Undici anni fa.
Un Centre Court ancora sprovvisto di tetto, sul quale iniziava a calare l’oscurità.
Un cardigan bianco e oro, a celebrare la memoria di un tennis ormai sopito, quello dei gesti delicati e dai ritmi blandi.
Un tennis che Roger Federer rappresenta in parte, il resto è fatto di un footwork sempre eccellente, di una velocità di braccio impareggiabile, di traiettorie velenose.
La loro non è quasi mai stata una sfida banale grazie al notevole contrasto di stili in campo, sia stilisticamente che come personalità.
Undici anni fa già si pensava a quel tramonto sul Centre Court come ad una metafora di quell’epoca, l’epoca degli ultimi confronti tra la classe sopraffina e quella bruta, tra la facilità di giocare e la capacità di non arrendersi mai. Probabilmente neanche loro avrebbero mai immaginato di ritrovarsi faccia a faccia per la quarantesima volta in un venerdì di Luglio del 2019, anno in cui Roger ne compie 38 e Rafa 33. Il maiorchino, a suo dire, pensava a se stesso già a pesca nella sua Maiorca, a giocare a golf per passare le giornate più attivamente tra una gita in barca e l’altra. Federer aveva fissato allora come obiettivo il 2012 e le Olimpiadi di Londra: probabilmente arriverà a quelle del 2020 a Tokyo, il prossimo anno.
A Wimbledon, undici anni dopo, diverse cose sono cambiate: c’è il tetto nei due campi principali, iniziano a vendere qualche biglietto on-line (ma deve andarti bene e solo a una certa ora e solo in UK), molti spazi sono rinnovati e presto rifaranno completamente anche la sala stampa (nella quale sappiatelo, si gela); tuttavia sia Nadal che Federer sono ancora nella top 3 e vincono ancora Slam, così come il fascino dell’All England Club non accenna a tramontare.
L’immortalità si conquista sul campo: Federer ambisce alla sua trentunesima finale dello Slam, la dodicesima qui a Wimbledon; Rafa spera nella ventisettesima (sesta qui).
Chiunque di loro vincerà ha quasi la certezza di dover poi, eventualmente affrontare Novak Djokovic come premio all’impresa.
Parte forse leggermente favorito Nadal, che è parso in condizioni migliori qui a Wimbledon, anche se si era detta la stessa cosa durante gli Australian Open di quest’anno, quando poi venne regolato da Novak in finale. A sfavorire Federer è una superficie (ma forse sarebbe meglio di parlare più in generale di condizioni, visto che sono più le palle a decidere la velocità del gioco) lenta, nella quale non ha piovuto e pare non pioverà.
La partita tattica è sempre la stessa, nessuno dei due sarà sorpreso dall’altro: Roger necessita di un servizio solido con un’alta percentuale di prime di servizio, rispondere bene come in quella strabiliante partita degli Australian Open due anni fa e, soprattutto, sfruttare le chance che arriveranno. Per Nadal è fondamentale non dare punti facili al suo avversario e spostarlo molto, rendendo difficile per lui la possibilità di stare vicino al campo e aggredire.
Undici anni fa due passanti e un tiebreak incredibile illuminarono un nuvoloso pomeriggio londinese, quando i due immortali avevano capelli ed energie in più: ora giocano entrambi in modo diverso, adattandosi alle esigenze di anni che passano e nuovi avversari (più deboli) che arrivano. Le incognite in questo match sono diverse, potrebbe diventare una maratona come finire in fretta, a seconda della giornata dell’uno o dell’altro.
In ogni caso è ancora una delle sfide più affascinanti che il tennis al momento possa offrire.
Purtroppo (per il tennis che verrà).
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