Con un comunicato divenuto sempre più prevedibile giorno dopo giorno, gli organizzatori di Wimbledon hanno annunciato che Serena Williams sarà compresa tra le 32 teste di serie del torneo di singolare femminile che scatterà il prossimo 2 luglio. Ex numero 1 del mondo e ancora impegnata nel rientro dopo la nascita della prima figlia Alexis Olympia, al momento la statunitense occupa la posizione numero 183 della classifica mondiale, luogo in cui normalmente non si ha una testa di serie neppure per il torneo di qualificazioni. Eppure l’All England Club ha deciso di premiarla portandola al numero 25.
Lo Slam londinese è noto per essere, fino a ora, l’unico evento della stagione che modifica a propria discrezione l’ordine delle teste di serie, una delle tante tradizioni che lo rendono tra gli eventi che anche i più profani usano come sineddoche per indicare l’intero movimento tennistico. Eppure, questi cambiamenti hanno visto quasi sempre interessato il tabellone maschile dove c’è una formula chiara che comprende anche i punteggi ottenuti negli eventi della stagione su erba. Nel femminile non c’è quasi mai stato un vero sconvolgimento se non per due circostanze, almeno in tempi recenti: la prima risale al 2009 quando Maria Sharapova, rientrata alle competizioni un mese prima dopo un anno di infortunio, ebbe in dote la testa di serie numero 24 nonostante fosse soltanto al numero 59 del mondo; la seconda invece riguarda proprio Serena, che nel 2011, anche lei al rientro da un grave infortunio e campionessa uscente, fu numero 7 del seeding nonostante in quel momento fosse classificata come numero 26. Gli organizzatori, normalmente, motivano questi cambiamenti con il bisogno di mantenere equilibrato il tabellone. Né l’una né l’altra ebbero fortuna: Sharapova fu estromessa al secondo turno contro Gisela Dulko, Serena arrivò fino al quarto prima di essere sconfitta contro Marion Bartoli.
Eppure questo caso sembra essere completamente diverso visto che Williams è al rientro da una maternità. L’ufficio del torneo potrà dire di aver deciso di premiare i risultati che la statunitense ha ottenuto da quando la sua carriera a Wimbledon ha avuto inizio, ma le vicissitudini del suo rientro hanno sollevato da mesi voci incontrollate, termini alle volte completamente fuori luogo (molti volti anche autorevoli come James Blake, o siti web di alto profilo hanno parlato di “punizione” verso di lei per aver avuto un bambino) e divagazioni che assumevano sempre più contorni da discussioni da bar, con una marea di congetture, complotti, supposizioni di persone che credono di sapere ma che, in realtà, sono alla deriva in un mare di ignoranza.
Per prima cosa, l’attuale regola nel circuito femminile prevede che chi è assente per infortunio o maternità possa sfruttare un bonus, il famoso ranking protetto che viene fissato nel momento in cui la giocatrice interrompe la propria attività e rimane fuori dai campi per un periodo di 6 o più mesi. Se l’infortunio è superiore ai due anni, o se il rientro dalla maternità avviene dopo un anno dalla nascita del proprio figlio o della propria figlia servirà invece una wild-card perché la giocatrice in questione non avrà ranking e non avrà la possibilità di usare un ranking protetto. Serena non avrebbe di questi problemi, visto che per i successi ottenuti ha diritto a wild-card illimitate, ma la questione è un’altra: la sua maternità ha fatto esplodere una scia incontrollata di polemiche contro la mancanza di una norma che ne proteggesse il suo status di top player. Aveva lasciato da numero 1 del mondo, è tornata in campo che non aveva ranking. E, nonostante sulle sue qualità non si possono che spendere parole di grande (grandissimo) elogio visto che abbiamo davanti una delle migliori atlete (maschi e femmine) di sempre, non poteva avere una testa di serie. Avere quel numerino accanto al proprio nome non è un fattore garantito, dovuto, a un nome più importante rispetto a un altro, ma ai risultati raccolti nelle ultime 52 settimane.
