella partita contro Karolina Pliskova avevo già giocato tre partite molto buone e penso ancora che quel quarto turno è stato duro perché entrambe potevamo vincere, eravamo sempre vicinissime nel punteggio. Sono stata abbastanza fortunata alla fine, quel nastro sul match point è pesato…”. Se invece le chiediamo se sia stata sorpresa da se stessa nel percorso importante del ranking: “No, non particolarmente. Più che altro perché questo era il mio obiettivo a inizio stagione. Non ti dico che me lo aspettavo, questo no, però volevo provare a fare il possibile per questo. Per prima cosa volevo entrare in top-100, poi top-50, poi l’asticella si è alzata ancora con l’andare avanti della stagione. Penso di aver ottenuto il massimo da me stessa, ho lavorato parecchio e alla fine guardando indietro ero veramente contenta”. Per il 2020 c’è ancora il cartello ‘lavori in corso’: “No al momento non ci siamo fissati degli obiettivi di particolare. Però adesso voglio soprattutto migliorarmi come gioco, e dallo scorso anno ho capito che sono una che può dare tutto per riuscire a ottenere risultati”.
Alla fine non poteva mancare una domanda su Rebel Wilson. Non capita tutti i giorni di avere contatti diretti con un’attrice di Hollywood e Muchova, malgrado il basso profilo nel mondo del tennis ha creato questa amicizia particolare che ha finito per portarla direttamente a Broadway lo scorso settembre, invitata poi nel backstage con gli attori protagonisti dello spettacolo “Il Re Leone”: “È stata una sua idea, dopo lo US Open mi ha chiesto se volevo unirmi a lei. È stata la mia prima volta, molto divertente. Ancora mi sorprende se ripenso a come è nato questo rapporto. Due anni fa allo US Open è venuta fuori la cosa, e lei dal nulla mi ha mandato un messaggio salutandomi. Io: “Cosa sta succedendo!?”. Ero quasi sotto shock all’inizio”. E allo stesso modo durante il torneo di Wimbledon dello scorso anno: “Non mi aspettavo venisse a vedermi. Sapevo era lì in quei giorni, ma io già non mi aspettavo di andare così avanti fino al lunedì della seconda settimana e poi lei, quando ho raggiunto gli ottavi, mi ha detto che voleva tanto vedermi giocare. Son contenta si sia poi vista una partita come quella, 13-11 al terzo set”.
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