[3] N. Osaka b. C. Giorgi 6-2 6-3
Naomi Osaka non si ferma, e quello che fa più impressione è che sta continuando a infliggere parziali netti a tutte le avversarie pur variando il modo in cui queste vittorie stanno arrivando. Non siamo di fronte a una giocatrice capace solo di colpire a tutta, ma sembra trovare veramente piacere quando affronta chi come Camila Giorgi imposta una partita molto aggressiva perché respinge quella potenza con un gioco più di contenimento e intelligenza facendo sua la partita sotto altre trame.
Decima vittoria consecutiva dall’inizio dello US Open, o come scherzava anche lei ieri su Twitter: “Da quando ho cominciato a giocare coi capelli legati dietro la testa”. Scherzava, ma sembra che stia nascendo qualcosa di importante. Prima di lei soltanto tre tenniste in attività avevano raggiunto la finale nel primo torneo dopo aver vinto un titolo Slam: Venus Williams, che riuscì nella straordinaria striscia di 28 vittorie consecutive (e 5 titoli) dopo aver sollevato il trofeo di Wimbledon nel 2000, Svetlana Kuznetsova, che vinse Bali e raggiunse la finale a Pechino dopo aver trionfato allo US Open nel 2004, e Victoria Azarenka, che mise insieme una striscia di 14 successi (coi titoli a Doha e Indian Wells) dopo il trionfo all’Australian Open 2012. La carriera di ognuna di loro è stata di grandissimo livello, e se per Kuznetsova magari non c’è stata la soddisfazione del numero 1 WTA può comunque vantare una costanza ad altissimi livelli che ha avuto pochi eguali.
Osaka è appena all’inizio della sua carriera, ma in questo momento sembra giocare come una veterana. Tempo fa aveva dichiarato che le piace giocare contro chi attacca a tutta, perché sente di avere le armi per disinnescare questa idea di gioco potendo difendersi e giocare palle molto più cariche di effetto o più ingannevoli, come accaduto per esempio nel quinto game del primo set di oggi. Sul 15-30, dopo aver fatto un miracolo nel punto precedente con un lob su uno schiaffo al volo dell’azzurra, ha cominciato il punto colpendo palle più corte, molto diverse da quelle che stava proponendo fin lì alla sua avversaria che al secondo tiro è andata fuori giri regalando poi il break che ha spezzato un equilibrio apparso comunque già piuttosto debole. Osaka riusciva a gestire molto bene la forza della sua avversaria, usando tanto top spin ma senza rallentare eccessivamente il ritmo per non perdere la chance di far male a sua volta e di non attendere soltanto che Camila andasse fuori giri.
Il problema, è che nel momento della prima spaccatura la differenza che c’è tra le due giocatrici si è fatta subito molto evidente. Osaka, pur senza aggredire a tutta forza aveva preso in mano la partita, colpiva col servizio e rispondeva piuttosto spesso ai colpi di inizio gioco di Giorgi che almeno nel primo set limitava i doppi falli ma non aveva le armi per contrastare una delle soluzioni forse più sottovalutate e più migliorate nel recente passato della giapponese che prendeva un nuovo break e concludeva il set nell’ottavo game.
La situazione era un po’ più incerta all’inizio del secondo, quando Giorgi ha forse trovato la miglior efficacia dei suoi colpi e Osaka non sembrava molto centrata. Di nuovo nel quinto game, però, il match ha preso definitivamente la strada della giapponese. Molte colpe sono dell’italiana, che dopo essere scivolata indietro 15-40 era riuscita a rientrare ma prima con un nuovo doppio fallo (il secondo del game) e poi con uno schiaffo al volo di dritto spedito abbondantemente lungo ha regalato il 3-2 e servizio all’avversaria. Da lì, Osaka è stata perfetta alla battuta mandando sempre più pressione dall’altro lato del campo e raccogliendo tutto ciò nel finale, quando ha trovato il quarto break della sua partita, ancora da 40-15.
Quarta finale in carriera, la terza in questo 2018 da favola, la seconda consecutiva dopo lo US Open che le da modo, da lunedì, di trovarsi avanti a Petra Kvitova nella Race, la classifica che tiene conto dei risultati ottenuti dal primo gennaio. Dovesse finire ora la stagione, Osaka sarebbe addirittura al numero 3 del mondo.
[4] Ka. Pliskova b. D. Vekic 6-2 3-6 6-4
Terza partita, terza battaglia e terza vittoria per Karolina Pliskova a Tokyo. La ceca ha colto la sua seconda finale del 2018 nel Premier giapponese dopo un cammino fatto di montagne russe, momenti di difficoltà, ma dove ha sempre trovato la maniera per essere lei a poter esultare per ultima.
Una settimana dura, che forse lascerà scorie se non domani nel prossimo appuntamento a Wuhan, ma per quanto Daria Gavrilova, Alison Riske e Donna Vekic possono non essere considerate avversarie di primissimo livello, in questo momento della carriera di Karolina possono essere avversarie che spingono la ceca a dover impegnarsi a fondo: l’australiana, per quanto uscita dalle prime 30, nell’ultimo anno ha spinto tante a doversi impegnare oltre due ore per batterla; la statunitense veniva dal successo pesantissimo (a livello di morale) contro Garbine Muguruza e la croata è ben altra giocatrice rispetto a quella anonima e poco spesso chiacchierata per motivi tennistici degli ultimi anni.
