È dura ricordare un momento così delicato per Sara Errani. Pur cercando di rimanere obiettivi e imparziali, è difficile non rimanere colpiti dalla quantità oltre ogni limite di attacchi e offese che sono arrivati soltanto nell’ultima settimana. Lei, che sta cercando in qualche modo di rientrare in posizioni di classifica più nobili della misera 207 del mondo, ha vissuto negli ultimi 3 anni vari problemi tra infortuni, cambi di team, squalifiche. E nella stessa vicenda doping i problemi sono stati enormi e continui, frutto di una burocrazia e di una procedura processuale che, non solo a livello sportivo o penale, non ha grande interesse nelle vicende personali dell’individuo ma segue i suoi parametri freddi, duri, alle volte completamente fuori dal mondo. I due mesi di stop, poi diventati 10, sono stati intervallati da 7 rinvii.
Sara si è isolata, prima del rientro in Svizzera per la Fed Cup in febbraio, e non si è mai saputo granché delle sue condizioni, di come è andato il rientro, di come stia vivendo lei stessa questo tentativo di ricostruirsi dalle macerie di qualcosa che è crollato rispetto ai fasti di ormai 5 anni fa. Nessuno le sta chiedendo di essere top-10, top-20, o top-30, ed è giusto così in fondo: l’atleta fino a prova contraria ha massimo diritto di gestirsi e decidere autonomamente il proprio destino. In questo momento di grande crisi, però, di tutto il sistema tennis femminile italiano Sara sembra essere diventata un parafulmine perfetto, soprattutto dopo che ha trascorso l’ultima settimana sportiva a Bogotá, dove dopo aver perso completamente la fiducia e la sensibilità nel servizio ha deciso che l’unica soluzione era probabilmente la più dura, per un tennista di ogni livello: la battuta da sotto.
Le reazioni generate da tanti, tantissimi, che seguono il tennis sono state delle più dure perché, per riassumere il concetto: non è concepibile che un atleta professionista, maschio o femmina, si trovi costretto a servire come il giocatore della domenica al circolo più vicino a casa. Fermarsi qui però è troppo facile, il vero punto da capire è perché Sara sia dovuta arrivare a questo. Non ha mai avuto una vera forza in quel colpo, ma le percentuali anche tra 2015 e 2016 non erano mai state così negative. Stagioni dove concludeva con un 80% di prime palle in campo, almeno, risultando probabilmente la migliore di tutto il circuito femminile. Poi certo, il concetto di “migliore” va filtrato sull’efficacia non sempre in grado di garantire punti facili, ma era un colpo che le permetteva di far partire il gioco senza problemi. Adesso questo non le riesce più, e non è neppure inusuale vederla servire da sotto: la ricordiamo in una brutta giornata al servizio anche contro Yafan Wang, nel secondo turno di qualificazioni dell’Australian Open 2018, dove però ci furono vari fattori a contribuire, tra cui il vento forte e il suo lancio di palla, non sempre ottimale. Il problema è passare in così poco tempo da un paio di servizi da sotto a non riuscire più a giocare il colpo da sopra la spalla.
Non serve a granché dire cose come: “è finita”, “indegna”, “vergognati e ritirati che fai più bella figura”. Pur senza volerne prendere le difese, visto che non siamo qui per quello, è piuttosto evidente come anche lei non stia vivendo bene la situazione, ma è sorprendente come voglia provare a uscirne, mettendo in campo lo stesso impegno come se nulla fosse, come se questo grave handicap sportivo di fatto non esistesse. Chiunque di noi probabilmente si vergognerebbe da matti perché non in grado di poter anche solo far partire il gioco nella maniera più congeniale, ed esponendosi in maniera così elevata a figuracce, soprattutto in un’epoca dove ogni cosa che si fa o si dice viene scrutata e malamente filtrata dall’approssimazione (e di cui gli stessi organi di comunicazione sono in diversi casi i principali responsabili). Lei però è costretta a fare così per provare almeno a giocarsi il punto, e quando riesce a farlo partire è una buona Errani, il che rende ancora il tutto più surreale.
Vederla muoversi per il campo sembra tutto abbastanza a posto, magari meno esplosività fisica rispetto a qualche anno fa tra ruggine e primavere che quest anno saranno 32, ma è oggettivamente encomiabile vedere come riesca a mettere da parte una situazione onestamente brutta da vedere, e figuriamoci da vivere in prima persona. Probabilmente contro Irina Bara, nel primo turno, è stato il giorno peggiore perché si vedevano servizi che lasciavano molte perplessità: il doppio fallo sul set point ha visto una prima rimbalzare nei pressi della linea del servizio nel suo lato di campo, la seconda è volata oltre la linea di fondo. È evidente, per quanto giornalisticamente la parola non sia corretta, che ci sia qualcosa a livello mentale. Un blocco, forse un’ansia da parte sua verso una soluzione che è sempre stata la più debole del suo gioco e verso cui ha spesso cambiato il movimento per cercare di avere sensazioni migliori, non tanto per dare 30-40 chilometri orari in più. Sono anni che le viene chiesto di migliorare quel servizio, ma il problema è che come per Novak Djokovic con gli smash, anche a lei i colpi da sopra la spalla sono sempre stati un problema e questo si riflette ora in maniera enorme. E dovrebbe ritirarsi? Perché? Potrebbe forse smettere di giocare se fosse l’appassionato della domenica che perde la voglia, non si diverte più, fa fatica a trovare le ragioni per riprendere in mano la racchetta. Sara ha mille ragioni e motivazioni per provarci, anche solo per provare a cancellare la macchia di un errore che l’ha segnata in maniera indelebile. Questo è il suo lavoro, banalmente, mentre per tutti noi la partita al circolo è uno svago.
