Due sbuffi di capelli rossi sotto il cappellino e due gambe da uccello di peschiera, in mezzo la semola che dà corpo alle espressioni ancora incredule di un volto giovanissimo. Jannik Sinner si presenta così, già pronto per quelle caricature che disegnano a Piazza Navona. Non le conosce? Poco male. Non conosce nemmeno Roma, dove è giunto per la seconda volta, un anno fa per capire, studiare, quest’anno per diventare protagonista. Diciassette anni, diciotto il 16 di agosto, il mese dei molto forti, a cominciare da Federer.
In tabellone non per grazia ricevuta, ma per esserselo guadagnato vincendo, e ora in secondo turno per avere battuto Steve Johnson, uno dei primi sessanta del mondo. Si può accogliere l’impresa con toni più o meno pacati, certo è che il nostro tennis non è avvezzo ai ragazzini che hanno fretta, e non v’è dubbio che quelli come Sinner finiscano per stralunare anche noi. Uno che a inizio anno non c’era e d’improvviso si mette a scalare vette inaudite. Vince un challenger a Bergamo tra quelli meglio frequentati, vince ancora un Future, trova punti utili alla classifica un po’ ovunque, entra fra i primi trecento e con l’impresa romana ne aggiunge a sufficienza per staccare un biglietto nelle qualifiche dei prossimi Slam. Abbiamo trovato il campione? Calma. Intanto ringraziamo: grazie Millennials… E fermiamoci qui. Ci sembra più appropriato.
Però il match ha incantato, perché Jannik l’ha giocato in contropiede, oscurato in avvio da quel groppo che s’infila fra i pensieri, non soltanto nella gola. Un match per imparare come si sta fra i grandi, ed ecco la prima matassa da sbrogliare, strapparsi di dosso la tensione. Sinner l’ha fatto con un taglio netto, fra un cambio di campo e uno di maglietta. È uscito, è tornato, era un altro… E si è messo a giocare come sa, con l’improntitudine di chi non ha niente da perdere e i colpi che, con qualche chilo in più sulle ossa che ancora gli spuntano fra le efelidi, diventeranno la base del suo tennis futuro. Ha recuperato un set, e nel terzo è risalito da 5-2 annullando un match point. Anzi, da quel colpo che poteva chiudere la partita, gestito con grande coraggio, non ha sbagliato più niente.
Ha un rovescio che incanta per le direzioni che assume, un diritto pesante quando riesce a salirci sopra con tutto il peso, i tocchi rilassati che si trasformano in drop shot vincenti. Il segreto? Un ragazzo nato per lo sport che ha nelle gambe lunghe e ossute la velocità che serve a posizionarsi sui colpi sempre nel modo migliore. Guardatelo come arriva disinvolto sui colpi più lontani, a volte dando l’impressione di trotterellare. Significa che sa uscire dal colpo precedente con fulminea prontezza e ha nei primi tre passi una velocità non comune.
Doti che Sartori, mentore del friulano più noto del nostro tennis, Andreas Seppi, ha colto e annotato sul suo quaderno. Una telefonata a Piatti ha fatto il resto. Curiose le direttrici dei nostri tennisti… quelli di mare, come Cecchinato, vanno in Friuli per imparare a soffrire, quelli di montagna vanno verso il mare, dove lo sguardo vola lontano e chissà, s’impara a scorgere il traguardo dove la vista non sempre arriva. «L’ho conosciuto in modo strano, a Ortisei», racconta Sartori, «cercava uno con cui palleggiare, e vabbè, dissi, fallo con me. Ne uscii distrutto, e subito chiamai Piatti. Lo convinsi a lasciare casa e monti in pochi minuti. È un ragazzo che impara in fretta, che ha un concetto alto della fatica e del lavoro. Sta a noi dargli le motivazioni, ma al momento davvero non gli mancano. Sa di essere in crescita, ci tiene».
«Non volevo perdere male», dice Sinner. «Ho reagito, e quando sono entrato in partita mi sono trovato bene». Vinto il primo, Johnson forse non gli ha dato la considerazione che il ragazzo meritava, e se è così, peggio per lui. «Alla fine però è stato gentile, mi ha fatto i complimenti, non dev’essere facile perdere da un ragazzino ai primi passi». Può darsi, ma Sinner ha un tennis che Johnson alla sua età non sapeva nemmeno come procurarselo. «Ora Tsitsipas, bel match. Grande soddisfazione poterlo giocare». Dovrà aspettare, forse fino a mercoledì. Magari potrà visitare Roma. Una caricatura dieci euro. Dopo un’impresa così, è un ricordo che vale.
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