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Il pazzo venerdì sera a Stoccarda conclusosi con una polemica e un alce

Mezzanotte era passata da ormai venti minuti quando Jelena Ostapenko stava camminando un po’ sofferente verso gli spogliatoi con un gigantesco peluche dalla forma di un alce sottobraccio. Abbiamo voluto partire dalla fine per darvi un’idea di che serata sia stata ieri, alla Porsche Arena di Stoccarda, con una sessione serale che ha ripagato ampiamente la delusione del pubblico per quella del giovedì sera quando a causa di due ritiri consecutivi non siamo arrivati neppure alle 2 ore di gioco totali.

Oltre 5 ore di sessione serale e due partite che hanno regalato ogni genere di momento: pathos, gran tennis, tanti applausi, nervi tesi, rimonte, rabbia, esaltazione, meraviglia. Anett Kontaveit contro Anastasia Pavlyuchenkova era la sfida tra le giocatrici che 24 ore prima avevano beneficiato dei ritiri di Angelique Kerber e Garbine Muguruza. Per la tedesca, tra l’altro, la situazione è da valutare molto attentamente perché zoppicava pur cercando di nascondere l’entità al pubblico e alla stampa e gli occhi, gonfi e rossi, mal nascondevano quella che era una profonda frustrazione. Entrambe, Kontaveit e Pavlyuchenkova, già al primo turno avevano avuto una maratona di tre ore con l’estone che aveva dovuto salvare anche 2 match point contro Kristina Mladenovic. Ieri sera si sono probabilmente superate: forse un po’ di errori di troppo, ma anche tanti momenti palpitanti per una sfida vissuta sempre in bilico e che portava già di per sé enorme tensione perché da lì sarebbe uscita la semifinalista forse più sorprendente (CoCo Vandeweghe odia la terra, ma pare stia trovando la faccia tosta per affrontarla) di questo torneo.

L’ha spuntata Kontaveit con un terzo set per cuori forti: le sue fughe continue venivano rintuzzate dalla russa e dalla tensione sempre crescente nel suo braccio. Pavlyuchenkova ha fatto il gravissimo errore sul 3-4 di regalare il terzo break di fila con due brutti errori all’inizio, ma sul 3-5 ha giocato forse il più bel game della sua intera partita con una smorzata delicatissima, indietreggiando, sul primo punto, una risposta di dritto anticipata finita all’incrocio in lungolinea, con Kontaveit che stava quasi festeggiando, e un dritto lungolinea deviato dal nastro sul primo match point della estone. Quel turno di battuta è diventato un calvario, e più si allungava e più Kontaveit non chiudeva nonostante i match point che arrivavano, più venivano dubbi su cosa sarebbe successo sull’eventuale 5-4. La risposta pochi minuti dopo: Pavlyuchenkova era altrettanto tesa e nervosa, e regalava due dei primi tre punti, rilassando parzialmente la sua avversaria che trovava la forza di mettere da parte tutto quello che era stato fin lì, tutte le occasioni mancate, e di spingere per trovare la via di chiudere da vincente la seconda maratona della sua settimana, mettendosi finalmente da parte una striscia di 4 sconfitte consecutive. Comunicato dalla Porsche Arena: Kontaveit vuole quella macchina rossa fiammeggiante, per sfrecciare libera lungo le strade di Tallinn, bellissima cittadina medioevale sulle sponde del Mar Baltico. Noi votiamo per quella scena, sperando poi che in Estonia si avveri il nostro sogno di un Gruppo 1 di Fed Cup con un mix di grandi giocatrici e nazionali quasi sconosciute alla geografia tennistica. Sei un nerd o hipster del tennis? Controlla i prossimi voli per l’Estonia.

Finito quel match erano quasi le 10 e in sala stampa il pensiero comune era: “Bene, la prossima partita sarà rapida: né Pliskova né Ostapenko scambieranno come loro”. L’Everest era scalato? No, nada, niet, nein. Due ore e venti di grande tennis, con poche montagne russe in proporzione al primo incontro ma la maggior parte delle emozioni racchiuse tutte nei minuti finali. Per oltre due ore c’era da contare i 50 “oooooh” del pubblico tedesco, uno per ogni vincente della lettone che ha giocato una grandissima partita fronteggiando a viso aperto il numero di ace dell’avversaria che ha le caratteristiche per farle molto male a ogni turno di battuta ma alla fine ha perso soltanto tre break nei sui primi 14 game al servizio. Ostapenko ispiratissima, tanto da portare Pliskova a fare cose a cui raramente assistiamo, come gli allunghi difensivi per riprendere quante più accelerazioni possibili. Pliskova a fare la giocatrice difensiva, Pliskova ad attendere che l’uragano lettone si sfogasse e le lasciasse modo di respirare, Pliskova che alla fine ha dominato con gli ace al servizio, mettendone a segno altri 14 dopo i 15 del secondo turno, ma che per due set era alla pari della sua avversaria (8 contro 7).