Serena non è la prima mamma, e non sarà l’ultima, che prova un rientro alle competizioni, ma con lei è divampato un dibattito che è presto uscito dai binari di qualcosa di costruttivo. Nell’immaginario collettivo, il fatto che a Miami abbia dovuto affrontare al primo turno Naomi Osaka, numero 22 del mondo quella settimana, che proveniva dal successo al torneo di Indian Wells era un peccato capitale. Avremmo voluto noi, invece, aver potuto chiedere alla giapponese cosa pensasse del fatto che con il sorteggio del torneo effettuato di domenica lei non poteva far valere il suo ranking da top-30 che le avrebbe garantito una testa di serie (e dunque un bye al primo turno, dopo le fatiche californiane, e la possibilità di avere 5 giorni di riposo) e invece si trovava a dover subito tornare in campo per affrontare una campionessa come Serena. Il neo-direttore ed ex giocatore USA, James Blake, non tardò a dire che le giocatrici non sono tutelate dopo una gravidanza. Un articolo online in quei giorni titolava: “Serena Williams mostra la vergognosa mancanza di una regola per la maternità da parte della WTA”. All’interno una grande esaltazione del personaggio Serena e di come a lei tutto debba essere dovuto perché, fondamentalmente, è superiore alle altre. Punti di vista, non fosse che appena 12 mesi fa nessuno mosse un dito nei confronti di Victoria Azarenka. Lo stesso torneo di Wimbledon, gli stessi giornalisti di autorevoli agenzie stampa, portali d’informazione con enorme visibilità, non hanno mosso un dito per reclamare come mai la bielorussa dovette rientrare e non avere una regola che ne tutelasse una testa di serie. Ed era n.5 del mondo quando si è fermata, n.1 del mondo per lungo tempo e bi-campionessa Slam e altre due finali perse allo US Open tra 2012 e 2013, oltre che medaglia d’oro e di bronzo a Londra 2012.
Azarenka non è stata mai considerata neppure alla vigilia del Roland Garros di questa stagione, eppure era appena il secondo Slam dalla maternità e, a conti fatti, il suo rientro è tutt’ora molto più delicato di ogni aspettativa. Certo, la causa legale e l’affidamento del figlio, hanno avuto un ruolo importante, però anche questo ha tutti i contorni di essere un evento (purtroppo) straordinario e imprevedibile, dunque a maggior ragione secondo la logica di quanto letto negli ultimi mesi bisognerebbe tutelare la giocatrice coinvolta garantendole una testa di serie. Inoltre, rientrava anche nei dodici mesi dopo il rientro di Maiorca. La stessa bielorussa, tra l’altro, è parte del consiglio giocatrici della WTA, lo stesso che anni fa diede voto favorevole all’attuale regola sulla maternità. Furono loro a decidere quella che sarebbe stata la situazione al rientro perché, se da un lato è vero che chi entra in maternità deve poi ripartire dal fondo, è anche vero che si va a sfavorire chi invece ha lavorato duramente per ottenere una testa di serie. A pagare in questo caso è Dominika Cibulkova, che non sta vivendo un buon momento ma grazie a due finali in stagione è riuscita a mantenersi nelle prime 32. La slovacca non è stata affatto contenta del trattamento speciale riservato alla statunitense, ma è facile ipotizzare che chiunque fosse nella sua situazione avrebbe reagito ugualmente. Come lei, anche Barbora Strycova che pure avrà la testa di serie n.23 non crede sia corretto nei confronti di chi ha vinto partite per arrivare a questo status di privilegio senza approfittare di favori. Petra Kvitova, a Parigi, diceva che il ranking è un po’ ingannevole: “Io lo scorso anno sono rientrata qui che ero top-20, per il seeding perché avevo i punti ottenuti a fine 2016, ma non mi sentivo affatto a un livello da prime 20 del mondo. Il mio caso era diverso, ma non credo ci dovrebbe essere un regola per questo”.
