[1] N. Osaka b. K. Mladenovic 6-3 6-4
Dubai è alle spalle, Dubai è il passato. È cominciato ufficialmente il cammino di Naomi Osaka da numero 1 del mondo della WTA. Un po’ più libera da pressioni, un po’ più sicura di sé, con qualche volto nuovo nel suo box. La giapponese ha inaugurato a Indian Wells il primo torneo della carriera da campionessa in carica con un discreto 6-3 6-4 ai danni di Kristina Mladenovic, la stessa che proprio nell’emirato, due settimane fa, le aveva dato un battesimo di fuoco nella prima da regina.
Stavolta non ci sono stati fronzoli, nessun patema o crisi di nervi. Dubai è stata, a posteriori, la tappa ideale per rompere il ghiaccio in vista di questo torneo, il più importante della prima parte della sua stagione. Dodici mesi fa, come ricordava in conferenza stampa, qui è partita la sua grande cavalcata verso la vetta del ranking. Oggi la posta in gioco era altissima. Dubai è servito per fare anche solo una partita, per capire e testare sulla propria pelle cosa volesse dire essere improvvisamente investita di ancor più pressioni di quante non ne potesse già avere in almeno una delle finali Slam giocate. L’ultimo anno di Osaka è stato da vertigini, uno scossone di assestamento era più che mai preventivabile. E chissà quanti ancora ne potranno arrivare. Dubai, dunque, prima di volare qui nel deserto californiano e cominciare la sua avventura col destino che l’ha abbinata di nuovo contro alla francese, con una grande opportunità di dimostrare a tutti che quello fu davvero un capitolo a parte.
Non è ancora una Osaka perfetta, anzi. Non è la giapponese vista nelle fasi finali a New York o quella tenace dell’Australian Open, ma è una giocatrice che oggi ha dimostrato di poter costruire qualcosa. Nel 6-3 6-4 conclusivo c’è stata anche la sensazione di una consapevolezza di un grande margine. Oggi non si scherzava più, e ha giocato la sua partita impostando un ragionamento che le desse modo di provare alcune soluzioni che potrebbero tornarle utili più avanti, come una traiettoria esterna a uscire al servizio, in slice, che incontrava spesso il pericoloso dritto avversario ma alla lunga ha sofferto in pochi game al servizio, provando a gestire la potenza francese con un mulinello nelle gambe per creare spazio e provare soluzioni in lungolinea. Non è stata una tattica che ha funzionato nel più delle volte, ma metteva in mostra una sicurezza maggiore da parte di Naomi che due settimane fa non c’era proprio stata.
Ha allungato sul 3-2, sfruttando le tantissime seconde di Mladenovic che ha finito col commettere 3 doppi falli solo in quel game, ha confermato per il 5-2 mettendo una prima ipoteca sul parziale. Il dritto in diagonale faceva male, il servizio funzionava, e provava anche discese a rete. C’erano diversi errori in risposta, un po’ più frequenti quelle sulle seconde, ma andava considerata anche una posizione coi piedi molto avanzata, di circa un metro, per essere ancora più offensiva ed efficace. A volte riusciva, altre meno. Esperimenti, elementi che possono fare solo coloro che sentono di avere il margine per gestire l’andamento del punteggio. Malgrado questa sicurezza, ci sono stati anche i momenti di tensione. Più una questione di desiderio, o ansia, nell’arrivare alla fine, visto quanto valesse oggi per lei sbloccarsi. Così sia al servizio per il primo set che poi nelle due occasioni in cui ha servito per il secondo ha avuto il suo da fare. Prima ha chiuso il parziale solo al quarto set point, annullando due chance di 4-5, poi ha perso la battuta sul 5-2 nel secondo per offrire poi una chance di 5-5 salvandosi con il servizio.
Era importante portarla a casa, e farlo con un 6-3 6-4 è un piccolo importante passo per cominciare un percorso non semplice. Al prossimo turno, quella Danielle Collins che è tornata in campo dopo la semifinale all’Australian Open e ha esordito con un ottimo 6-4 6-1 ai danni di Kirsten Flipkens. Non sarà facile, anche perché rispetto a oggi potrebbe non esserci più spazio per quei margini e quegli esperimenti per cominciare a entrare nel torneo.
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