Quando a fine 2017 annunciò l’inizio della collaborazione con Torben Beltz, proveniente dall’incredibile successo al fianco di Angelique Kerber, c’era la sensazione che qualcosa potesse cambiare. Uomo con esperienza, da cui traspare molta calma e determinazione, sta lavorando a fondo per trasformare una giocatrice presa in un momento in cui era nel mezzo del nulla, a cavallo tra circuito ITF e WTA. Nonostante il cammino sia ancora lungo, adesso Vekic sta prendendo sempre più confidenza delle proprie armi e ci sono progressi nella battaglia personale con il proprio carattere. Prima non riusciva a perdonarsi nulla, al minimo errore il volto diventava molto negativo e cominciava a insultarsi, innervosirsi, smarrirsi. Ora è lì con la testa. Può infastidirsi, ma non c’è più quella serie negativa di emozioni che finiva spesso per travolgerla.
Oggi, in un primo set che Pliskova stava dominando, ha chiesto l’intervento del proprio coach dopo aver chiuso il game per il 2-5 e per quanto Beltz le dicesse che il primo colpo per impostare lo scambio dovesse essere in diagonale, lei ripeteva: “Sì ma non sbaglia, non sbaglia, non sbaglia”. Beltz: “Fidati, avrai le tue chance, lei è così: molto up, ma tutto può cambiare da un momento all’altro”. Il primo set della ceca è stato ottimo: 15 vincenti, 4 gratuiti, 7 ace, pochissimi punti gratuiti al servizio, un dritto che strappava applausi, ma anche la capacità di neutralizzare una possibile arma della croata: il servizio. Nonostante il 77% di prime palle in campo, portava a casa appena la metà dei punti.
Come però ipotizzato da Beltz, il calo di Karolina è arrivato. Dopo un set e mezzo di altissimo livello, piano piano i turni di battuta cominciavano a farsi leggermente più combattuti fino al tracollo al servizio. Dopo 10 ace e un solo doppio fallo, ne sono arrivati ben 5 negli ultimi tre turni di battuta della seconda frazione. Si trovava 3-1, stava spingendo per arrivare alla palla del doppio break, ma Vekic stava dando più intensità al suo gioco, facendosi sentire maggiormente in campo e cominciando a costruire i punti sfruttando i colpi in diagonale per spingere l’avversaria fuori dal campo e garantirsi più possibilità di tenersi a galla. Sul 3-2 e servizio, i primi due doppi falli che hanno spinto la croata sul 3-3. Qui, nonostante il momento negativo, Vekic ha avuto la forza di alzare il proprio livello e sfruttare il calo della sua avversaria. Non è riuscita a chiudere sul 5-3, a causa però di alcune ottime risposte di dritto della numero 3 del seeding, ma sul 5-4 ha riaperto un game da 40-0 e sfruttando altri 2 doppi falli si è garantita il terzo set.
In una situazione di grande equilibrio, le due si sono date battaglia fino all’ultimo punto. Stupendo il game sull’1-1, quando Karolina ha trovato alcuni vincenti dopo scambi molto duri e alla fine, con una voleè a campo aperto, ha preso il vantaggio che è riuscita a portare fino alla fine. Tutto facile? Assolutamente no. La fatica dei giorni scorsi, e dei lunghi scambi che l’hanno vista impegnata oggi fin dalla metà del secondo set stavano piano piano salendo ma la sua capacità di tener duro è un fattore che più volte l’ha aiutata in carriera. L’esempio più banale che possiamo citare è il weekend di Fed Cup del 2016, quando rimase in campo 8 ore in due giorni e vinse due partite durissime contro Kristina Mladenovic (16-14 al terzo) e il doppio decisivo con un 7-5 7-5 che la vide protagonista di uno dei punti più belli dell’anno sulla palla break per il 6-5 e servizio nel secondo set.
Quest oggi Vekic va applaudita per la generosità con cui è rimasta in partita e ha provato fino alla fine a darsi una chance, sfruttando spesso la palla corta per accentuare la fatica nelle gambe di un’avversaria magari stanca, ma molto presente nel match. Emblematico il game sul 4-3, dove Pliskova è stata chiamata a giocare 18 punti, ma ha quasi sempre comandato gli scambi dove poi ha portato a casa i punti, riuscendo a vincere il braccio di ferro su una diagonale e poi ad aprirsi il campo col lungolinea. Alla fine, la croata ha ceduto con una risposta non impossibile su una seconda palla, terminata però sul nastro. Ed è lei stata lei a pagarne maggiormente le conseguenze con un nuovo break quando serviva per rimanere nel match.
Seconda finale nel 2018 per la ceca, ventunesima in carriera a livello WTA. Domani sarà chiamata a una nuova fatica contro Naomi Osaka.
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