Manualetto a uso dei tennisti che vogliono interloquire con l’incordatore… senza fargli girare troppo le scatole!

 

Chiunque abbia preso una racchetta da tennis in mano – specifichiamo “da tennis”, per quelle da neve tutto ciò che scriveremo nelle prossime righe non vale – si sarà posto la domanda: che corde metto? Non pensiamo di risolvere l’arcano in tremila battute ma un po’ di luce la possiamo fare, rivolgendoci a quei tennisti che, nonostante racchette tecnologiche, sgargianti, talvolta parecchio costose, si trovano così, con un pugno di mosche in mano, senza sapere bene come utilizzarle…

Il mondo delle corde è vasto: Tecnifibre, Head, Babolat, Wilson, Gosen, Kirschbaum, Yonex e molte altre marche produttrici in tutto il mondo. Ma, a prescindere dal logo o la scritta che scorre sui filamenti, quali sono i grandi insiemi a cui l’incordatore – ah, cogliamo l’occasione per deludere il 95% dei tennisti italiani: meglio dire “incordatura” e non “accordatura”. Il vocabolario Treccani ammette questo secondo termine: “l’operazione dell’accordare racchette da tennis, dando alle corde la giusta tensione; viene eseguita con apposite macchine a funzionamento manuale, oppure elettriche o elettroniche”, ma provate a dire a uno stringer professionista: “mi accordi la racchetta?” e fate caso all’espressione sul suo volto. Per una volta ignorate gli illustri vocabolari – solo per questa volta, s’intende – e fidatevi degli Incordatori!

Dove eravamo rimasti? Ok, sui grandi insiemi da tenere bene a mente per costruirci un’idea generale sulle corde da tennis. I grandi gruppi sono tre: Monofilamenti, Multifilamenti e Budello; poi ci sono gli ibridi – più avanti scopriremo cosa sonoIl Monofilamento è una corda composta, appunto, da un singolo filamento di poliestere. È la classe di corda più rigida e può avere diverse forme: rotonda, ottagonale, esagonale e piramidale, che vanno a incidere sugli effetti, uno dei principali vantaggi insieme alla durata. Quindi possiamo definire il monofilamento come una corda adatta a giocatori di alto livello che colpiscono forte, in top spin, che giocano frequentemente e sono soliti rompere le corde. Per la sua evidente rigidità è sconsigliata ai più piccoli, anche se agonisti.

Passiamo ora al multifilamento: la corda che più si avvicina al budello, del quale scriveremo fra poco. Il multifilamento è costituito da centinaia di microfilamenti assemblati tra loro e rivestiti da una guaina protettiva. Questo tipo di corda ha una buona tenuta di tensione, un buon comfort, fornisce meno potenza rispetto al budello, ma più potenza rispetto ad altri tipi di corde. È consigliata per i giocatori che colpiscono regolarmente, per chi cerca comfort e potenza e anche per i giocatori “più occasionali” che scendono in campo un paio di volte alla settimana.

Il budello – sulle confezioni troverete la dicitura “Natural Gut” – è composto da diverse centinaia di microfilamenti naturali provenienti dall’intestino dei bovini. Rappresenta la corda più costosa ma anche la più qualitativa e confortevole; garantisce un’ottima tenuta della tensione, una buona potenza e un incredibile comfort. È ideale per chiunque cerchi queste caratteristiche e anche per i bambini, gli anziani e chi soffre di problemi al braccio.

Dopo questo breve focus sulle tre principali alternative che interessano chiunque compri una racchetta, spendiamo qualche riga sulla durata e sul calibro delle corde. Semplice regola: maggiore è il calibro, maggiori saranno la rigidità e la durata. 15 = 1,41-1,49 mm / 15L = 1,34-1,40 mm / 16 = 1,26-1,33 mm / 16L = 1,22-1,26 mm / 17 = 1,20-1,24 mm / 17L = 1,16-1,20 mm / 18 = 1,10 – 1,16 mm / 19 = 1,00 – 1,10 mm; questa è la nomenclatura che troverete sulle confezioni dove il numero “internazionale” cresce col diminuire del diametro, quindi: se montiamo una corda “15” avremo il calibro più grande; se montiamo invece una “18” avremo il più piccolo. Ogni tennista di ogni livello deve fare alcuni tentativi prima di trovare il calibro giusto: se rompe troppo spesso aumenta, se invece la corda dura qualche mese… forse dovrebbe scendere un po’. Diciamo che i calibri più utilizzati vanno da 1,25 a 1,35.

Infine troviamo l’ibrido che, facile immaginare, è l’utilizzo di due corde diverse verticali e orizzontali. Generalmente si monta un monofilamento verticale e il budello o il multifilamento orizzontale, ma esiste qualche eccezione: ad esempio c’è un giocatore svizzero – abbastanza bravo a giocare a tennis – che il budello lo mette nelle verticali: si chiama Roger Federer. Qualcuno ha obiezioni a riguardo? I comuni mortali mettono il mono sulle verticali perché è il mono che dà l’effetto alla palla, mentre le orizzontali più “morbide” daranno potenza e una sensazione confortevole all’impatto.

Chiudiamo con l’ultimo punto imprescindibile dell’incordatura: il tiraggio. “Tirala a 25” oppure “fai 23-22”. Cosa significa? Oggi come oggi un pulsante da spingere sulla macchina incordatrice, ma c’è di più. Più la corda sarà tirata più ci sarà controllo, meno sarà tirata più troveremo potenza. Il principio fisico – gli studiosi della materia non me ne vorranno per questo tentativo di entrare nel loro mondo – è che la forza elastica aumenta con la corda più lenta e quindi la palla esce più veloce; come accade per un piatto corde grande: maggiore ritorno elastico = più potenza. Quindi una corda tirata a 25 garantirà più controllo e meno potenza rispetto a una tirata a 22. Anche in questo caso il tutto è molto soggettivo e ogni tennista dovrebbe capire di cosa ha bisogno giocando.

Torniamo alle parole con le quali abbiamo aperto il pezzo: il mondo delle corde è vasto, forse infinito. Molti addetti ai lavori considerano la corda ancora più importante della racchetta e certamente “a parità di racchetta è la corda giusta che farà la differenza”. La via verso l’attrezzo perfetto è un processo lungo e i tennisti devono entrare nell’ordine di idee che tutto questo fa parte dello sport che praticano. Certamente dovranno chiedere consiglio al loro incordatore, spiegargli di cosa hanno bisogno e dove percepiscono le carenze maggiori del loro gioco. Qualcosa si può fare, ma fino a un certo punto, certo. C’è un punto, un momento preciso, dove l’equipaggiamento termina, talvolta drammaticamente, nelle qualità reali dell’atleta.

Jason D'Alessandro

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Tags: Corde

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