L’unica cosa che si può dire, e senza neanche voler offendere la persona, è che purtroppo le partite che ne escono sono brutte. Poco da fare, ma per diverse ragioni. Oltre a quelle che abbiamo elencato, per Sara, ci sono poi le avversarie. A Bogotá era riuscita ad arrivare ai quarti di finale pur giocando senza il colpo di inizio gioco. Bogotá però è uno dei tornei col parco giocatrici più povero dell’intera stagione e dopo i forfait di inizio settimana (Errani fu la quinta lucky loser, quindi molto lucky da questo punto di vista) la situazione era ulteriormente peggiorata. L’azzurra, dunque, ha affrontato tra primo turno e quarti di finale giocatrici che avevano zero esperienza a buoni livelli dove il best ranking più alto era il 138 di Astra Shama, colei che poi è riuscita a fermarla. Bara, ventiquattrenne rumena appena dentro le prime 200, faceva il suo gioco: poca spinta, cercando più il colpo carico di spin ma con la differenza che dall’altra parte della rete c’era una maestra in questo e malgrado tutte le difficoltà ne è venuta fuori, incartando l’avversaria che raramente ha trovato vantaggio dal rispondere a un servizio da sotto; ancora peggio, probabilmente, Bibianne Schoofs, anche lei con un livello quantomeno di esperienza non paragonabile a Sara ed entrata in un vortice molto negativo nel momento in cui sbagliava risposte a servizi da sotto. E non è un fattore da sottovalutare: se chi serve da sotto è in chiara difficoltà, come può sentirsi una giocatrice che deve rispondere a un servizio completamente diverso? Diamo probabilmente per scontato troppe cose in uno sport che invece si basa tantissimo sulla ripetitività, abitudini, ritmo, e sensazioni. Schoofs era la veterana delle tre tenniste affrontate, con più di 30 anni, e lei probabilmente per 20 anni ha giocato a tennis in una sola maniera: palla dopo palla, punto dopo punto, ora dopo ora. La stessa routine che ha fatto dire ad Andre Agassi nella sua biografia di aver odiato il tennis. La stessa routine che ha uno dei più forti giocatori di tutti i tempi, Rafael Nadal, che è uscito infuriato dalla sfida persa contro Nick Kyrgios ad Acapulco e ha preso il pretesto del servizio da sotto, subito, per definirlo una mancanza di rispetto.
È andato in tilt Nadal, una persona che ha nella forza mentale una roccia straordinaria, come può una 200 del mondo non provare fastidio per un’ora in cui tutte le abitudini che aveva riguardo al tennis sono state stravolte? È questo che succede: la confusione e le difficoltà nel ritrovare la concentrazione. Ne sbaglia una, ne sbaglia due, errori magari vistosi con palle finite fuori di un metro o più, e il nervosismo di non riuscire a correggere una dinamica che per loro stesse è tutt’altro che piacevole. Schoofs e Bara hanno pagato duramente tutto ciò, mentre Sharma è riuscita a far durare questo momento soltanto 10-15 minuti prima di ritrovare efficacia. Però anche in quel caso: Errani era indietro 1-6 1-2 e servizio per la sua avversaria, aveva messo in campo solo 6 servizi da sopra su una ventina giocati, completerà un secondo parziale dove avrà servito da sopra solo il secondo punto del primo game prima di abbandonare l’idea perché le percentuali erano bassissime e bisognava cercare un rimedio. Era una partita persa, quasi finita. Nella logica lei avrebbe dovuto consegnarsi, e invece era lì a farsi sentire, a caricarsi. Non molla, per quanto tutto le stia girando contro come mai prima d’ora. E forse questa è la sua chance, perché finché riuscirà a creare problemi e far sentire male le sue avversarie in campo, paradossalmente avrebbe tra le mani la chiave di volta per continuare a dannarsi l’anima verso il rientro in top-100 comunque tutt’altro che scontato anche se da inizio giugno non avrà più punti da difendere almeno fino a febbraio del 2020.
Adesso ci sarà la Fed Cup e lei, naturalmente, non poteva non figurare nell’elenco delle convocate. Anche lì ci sono state discussioni, ma Tathiana Garbin non poteva fare altrimenti. La squadra non c’è, con due punte che in questo momento stanno vivendo momenti tutt’altro che felici: Sara per questi doppi falli in maniera spropositata, Camila Giorgi perché da febbraio ha giocato solo 4 partite, tutte perse, dando forfait ad altrettanti tornei per noie al polso. Però non possono non essere chiamate, perché probabilmente partiremo sulla carta sfavoriti in quasi tutti i singolari contro la Russia, a livello di classifica, ma per provare a salvarci servono le migliori e per quanto Errani sia in difficoltà ha anche solo un bagaglio di esperienza in questa competizione e ad alti livelli che nessuna delle altre può garantire. Oltretutto, le padrone di casa hanno scelto la terra battuta (indoor): probabilmente vogliono aiutare Daria Kasatkina, che sta vivendo un 2019 a sua volta molto negativo ma che su questo terreno ha le chance migliori e forse, dovendo optare per l’indoor, evitare il cemento potrebbe dare abbastanza fastidio a Camila. Non si sa se, lontana dall’altura di Bogotá, Errani continuerà a fare solo servizi da sotto. Certo sarebbe un rischio, anche se dall’altra parte dovranno anzitutto essere pronte a questa variazione e in caso gestirla nel migliore dei modi. Professioniste e tutt’ora nei pressi della top-30, il biglietto da visita non è male sia di Kasatkina che di Anastasia Pavlyuchenkova, ma non si ricordano precedenti dell’era moderna in cui qualcuno o qualcuna, per necessità, ha dovuto ribaltare così le regole di inizio gioco.
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