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E anche quest’anno il Nadal Garros è passato. La WTA? Come il finale di Game of Thrones

Cari amici vicini e lontani rieccoci a rimettere insieme i pezzi dell’ennesima stagione sul rosso. Anche il Nadal Garros è passato e come ogni anno la questione è la stessa: nel 2037 vincerà ancora Rafone? La risposta è probabilmente sì, se solo si deciderà ancora a scendere in campo.

Ma andiamo con ordine e vediamo come sono andate le cose stavolta e come siamo giunti a questa sentenza inesorabile.

Intanto ammiriamo con piacere che il caos nel regno femminile domina ancora sovrano. Sarà finito Game of Thrones ma l’assenza di un filo logico conduttore nel circuito delle donzelle fa ancora sì che ogni pronostico se ne vada ogni volta gentilmente a remengo. E così a Parigi la finale arrivano a giocarsela due teenager che fino a quel momento la terra rossa l’avevano vista quasi solamente al cinema quando è uscito “The Martian”, dopo che i tornei precedenti ci avevano consegnato almeno una dozzina di teorie differenti di chi avrebbe potuto arrivare ad alzare il trofeo dell’Open di Francia. Vediamo se rendiamo l’idea e caliamoci nel povero scommettitore WTA:

“Ah la Kvitova è tornata…Aspetta, ma ha perso ai quarti a Madrid, deve essere un incidente… Urca! Si è rirotta a Roma… Allora fammi vedere… Certo la Halep ha vinto l’anno scorso e è pur sempre top3… Eppure anche lei non ne vince più uno di torneo… Osaka, vediamo… Beh, lei è la numero 1… Ma aspetta anche lei però ha contratto la Nishikorite! Ritiri ogni due tornei!…mmm… Bertens! Sì, via! Ha vinto a Madrid e ha fatto semifinale a Roma… No, un attimo, Pliskova è finalmente tornata in forma! Ha vinto a Roma… E poi c’è la Azarenka che sta tornando… Sì sì sta proprio tornando! Certo, non ha vinto manco a Recanati ma è ancora lei… Fermi tutti! A Roma è rientrata Serenona… Certo le ha prese nei dentini dalla Konta ma che vuoi, era il primo torneo dopo l’infortunio… Sì sì! Decisamente Serenona, lei non delude mai!”

Robe da ricovero insomma. Manco Barbiani lo si sarebbe salvato…

Morale della favola: a Parigi abbiamo assistito a un’ecatombe di top10 inenarrabile nella prima settimana. Osaka sopravvive alla battaglia con la Azarenka al secondo turno e poi esce con nonchalance al match successivo con la sua solita espressione da Pirlo appena svegliato; stessa sorte per Pliskova e per Serena, che come al solito ormai quando perde deve far sceneggiate di ogni sorta, mettendo di fatto alla porta Thiem in conferenza stampa perché a lei giravano le scatole; Kerber, peggio che andar di notte; definire un salvataggio quello della Halep che arriva a malapena ai quarti è ragionare col prosciutto sugli occhi.

Insomma dalla seconda settimana in poi è venuto fuori il torneo random per eccellenza, dove Ashleigh Barty ha preso la preferenziale lasciata libera dalla Osaka e da “Bizzerena” per trovarsi poi in finale la Vondrousova (che prima di Parigi vantava a malapena una vittoria a Bienne e una finale a Istanbul quest’anno), un’altra che si è trovata davanti l’autostrada abbandonata da Pliskova e Kerber. A spuntarla è stata l’australiana, con l’estrosa ceca che in finale, viste anche le ventose condizioni climatiche, non ha capito nemmeno da che parte tenere la racchetta purtroppo.

E i maschi? Ah, quelli fedeli come la pubblicità della Coca-Cola a Natale! Figuriamoci se cambia qualcosa… Ci si spera da dieci anni sulle nuove generazioni, che intanto stanno diventando tre. Eppure alla fine i nomi sono sempre gli stessi. Potremmo stare a parlare tre ore del primo successo italiano in un 1000 a Montecarlo di un Fognini che per strada usa un Nadal per spazzare il campo del principato. Peccato che quasi tutti da almeno una decade si chiedano se Monaco valga proprio un Master 1000. Non ce ne voglia Fabio; risultato di grandissimo prestigio, ma dopo? Alla fine a Montecarlo Nole, Thiem, Rafa, si sono giusto allenati e in finale ci è finito Lajovic… Già a Barcellona avevamo capito che musica avrebbe tirato. Così a Madrid e Roma i soliti Djokovic e Nadal si riprendevano quello che sembrava spettare loro quasi di diritto, mentre dopo quattro anni si rivedeva sulla terra Federer, che dopo aver sprecato due match point con Thiem per arrivare in semifinale a Madrid, a Roma si ritirava nei quarti per salvaguardarsi per Parigi (mica scemo! E alla fine può solo essere contento della sua stagione sul rosso). Già, Roma… Torneo che, quasi in previsione di un Roland Garros dove l’organizzazione avrebbe finito per fare perfino peggio, vedeva la pioggia stravolgere tutto, con i responsabili in preda a un panico da aereo più pazzo del mondo che finivano per fare scontenti tutti, in primis i giocatori. La finale qui se la giocavano un Nadal in forma già da Roland Garros, e il fratello distrutto di Nole, che nel terzo set della finale veniva asfaltato dal maiorchino.

Ma al contrario del gentil sesso Parigi era sempre Parigi, e in semifinale arrivavano tutti i cavalli di razza, per la felicità di Forget & Co.. Thiem e Nole al massimo, Rafa nella sua terra di conquista, Roger finalmente sul rosso, finalmente in forma e, ebbene sì, pure con due giorni di riposo sul groppone. Situazione perfetta per un finale degno di Hollywood, diranno i nostri piccoli lettori.

Ebbene, no. Proprio no. Tutt’altro. Pessimismo e fastidio. Prima di tutto il venerdì in questione un vento da monsone asiatico tipo “velocità smodata” decideva di piallare lo Chatrier, rendendo la semifinale “Fedal” che tutti volevano una passerella, tra un vortice e l’altro, per lo spin di Rafa; il tutto mentre Federer se la prendeva con Eolo Dio del vento, Pisolo, Nannolo e gli altri nani e tutti gli dèi vecchi e nuovi un punto sì e l’altro pure. L’altra semifinale poi dimostrava come l’organizzazione riusciva nell’intento di fare la castroneria del decennio mettendo il match dopo la prima semifinale invece che in contemporanea su un altro campo, pur sapendo del rischio di (puntualissima e fantozziana) pioggia. Risultato? Nole e Thiem a distruggersi il sabato (dopo aver già giocato giovedì e venerdì) e l’austriaco che in finale dopo il secondo set vedeva la Madonna senza bisogno dei funghetti allucinogeni.

Il biglietto la domenica valeva l’ennesimo capitolo della saga nadaliana sul rosso, a conferma di numeri paurosi e probabilmente irripetibili nella storia di questo sport. Diciamocelo pure, al di là della sensazione (più che fondata) che il vento e la pioggia ci abbiano privato forse del più intrigante scontro con Federer sul rosso da dieci anni in qua e di una finale che sarebbe potuta essere molto più combattuta di quel che poi è stato, resta e resterà sempre l’idea perenne che a Parigi Nadal possa perdere solo da Nadal. Per usare una storica citazione, il Roland Garros è quel torneo dove due giocano con una racchetta in mano, e dove alla fine vince Rafa.

Davide Bencini

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