Non si placa la polemica contro gli organizzatori dell’Australian Open per aver deciso, ieri, di far giocare le prime partite del primo turno di qualificazione in un ambiente pessimo e molto probabilmente oltre ogni limite.
L’inquinamento e il fumo erano ben presenti e ogni ente atmosferico aveva previsto fin dal giorno prima che la situazione sarebbe rimasta invariata fino alla serata di martedì, ma molto probabilmente continuando fino alla prima parte del mercoledì. Per tutta la giornata i giocatori e le giocatrici si sono sottoposti al massimo sforzo in un ambiente che aveva livelli di inquinamento 5 volte superiore al normale.
Il rischio, dettato dall’inesperienza (e qui aveva ragione Craig Tiley, è effettivamente la prima volta che si affronta un problema del genere) e dell’incredibile superficialità dei problemi reali di una situazione di questo livello. È qui che aveva grande torto, Tiley, perché pur cominciando la giornata se è vero che la EPA (agenzia che misura la qualità dell’aria nello stato di Victoria) sconsigliava ieri ogni attività all’aperto aveva tutta la facoltà di interrompere le azioni. Se fosse stato usato il buon senso, Dalila Jakupovic non solo non sarebbe collassata a terra per la quantità di inquinamento presente ma si sarebbe evitato tutto l’autotreno di polemiche, critiche e attacchi e la figuraccia di vedere le foto e fiumi di articoli sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali e non solo (L’Equipe, come al solito, non ha problemi a dare risalto a ogni genere di sport).
È stata gestita malissimo. Tre campi principali che dispongono di un tetto e nessuno messo a disposizione per le qualificazioni, neppure in una giornata che come detto aveva segnali di allerta almeno dal giorno prima e dunque si presentava in maniera più particolare. Solo i big sono andati ad allenarsi lì, scatenando ulteriori perplessità. In una giornata hanno perso la fiducia dei giocatori sulla capacità di gestire situazioni delicate, e oggi l’onda lunga della situazione ha invaso la carta stampata. Le immagini di giocatori che inalavano aria, a cui veniva misurata la pressione, giocatori e giocatrici in enorme difficoltà già solo a muoversi, costretti a uscire scortati dal personale in campo…
Questo il “The Age”
La prima pagina ha una foto abbastanza grande di Bernard Tomic e il titolo, impietoso, “Choke Slam”: Slam del soffocamento, in una traduzione brutale. Nella pagina successiva la foto di Maria Sharapova, che ha dovuto sospendere la sua esibizione al Kooyong contro Laura Siegemund per il fumo, e il titolo “I giocatori faticano a respirare”.
L’ “Herald Sun” sceglie un modo molto più energetico, inserendo la situazione vissuta da Jakupovic nel contesto generale di una metropoli che ieri ha vissuto tanti problemi.
“Choke hold”: “Stretta alla gola”. La nube di fumo e sporco che ha invaso la città ieri ha richiesto qualcosa come 163 interventi dell’ambulanza per curare problemi respiratori in una Melbourne chiusa nella morsa più brutale da quando è cominciata l’emergenza incendi. Jakupovic viene citata qui tra i vari casi di una giornata che ha visto un’emergenza schizzata ad alti livelli. All’interno del giornale, la foto gigante di Eugenie Bouchard che dice alla fisioterapista di avere forti dolori al petto e di non riuscire a prendere aria. Poi Bernard Tomic, anche qui, che dice all’arbitro di non riuscire a giocare perché si sentiva male e sentiva chiaramente di far fatica a respirare per lo sporco in gola.
Infine, il “The Australian”
Nella prima pagina l’immagine è ancora di Bouchard che si piega in avanti alla ricerca di aria. Poche parole, ma molto dirette: “La peggior aria del mondo. I giocatori fanno fatica a respirare”.
Nella prima pagina sportiva, poi, quattro immagini: la nube di fumo sopra Melbourne Park, Dalila Jakupovic a terra che cerca di prendere aria, Maria Sharapova molto sofferente e di nuovo Bouchard. Momenti simbolo di una giornata in cui hanno perso tutti, in primis chi doveva garantire la salute non solo dei giocatori ma anche dei volontari che sono qui ad allestire il torneo e lavorano senza sosta. Non ci sono raccattapalle professionisti, ma ragazzini che si prestano per far parte di un evento meraviglioso come un torneo Slam e poi collassano a terra dopo aver respirato aria fortemente inquinata per ore.
I giocatori e giocatrici protagonisti ieri sono sul piede di guerra. Novak Djokovic e Ashleigh Barty già una settimana fa facevano notare che questo è un gioco, che se necessario bisogna sapere fermarsi perché ci sono problemi ben più gravi a ora. Ieri Elina Svitolina è stato forse il volto più importante a esprimersi sulla situazione dicendo in un tweet: “Perché bisogna attendere che succeda qualcosa di così grave per capire che bisogna intervenire?”. Servirebbe altro, servirebbe che i big si uniscano a puntino i piedi perché il torneo pende su di loro, nella visione più brutale possibile perché ai giocatori delle qualificazioni viene riservata un’attenzione diversa e questo è palese. Noah Rubin ha ragione quando interviene all’Equipe per dire che nessuno si sarebbe mai azzardato di far giocare Roger Federer o Novak Djokovic in una condizione simile mentre loro sono stati indotti a farlo.
