Va subito fuori, Jelena, la ragazzina dei miracoli. È un anno che si porta sulle spalle il peso di una vittoria nello Slam, giunta forse troppo presto, imprevista e non ancora programmata. E nelle ultime settimane quell’affanno si è fatto sentire, sempre più tambureggiante, sempre più insistente.
Jelena Ostapenko conquistò Parigi, dodici mesi fa, dall’alto di un tennis che pochissime possono permettersi. Non le oppositrici incontrate allora, nemmeno Simona Halep che fu l’avversaria della finale, costretta anche in quella occasione a recitare nei panni dell’eterna seconda. Jelena, Alyona in famiglia, picchiava dritti e rovesci come se ognuno di essi fosse l’ultimo. Lo faceva con la testa ripulita dai pensieri, senza che un solo dubbio la sfiorasse. Era un tennis quasi irreale, che solo Serena Williams aveva mostrato nei momenti più felici della sua carriera. Un colpo, un punto. Pochissimi scambi. Servizi assai simili a quelli che girano nel circuito maschile.
I pensieri sono venuti dopo la vittoria. Jelena ha dovuto fare i conti con se stessa, con l’obiettivo così alto che aveva raggiunto. Il primo titolo, e subito una vittoria nello Slam. Anzi, nello Slam più tosto, il Roland Garros.
Da quel momento non è stata più la stessa, anche se l’istinto la spinge a colpire la palla senza protezioni, così come viene. Qualcosa, dentro, ha finito per condizionarla, e lei spesso l’ha fatto capire, «non tutto mi riesce bene, a volte mi irrigidisco, forse devo ancora impossessarsi di quella vittoria per sentirla del tutto mia». Quasi che a vincere fosse stata un’altra Ostapenko.
Forse è una sconfitta che le fa bene, quella contro l’ucraina Kozlova, niente più che una buona colpitrice. Un passo falso che mette fine a qualsiasi pensiero negativo. Non è la prima e non sarà l’ultima, Jelena, a inciampare nel torneo che l’aveva posta in vetrina. Succede. Magari, lo dice anche lei, si sbloccherà e tornerà a giocare come sa.
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