Mandy Minella, altra neo-mamma del circuito WTA dopo aver partorito a fine ottobre dello scorso anno, è rientrata alle competizioni a inizio 2018 e non crede affatto a una punizione nei suoi confronti. Alla BBC dichiarò: “La regola per me deve rimanere così e non penso saremmo qui a parlarne se non fosse per Serena. Ci sono molte giocatrici prima di lei che sono state fuori perché incinta e tante ce ne saranno ancora. Nessuno ci punisce per questo, semplicemente non è affatto facile dare una testa di serie in un torneo e togliere il posto a una giocatrice che ha lottato duramente per conquistarla. Non è una situazione facile”. Più o meno, lo stesso ragionamento che Azarenka fece un po’ di tempo fa, prima a Miami e poi a Parigi. E lei, di nuovo, avrebbe forse più alibi in una polemica che però non ha mai voluto accendere scegliendo anzi il doppio punto di vista. Queste le sue parole a marzo: “Dobbiamo essere più obiettivi, tutti quanti, e vedere la situazione da ogni aspetto. Capisco quello che le persone dicono e che vogliono Serena come testa di serie, anche a me farebbe piacere averla, ma bisogna giudicare con attenzione”. Queste, poi, quelle di poche settimane fa: “Tutto ciò non era in discussione un anno fa quando io rientravo e non ero testa di serie a Wimbledon. E Wimbledon ha il potere di cambiare le cose, e quest anno daranno una testa di serie a Serena. Dunque, se parliamo di una regola, questa deve essere valida per tutte. Per quanto riguarda la pausa per maternità, abbiamo cominciato a discutere della regola nel consiglio giocatrici già da un po’ di tempo e i media devono calmarsi con la storia che nessuno sta facendo nulla, che è falso. E tutto il caos che si è creato non è perché Serena sia arrabbiata che non le sia stata data una testa di serie, ma è solo per voler creare scalpore dal nulla. Pensiamo sia giusto discutere di considerare diversamente un infortunio da una maternità e state certi che non sarà una decisione che verrà presa in tempi brevi, e se ci sarà una regola dovrà essere attuabile per tutte. Per chi è fuori è facile dire: che schifo, nessuna regola per questo. Non è vero, è che purtroppo ci sono molte più parti in causa che vanno rispettate, ma cercheremo di trovare la soluzione più adatta”.
Kim Clijsters è tornata a metà agosto del 2009 dopo aver dato alla luca la prima figlia e allo US Open, da non classificata, vinse il torneo battendo nel cammino Serena e Venus Williams. Da lì in poi avrebbe vinto altri 2 Slam e aver raggiunto il numero 1 prima di ritirarsi una seconda volta. Serena ha tutte le chance per ripercorrere un percorso di quel tipo nonostante gli ormai 37 anni suonati e un fisico provato non solo dal parto ma anche da complicazioni successive. Ha già dimostrato più volte in carriera che è capace di grandi cose anche quando, secondo tanti, il circuito femminile aveva campionesse di maggior calibro. Nel 2007 giocò l’Australian Open dopo un anno quasi senza tennis e, secondo quanto diceva Svetlana Kuznetsova a Stoccarda nel 2017, era una decina di chili di troppo. Eppure sbaragliò la concorrenza con anche un netto 6-1 6-2 in finale contro Maria Sharapova. Nel 2011 subì un’embolia polmonare e finì, dopo Wimbledon, oltre il 150 del mondo ma riuscì a mettere le basi per tornare poi dominante a metà del 2012. Più tutte le battaglie intraprese e vinte anche da un punto di vista personale. Wimbledon le ha concesso una testa di serie, e così è pronto a fare lo US Open che secondo quanto afferma il New York Times ha annunciato che si prenderà la libertà di rivedere il seeding nel caso ci siano giocatrici che hanno il ranking influenzato da una maternità. Facile, anche qui, pensare che siano corsi ai ripari per evitare che il vortice di accuse colpisse anche loro. O forse, bisognerebbe chiedersi perché ora si sono sollevate queste voci e non quando altre campionesse o giocatrici comunque di alto profilo rientravano dopo una gravidanza. E di nuovo, la speranza è che se questo gran parlare porterà a delle modifiche solo alla persona Serena, grandissima campionessa in campo ma (e lo sa anche lei) mamma allo stesso livello delle altre, allora si sarà solo perso del tempo e speso buone parole per dare aria ai mulini a vento. Forse.
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