C’è tanta attesa e tanta curiosità per la finale femminile: Indian Wells ha portato alla ribalta due giocatrici molto giovani, in grande forma, che hanno meritato ogni vittoria (contropronostico) per arrivare a contendersi il titolo. Naomi Osaka contro Daria Kasatkina, Giappone contro Russia, due modi completamente diversi di vedere il tennis, eppure entrambe in una condizione straripante.
Entrambe nate nel 1997, hanno battuto fin qui 3 giocatrici arrivate al numero 1 WTA: Maria Sharapova, Karolina Pliskova e Simona Halep (attuale leader) la giapponese; Caroline Wozniacki, Angelique Kerber e Venus Williams la russa. Impressionante il cammino di Osaka, che ha lasciato 21 game alle rivali più quotate: 6-4 6-4 contro Sharapova, 6-3 6-2 contro Agnieszka Radwanska, 6-2 6-3 contro Pliskova e 6-3 6-0 contro Halep. Non da meno quello di Kasatkina, che grazie a un gioco più ragionato e con tante frecce nel proprio arco ha giocato per mandare nel pallone prima Wozniacki e poi Kerber, infine ha rimontato e vinto contro la più “anziana” delle sorelle Williams nella partita fin qui più bella del torneo.
Sarà la prima sfida della loro carriera, nell’appuntamento più importante fin qui che si troveranno a vivere. Lo faranno insieme, nel tentativo di viverlo al meglio ed essere consapevoli che da qui in avanti, comunque finirà, sarà stato messo un mattone molto importante dove costruire e far sbocciare i rispettivi talenti.
È dal 2015 circa che si parla di loro due, assieme ad Ana Konjuh, Belinda Bencic e Jelena Ostapenko. Le grandi rappresentanti della classe 1997 hanno fatto già tanto in questi anni: la svizzera ha raggiunto i quarti di finale allo US Open nel 2014 e ha vinto un Premier 5 nel 2015 (Toronto) arrivando fino al numero 7 del mondo, la croata ha raggiunto i quarti a New York nel 2016 ed è entrata in top-20, la lettone ha vinto il Roland Garros lo scorso anno e fatto i quarti di finale a Wimbledon poche settimane dopo con l’ingresso in top-5 previsto per la prossima settimana. Mancavano proprio loro due, Osaka e Kasatkina, che vivranno il loro “breakthrough” in California, luogo dove Osaka si è sempre trovata piuttosto bene e Kasatkina tiene viva la grande striscia delle russe che nelle ultime 12 edizioni hanno visto 10 partecipanti in finale.
Per la giapponese, però, questo non vuole essere il torneo della ribalta. “Non ho ancora fatto nulla” diceva ieri, “forse lo sarà se vincerò. In ogni caso, non mi era mai capitato di giocare con questa costanza”. Ha ragione, la numero 44 del mondo: le potenzialità erano sempre state sotto gli occhi di tutte, ma un torneo così non le era ancora mai capitato. È in grandissima forma e ha dominato praticamente tutte le avversarie avute fin qui conquistando la seconda finale WTA in carriera dopo quella di Tokyo del 2016. Tra l’altro, su di lei è spontaneo fare una piccola parentesi: i giornalisti giapponesi qui a Indian Wells sono già passati da 2 a 7, le conferenze stampa sono tra le più frequentate, il pubblico quando giocava sui campi secondari era sempre più numeroso. C’è tanta attenzione verso questa ragazza che farà 21 anni a ottobre e che sta mettendo in mostra un personaggio che piace, perché quell’aria un po’ stralunata delle conferenze stampa, quelle battute (che lei dice di fare perché vuole togliersi un po’ di tensione) che strappano spesso risate a tutte le persone attorno a lei, sono le indicazioni di una popolarità che comunque aumenterà. Fin dal 2016 lei ha sempre messo in mostra queste caratteristiche, ma adesso grazie anche all’aiuto di Sascha Bajin ha davvero la possibilità di fare il salto in alto.
Kasatkina è sembrata forse quella più emozionata, o per meglio dire sorpresa. Fino allo scorso anno pronosticarla in finale su questa superficie, in un evento di questo livello, era praticamente impossibile. “Dasha” adora la terra rossa, le piace sentire quella sensazione quando le scarpe strisciano sul suolo e le permettono di scivolare per metri, e ora si ritrova faccia a faccia con la possibilità di riportare la Russia sul tetto di Indian Wells sostituendo Elena Vesnina, sua grandissima amica e vincitrice lo scorso anno. Potenzialmente è proprio lei ad avere il (piccolo) vantaggio iniziale di poter costruire una partita come ha sempre fatto fin qui, lavorando tanto col top-spin di dritto e le variazioni dal lato del rovescio mentre Osaka dovrà chiedere un ultimo sforzo per sfondare e impedirle di costruire la sua ragnatela di scambi.
Un anno fa, a Stoccarda, noi di Oktennis chiedevamo a Osaka che cosa pensasse della finale di Charleston, la prima tra teenager dal 2009. Si erano affrontate, sulla terra verde americana, proprio Kasatkina e Ostapenko con la vittoria della russa per 6-3 6-1. La domanda si rifaceva alla possibile competizione che c’era tra le giocatrici nate nel 1997, la risposta fu: “Mi piace da matti, è uno stimolo enorme per me a migliorarmi”. Meno di un anno dopo, ha l’occasione di mettere le mani su un torneo che è secondo solo agli Slam e che le darebbe la chance di avvicinarsi tantissimo alla top-20 (da che era numero 44 del mondo salirebbe al 21). Pure Kasatkina si giocherà tantissimo, perché una vittoria vorrebbe dire salire al numero 9 del mondo e al di là di quella finale vinta a Charleston poi c’è stata la netta sconfitta contro un’altra giocatrice che colpisce molto forte e che viveva un gran momento di forma come Julia Goerges a Mosca, a fine 2017.
Bisogna sempre ricordare, comunque, che partite come questa hanno un peso specifico enorme. Qui non si vince perché si ha fortuna, anche Vesnina lo scorso anno fu autrice di un ottimo torneo e giocò il tennis più bello della carriera (in singolare), ma aveva 31 anni e attendersi che potesse replicare quel risultato era quasi impossibile. Adesso tocca a loro, Osaka e Kasatkina, neppure ventunenni, nella finale di un grande torneo (Slam, Premier Mandatory o WTA Finals) più giovane dall’Australian Open 2008 quando in campo c’erano Maria Sharapova e Ana Ivanovic.
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