L’unica sorpresa del primo giorno a Church Road è stato il nuovo look di Roger Federer, per il resto il primo turno della parte alta del tabellone si è concluso senza grossi scossoni.
Fresco della vittoria al Queen’s, Marin Cilic si presenta a Wimbledon nella sua massima maturità tennistica ed inaugura il suo cammino con una vittoria tanto prevedibile quanto agevole. Il suo avversario, il giapponese Nishioka, non è mai stato in grado di impensierirlo, anzi, accorciando spesso gli permetteva di entrare con i piedi dentro al campo e sigillare il punto. A completare la ricetta che gli vale il rapidissimo primo set sono la varietà e solidità al servizio e il totale dominio negli scambi; il croato, in appena diciotto minuti, aveva centrato due volte il break, conquistando cinque giochi di fila ma commettendo anche alcune sbavature che lo hanno costretto ad annullare, con il solito e puntuale ace, una palla break. Il copione non sembra variare nel secondo parziale: il numero tre del seeding spinge leggermente sull’acceleratore, ma tanto basta per scappare via nel terzo gioco. Il giapponese ha avuto un atteggiamento meno remissivo rispetto ad inizio match, restando in scia e tenendo un durissimo e labirintico nono game, ma subisce la differenza tecnica e i set di svantaggio diventano due. Prima della discesa finale Cilic deve fronteggiare un’ultima salita, costituita dalle tre palle break di fila che concede in apertura di terzo set. Dopo averle sventate torna all’arrembaggio e riesce a scardinare le difese di Nishioka nel settimo game, chiudendo poi i conti. Il principale antagonista di Roger Federer ha quindi mosso la prima pedina, senza spendere troppe energie, e può mettersi comodo ed osservare gli altri esiti che l’imponente scacchiere dell’All England Club ha in serbo.
Dopo il successo ad Halle, Borna Coric si è forse guadagnato qualche riflettore in più sulla testa e una discreta dose di pressione che, a quanto pare, ancora non riesce a gestire adeguatamente. Non è facile spostare il baricentro della partita, nonostante sia stato proprio il croato il primo a provarci, andando avanti di un break, ma facendoselo immediatamente recuperare, perché Medvedev è una roccia nel palleggio e in battuta lascia veramente poco al caso: prime potenti, veloci e precise. L’equilibratissimo primo set ha vissuto al proprio interno un altrettanto equilibrato tie-break, sbrogliato solo dall’errore, anche piuttosto banale, di Coric sotto rete, su set-point in favore del russo. Il problema del croato è che, pur costruendo bene il punto, non riesce a trovare soluzioni per chiuderlo e viene ingarbugliato in uno scambio sterile che Medvedev non fatica a reggere. A conferma di ciò sono gli avvenimenti del secondo set, nel quale il sempre più falloso Coric viene subito brekkato e poi sprofonda totalmente sotto i colpi del suo sfidante, che facendo il minimo necessario, porta a casa il parziale. Se il body language del croato è sintomo non solo di sfiducia, ma di poca tranquillità mentale, Medvedev, naturalmente forte del vantaggio, è pacato e gioca a briglie sciolte. Il terzo set ha poco da dire ed è un monologo russo, complice il problema alla caviglia accusato da Coric, anche se la prestazione di oggi ha evidenziato per l’ennesima volta carenze di continuità gravi e il trend di non eccellere a Wimbledon. Come quest’anno, le due precedenti edizioni lo avevano visto uscire al primo turno.
C’è anche spazio per il derby francese tra Monfils e Gasquet in questo Day One dei Championship. I due partono molto centrati nei propri turni, ma non riescono a trovare la scintilla decisiva in risposta e la regola dei servizi li conduce al tie-break, che, si sa, con uno come La Monf non è mai banale. Questo game decisivo è teatro di continui ribaltamenti di fronte, passando dalle mani di Monfils (che si prende il minibreak con uno splendido passante) a quelle di Gasquet, che ha avuto due set point, non riuscendo a sfruttarli. Alla fine è un errore di quest’ultimo a decidere il parziale in suo sfavore. Il numero 23 del seeding non riesce a dimenticare l’occasione avuta, s’irrigidisce e si fa brekkare in apertura di secondo set. Monfils tuttavia imbocca il sentiero della follia e, come suo solito, fa e disfa: prima, al termine di un game fiume, caratterizzato da scelte rivedibili, ricede il break, poi sul 5-5 alza il livello, piazza un rovescio chirurgico sulla linea e infine si guadagna la possibilità di servire per il set. Nessun colpo di scena stavolta e dopo 103 minuti il 31enne è in vantaggio 7-6 7-5. Più scorrevole il terzo parziale, nel quale Gael si abbandona di tanto in tanto a qualche hot-shot e Gasquet va spesso in affanno e quasi sempre deve fronteggiare palla break. Alla fine cede, nuovamente sul più bello, nel nono game e depone le armi. Per Monfils è la quarta vittoria in una prova dello Slam contro Gasquet, a fronte di una sola sconfitta.
Passa al secondo turno anche Lucas Pouille, testa di serie numero diciassette, che seppur dotato di puro talento, troppo spesso non gli ha reso merito. Per il francese ci sarà un presumibile match agevole contro il qualificato Dennis Novak e poi probabile incrocio con Raonic, tutto da gustare. Passa anche il connazionale Gael Monfils che ha vinto il derby contro Richard Gasquet. Dopo due set lottatissimi e appassionanti, vinti entrambi dal parigino, nel terzo Gael ha cercato con insistenza il break decisivo fallendo varie occasione ma all’ultimo appello, ha strappato il servizio a Richard chiudendo il match subito dopo.
Nota di merito va a coloro che alimentano il parco dei giovani del circuito, Stefanos Tsitsipas e Jared Donaldson, reduci da due vittorie che ne confermano i progressi pregustando un futuro in ascesa per entrambi. Spazzati via Berrere e Jaziri.
Giovanni Putaro e Cristina Pozzolli
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