7-5 Ostapenko, 7-5 Pliskova, un’ora e venticinque minuti: 3 minuti e mezzo a game, su terra, e tanto bel tennis per entrambe. I numeri del secondo set: 17 vincenti per Jelena contro solo 9 gratuiti, 11 e 5 per la sua avversaria. In sala stampa eravamo un po’ incollati alla vetrata che da sul campo centrale, un po’ a ridere della gigantografia della campionessa del Roland Garros, che è stata ritoccata a tal punto da sembrare simile alla Venere di Botticelli. A inizio del terzo set il primo momento chiave: nel game più lungo dell’incontro Ostapenko era chiamate a diverse parità prima di aver servito, sulla palla game, un’ottima prima al centro, una delle tante del suo incontro. La palla sembrava buona, anche perché vedendola live ha dato l’impressione chiara di aver preso velocità al momento del rimbalzo col terreno, cosa che può succedere quando colpisce una parte della riga. Nessuna chiamata, ma Mariana Alves dice che è fuori. La lettone non ci credeva ma ha accettato il verdetto con enorme stizza, finendo per perdere la battuta due punti più tardi. Dopo aver recuperato il break, sono cominciati i dolori alla gamba sinistra, forse un principio di crampi visto che non è stato mai chiamato il trainer. Perso il secondo turno di battuta consecutivo ha dovuto giocare fino alla fine muovendosi sempre peggio, eppure rimaneva agganciata nel punteggio anche grazie alla ceca che buttava le chance di doppio break sul 4-2. “Eh, sì, diciamo che ho voluto tenere col fiato sospeso un po’ tutti fino alla fine” dirà poi Pliskova in conferenza stampa, con tono autoironico.

Sul 5-4 per la ceca, il nuovo momento chiave: Karolina rientrava da 15-40, salvava una terza palla break, mancava un match point e sulla nuova parità una sua seconda veniva chiamata fuori dal giudice di linea. Ostapenko stava già andando a rispondere dall’altro lato quando Alves ancora una volta ha corretto a sfavore della numero 4 del seeding una chiamata cruciale del game, con anche in questa circostanza tantissimi dubbi anche da chi era sugli spalti. Ostapenko non c’ha più visto e ha cominciato a lamentarsi in maniera veemente, dando della matta all’arbitro e non stringendole la mano dopo l’ultimo punto. All’uscita dal campo, la scena che ha scatenato diverse battute in sala stampa: questo alce di peluche grande quasi quanto la lettone trasportato sottobraccio.

In quel momento, sono partite le frasi più strane: “Dovrà comprare un nuovo biglietto per i viaggi aerei? – Dovrà pagare un supplemento per il bagaglio a mano? – Sono abbastanza certo che quello violi le dimensioni consentite – Beh se lo colpisce con uno dei suoi dritti sicuramente riesce a farlo stare negli spazi sopra i sedili – Ma guardala come lo trasporta: ci si è già affezionata”. Alci ovunque, all’una del mattino. Diciamocelo: non poteva non finire così.

SEMIFINALI

Un breve sguardo sulle semifinali: Caroline Garcia e Karolina Pliskova sembrano le favorite alla finale, ma nessuna delle due ha la patente di guida e quindi la Porsche che spetta alla vincitrice rimarrebbe inutilizzata. O forse sarebbe un incentivo per prenderla nel più breve tempo possibile.

Difficile sapere quanto CoCo possa dar fastidio a una francese che fin qui è apparsa molto serena e sorridente, al di là delle tre belle vittorie in tre set, perché anche nelle domande potenzialmente scomode in sala stampa ha sempre risposto con grande umorismo e simpatia. Però appunto, vedendo il percorso della statunitense fin qui e come questo campo possa adattarsi al suo gioco è possibile avere un’altra sfida molto equilbrata. Forse un po’ meno incerta la seconda, dove anzitutto bisognerà vedere se Kontaveit avrà recuperato dalle grandi fatiche di questi giorni. Pliskova ha finito molto tardi ieri sera, ma sta finalmente giocando bene e se in forma sappiamo che può essere tremendamente pericolosa anche per la resistenza fisica. In Fed Cup, nella finale 2016, giocò 4 ore contro Kristina Mladenovic il primo giorno e poi tornò in campo il giorno dopo per il singolare (2 ore) e il doppio decisivo, il difficilissimo 7-5 7-5 che ha dato alla Repubblica Ceca l’ultima Fed Cup (finora) della sua storia.

Diego Barbiani

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