Lo statunitense ha parlato di una forzatura da parte del torneo, cosa che ha scatenato reazioni contrastanti tra chi gli da ragione e chi pensa che se loro tenessero veramente alla loro salute si sarebbero rifiutati di giocare. Il punto è: soldi. Sempre e solo soldi. Per giocatori come Rubin passare un turno delle qualificazioni vuol dire rientrare delle spese, gestirsi una stagione con più tranquillità. Non c’è il lusso, non c’è il Marriott ad attenderti se perdi al primo turno di quali. Molto probabilmente torni nel tuo Airbnb a basso costo pensando al volo più economico da prenotare. E così settimana dopo settimana, cercando di finire l’anno in pareggio. E se non vai in campo e ti rifuti, scatta una multa che probabilmente non tutti possono permettersi. La verità emersa da questa giornata surreale è che non c’è nessuno che veramente si pone a difesa dei diritti dei giocatori e Vasek Pospisil via Twitter, da membro del consiglio giocatori dell’ATP, ha chiesto a gran voce che si arrivasse a una soluzione per risolvere la situazione.
Kirsten Flipkens invece ha tuonato contro il torneo con una serie di tweet.
Il messaggio principale è il primo, dove si accoda anche lei a Djokovic e Barty: “Il tennis è un gioco! La salute viene sempre prima di tutto! Come potete mettere a questo rischio la salute di giocatori/arbitri/raccattapalle a soffrire in queste condizioni! Giocatori che si ritirano e raccattapalle che cadono a terra per problemi respiratori… Sono senza parole”.
Eugenie Bouchard e Jay Clarke sono gli ultimi, in ordine di tempo, ad aver detto la loro sulla giornata di ieri. La canadese ieri ha faticato quasi 3 ore per battere Xiaodi You e si lamentava della circostanza in cui va bene che può essere difficile cancellare il torneo, ma questo non toglie che i giocatori devono avere ben altra considerazione. Clarke, numero 5 di Gran Bretagna, ha parlato alla stampa locale raccontando qualcosa che non potrà far piacere a Tiley e alla sua idea di spostare in casi di estrema necessità il torneo negli 8 campi al coperto del National Tennis Centre. Il britannico ha infatti comunicato che nella giornata di martedì era impossibile giocare lì dentro perché il fumo si era infiltrato nel condotto di ventilazione costantemente acceso e una volta che era entrato nel complesso sportivo era impossibile da togliere. Dustin Brown, invece, durante la sua partita di qualificazioni ha vissuto una giornata piuttosto complicata facendosi misurare la pressione e muovendosi molto male. Alla fine si è lamentato anche lui: “Non ce la facevo a respirare bene. Quando inalavo l’aria sentivo come se stessi inghiottendo della polvere. Era terribile”.
E i guai sono in qualche modo continuati anche oggi, mercoledì, in una giornata che potrebbe comunque segnare un punto di svolta nel torneo. Come previsto, infatti, è arrivato l’importante cambiamento atmosferico. Questa mattina i valori dell’inquinamento dell’aria erano ancora piuttosto alti, cosa che ha portato l’Australian Open a cancellare ogni allenamento e partita fino ad almeno le 13, ma dalle 11 circa è cominciato a salire in maniera abbastanza importante il vento. Un vento caldo, molto caldo, che ha fatto salire le particelle di fumo e sporco trascinandole via. Tra l’una e le tre la situazione è passata da “molto malsana” a “moderata, ma già al momento del nostro arrivo a Melbourne Park, verso le 2, la situazione era molto diversa rispetto a ieri e la visibilità era già notevolmente migliorata. A quel punto, semmai, il problema nasceva dalla concentrazione delle 3 cose e a tratti la sensazione era di stare in un forno.
Nel pomeriggio a Melbourne è arrivata la tanto attesa pioggia. Alle 17 ora locale c’erano ancora 37 gradi ma dei nuvoloni nerissimi coprivano, ormai, la Rod Laver Arena. Pochi minuti più tardi e si è scatenato un temporale enorme e l’acqua che veniva giù a secchiate. La temperatura è scesa di una ventina di gradi, la qualità dell’aria è a livelli ora sopportabili e nei prossimi giorni non sono previsti, al momento, nuovi sviluppi drastici se non temperature molto basse (giovedì la massima è di 18 gradi) e possibili nuovi acquazzoni nel fine settimana. Melbourne torna a respirare, gli organizzatori del torneo invece devono ancora riprendersi.
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