Premessa: i soliti criticoni diranno subito: “Ecco quelli che vendono per la decima volta la pelle dell’orso prima di averlo ammazzato”…
Eppure alzi la mano colui al quale, sentendo forse per la primissima volta Roger Federer pronunciare le parole “Addio” e “fine della mia carriera”, non è venuta la pelle d’oca.
Il contesto era quello della candidatura di Losanna a ospitare la Laver Cup l’anno prossimo, ma appena quelle 5 parole sono uscite dalle labbra del maestro svizzero, diciamocelo, a qualunque presente in sala della Laver Cup, di Losanna e dei partecipanti al suddetto evento avrà finito per importare quanto del gol di Mandzukic nella finale dell’ultimo mondiale (e non certo quello nella sua porta!).
Per tanti anni abbiamo assistito a cali seguiti da rinascite, bastonate con successive incredibili rivincite e in almeno una dozzina di occasioni in tanti, troppi, hanno urlato al canto del cigno, salvo poi rendersi conto di averlo confuso con l’urlo della fenicie. Federer era sempre vivo, sempre pronto a regalarci un ennesimo miracolo. Abbiamo avuto le discese ardite e le risalite, cieli aperti seguiti da deserti e in una (per noi) mattinata di fine Gennaio di quest’anno siamo tornati ancora in alto per quello che forse però è stato l’ultimo salto. Certo, il condizionale, visto il mostro sacro di cui si parla, è d’obbligo, fatto sta che guardando all’annata che ci stiamo per mettere alle spalle, il sentire quelle sillabe scandite dalla voce del buon Ruggero ci lascia in bocca il sapore di una coincidenza troppo grande per non far venire qualche brivido.
Magari sarà stata solo una battuta lanciata nell’aria, di uno che però ha sempre misurato al millimetro le sue dichiarazioni. Eppure sentirglielo dire non può che farci pensare a tanti piccoli indizi che non fanno che alimentare quell’idea – che beninteso avrebbe anche del legittimo per un (nel 2019) trentottenne che ha già adesso dato e ricevuto veramente tutto dal tennis – di un addio che tutti abbiamo sperato non arrivasse mai.
Tuffiamoci per un attimo nella macchina del tempo e facciamo partire il flashback…
È il 13 Agosto del 2017. Federer per tornare numero uno del mondo ha deciso a sorpresa di partecipare all’Open del Canada, mettendo da parte la famosa centellinata programmazione. Cavolata assurda che lo svizzero in passato non avrebbe mai fatto, lui sempre certosino nel valutare le proprie condizioni fisiche. Come secondo la più beffarda delle leggi di Mpurpy si fa male alla schiena in finale, rovinando di fatto la sua partecipazione agli US Open e in parte anche il finale di stagione. Niente numero uno (che comunque arriverà per una settimana nel 2018) e un probabile slam in più che finisce nelle mani dell’arci-rivale Nadal. Breve dissolvenza.
È il suddetto 28 Gennaio 2018. Federer vince nuovamente gli Australian Open, ma dopo un set dominato stenta, rincorre, fatica, si fa riprendere come poche volte in passato e sembra in balìa di un avversario che infine sbanda e quasi gli regala il suo ennesimo slam. I federeriani decantano ancora il loro re ma la sensazione non è certo quella di una corona brillante, tutt’altro…
Stacco su Indian Wells, è il 18 Marzo 2018. Federer sta servendo per il match in finale contro Del Potro. Anche stavolta, come in Australia, soffre, non gioca al meglio, ma al contrario di Gennaio l’avversario non regala nulla. Non solo: sui match point fa delle cappellate micidiali (una delle quali è una palla corta in uscita dal servizio che nemmeno Ansaloni contro Cherici sul 5-1 40-0) e finisce per perdere. Per alcuni è solo un errore di percorso. Eppure un Federer che gioca così un match point non si era mai visto, figuriamoci in finale…
Le immagini sfumano vibrando sul centrale di Miami. Dopo aver buttato via un torneo, il Federer del passato si sarebbe “mangiato” quello successivo, avrebbe cercato subito la rivincita, specialmente pensando che poi ci saranno due mesi di riposo. Invece in Florida ci va al suo posto uno che probabilmente gli ha rubato le racchette in aeroporto e che non vede l’ora di andarsene al mare coi figli…
Si va sull’erba. “Lì è diverso… L’erba è il suo habitat… Wimbledon è l’obbiettivo, si sarà preparato…” è quello che pensano tutti. Invece da un torneo all’altro gioca sempre peggio, finendo devastato a Londra senza testa, senza colpi e senza idee in cinque set da Kevin Anderson…
L’ultimo indizio, l’ultimo scatto prima delle parole di ieri è la prestazione inconcepibile contro Nole in finale a Cincinnati, quello che dopo Wimbledon è da sempre il suo torneo, in una stagione dove alla fine il vero Federer non si è mai visto, e non ha mai dato l’idea di essere l’uomo da battere, al contrario per esempio del trionfale 2017.
E torniamo a oggi. A quelle dichiarazioni improvvise e inaspettate che suonano come una coltellata allo stomaco.
Come detto manca ancora New York, e sempre ieri Roger ha tenuto a ribadire che al 100% si sente ancora in grado di vincere il torneo. Certo, anche a noi piace crederlo. Ma il Federer visto quest’anno di chance ne avrà ben poche, a meno dell’ennesimo miracolo da “urlo da fenicie”. E se poi nell’aria arrivano anche parole come “fine della mia carriera” allora è più che lecito pensare che i proverbiali buoi forse siano davvero scappati… Forse che questa stagione vissuta in balìa di una forma mai arrivata possa aver lasciato nella mente dello svizzero per la prima volta la consapevolezza di non essere più capace di arrivare a quel livello che da sempre lui vede come necessario nel suo tennis?
Forse sì. Forse no. Forse tra due settimane ci farà rimangiare ancora una volta tutte queste parole. Ma al tempo stesso forse conviene almeno pensare che davvero a breve il mondo del tennis dovrà convivere con l’idea di un tennis senza Roger. Un’idea che forse, al contrario degli anni scorsi, ha preso forma anche nella sua testa.
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