L’Italia fa i conti con i déjà vu più beffardi. Sembrano le comiche: “Vai in campo tu, che tanto sei fuori”, seconda edizione, aggiornata e solo parzialmente riscritta. Era successo alla Davis di Madrid a novembre, è accaduto da capo all’ATP Cup di Perth, Brisbane e Sydney, ancora in corso di svolgimento. Identici i protagonisti.
Gli azzurri e gli statunitensi, quelli che vanno in campo, i belgi, quelli che hanno già risolto la questione, anche per noi, e i canadesi, quelli che alla fine la spuntano. A Madrid finì con i belgi che resero inutili in corso d’opera i nostri affanni per qualificarci ai quarti, mentre italiani e statunitensi, ignari, fecero a sportellate in doppio fino alle tre della notte. In Australia, quanto meno, ci hanno avvisato, sempre i belgi ovviamente… Tranquilli, non potete più raggiungerci, manco se battete gli Stati Uniti tre a zero.
E dopo i belgi, i canadesi. Anche loro, come a Madrid. Dove alla fine i canadesi passarono, e i belgi invece furono rispediti a casa. Cosa che potrebbe succedere oggi, con il conforto degli ultimi tre risultati del Round Robin. A ribadire che qualche ragione ce l’hanno, quelli che sostengono di fare della Davis e della ATP Cup una sola Coppa. Tanto, sono uguali…
Peccato, ma neanche tanto per il mancato approdo dell’Italia ai quarti, prevedibile, data la situazione e il negativo saldo fra match vinti e persi (6/3 per il Belgio, 5/4 per Canada e Italia, ma con i canadesi al 60% nei set vinti, e gli azzurri al 55%), quanto per la patina di inutilità che si è posata come una gualdrappa sul bel match dei nostri contro gli americani, un tre a zero tondo e ben confezionato che avrebbe meritato il conforto mediatico destinato alle imprese più belle.
Tre match di grande intensità, tutti vinti con mano ferma, che offrono di Travaglia e Fognini una bella immagine di orgogliosa combattività e del doppio Fognini-Bolelli la sensazione che se fossero ancora disponibili a sfacchinare negli Slam (almeno in quelli…) potrebbero ottenere nuove e considerevoli soddisfazioni da affiancare a quel titolo degli Australian Open 2015 che resta il primo e unico vinto in doppio da una coppia italiana in Era Open.
Un quadro d’assieme che suggerisce buone prospettive in vista dello Slam di Melbourne, al via fra due settimane (il 20). Fognini che batte per la prima volta Isner non è certo sembrato un caso. Ha tenuto bene il campo, ha saputo rispondere per le rime ai game di battuta del due metri e otto, è stato implacabile nei passanti e quasi sempre ispirato nel muovere gli schemi del gioco. Una bella prova, contro un avversario che forse non è al massimo della forma, ma ha un gioco talmente incernierato sul proprio servizio, da rappresentare un pericolo anche nelle sue peggiori esibizioni.
Non a caso, nella giornata che ha visto Fognini superarlo di dieci punti nel totale (72 a 62) e sfilargli un break sui quattro avuti a disposizione (una sola palla break per l’americano, ma dispersa nel nulla), Isner ha risposto con 15 ace e una tenuta del servizio intorno al 70 per cento. A fare la differenza è stata la risposta, dove Fabio ha dato il meglio di sé e John il peggio: un solo punto ottenuto sul primo servizio di Fognini (1 su 43, il 2%) è davvero una brutta macchia sulla sua partita.
Ed è piaciuto moltissimo anche Stefano Travaglia, sceso in campo per primo e senza troppe remore contro Taylor Fritz che lo precede di 50 posizioni in classifica (31/82). Steto ha retto benissimo gli scambi, spesso ha preso il sopravvento, si è portato sul 5-3 già nel primo set, prima di essere costretto da Fritz al tie break, che poi ha dominato dal 2 pari in poi (7-3). E nella seconda frazione, se possibile, ha spinto ancora di più, costringendo l’americano ad annullare quattro palle break (una sola invece da parte dell’azzurro), poi a subire una dura lezione nel nuovo tie break, chiuso da Travaglia sul 7-1.
Se non altro, a fare la differenza in questa ATP Cup, rispetto alla Davis, sono i punti e i soldi. Soprattutto la pecunia può rendere più facile la stagione di giocatori meno in vista, come lo stesso Travaglia. Per questo i match giocati, alla fine, vanno presi sul serio. Sposteranno qualche posizione nel ranking, vedremo lunedì come e quanti (il regolamento non aiuta, anche in questo caso).
Resta, per gli azzurri, il problema di che cosa fare nei prossimi quindici giorni. Il dubbio è tra il tentare la strada di qualche challenger dell’ultimo momento, o il prendersela comoda e riprendere la preparazione in vista dello Slam. Ci faranno sapere.
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