Djokovic b. K.Anderson 6-2 6-2
Due sorprese in un giorno, forse, sarebbero state troppe… nell’immaginare un Anderson vincente contro questo Djokovic, poi, probabilmente si entrerebbe direttamente nella mera utopia, o fantatennis, se preferite. Il serbo lo stende in due nettissimi set e raggiunge l’ennesima finale alle Finals della sua carriera, nella quale troverà ad attenderlo il giovanissimo Sascha Zverev.
L’unica speranza del sudafricano, per provare a rimanere attaccato al match, era quella di servire alla perfezione, martellare come lui sa di solito. E invece no, la tensione, una giornata non propriamente idiliaca e la sola presenza di Nole dall’altra parte del campo non gli consentono di esprimersi al top nemmeno al servizio, che viene prontamente consegnato nel primo gioco. Naturalmente se offri un boccone così prelibato ad uno squalo come Djokovic, paghi amaramente le conseguenze e vedi scivolarti addosso un set da spettatore non pagante, senza avere chances in risposta, senza riuscire a creartele e venendo annullato negli scambi, tu, Anderson, che già di quelli non ne fai il tuo pane quotidiano. Il numero uno al mondo, cinicamente, bissa il break nel settimo game e chiude il parziale in poco più di mezz’ora.
Stesso trend alla ripresa: Nole spinge e risponde benissimo, mentre Anderson fatica a sciorinare aces, o prime vincenti che siano, si fa portare via la battuta, ancora e ancora e il tutto scivolerà inesorabilmente fino alla mesta conclusione. È stato chiaramente un massacro, sia tecnico che tattico (zero PB concesse, sette punti persi nei propri turni, 100% di questi portati a casa con la seconda), e, per quanto prevedibile, è indubbiamente uno spettacolo che lascia perplessi, se visto al Master, allo showdown dei “migliori 8”. Mettendola sul pratico, abbiamo assistito ad una partita che è lo specchio dell’attuale situazione ATP: dominio dei (pochi) soliti noti, ai danni di una generazione di mezzo non in grado di contrastarli e di giovani non ancora pronti. Ed è così che la manifestazione dei migliori si trasforma in quella dei meno peggio. La patata bollente per sovvertire quest’ordine monarchico tripartitico – serbo, svizzero, spagnolo – è, domani, nelle mani del Next Gen su cui vengono riposte le più rosee aspettative. Zverev si è garantito un biglietto da visita importante, chissà che non diventi un appuntamento con la storia.
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