Money is the motivation […] I can’t lie anymore, I’m done with that, honesty is the best policy. It’s the light at the end of the tunnel and I just want it, as soon as I have enough money I’ll stop playing.
Destanee Aiava, classe 2000 e accolta ad inizio anno come una dei prospetti più interessanti nel panorama internazionale dopo le vittorie nei primi match WTA della carriera nei tornei di “casa” (virgolette che rimangono d’obbligo essendo nata da genitori samoani), ha rilasciato pochi giorni fa queste dichiarazioni all’interno di un ragionamento molto più profondo e personale, scatenando però dure reazioni e critiche.
Australia, la stessa terra che negli ultimi anni ha dovuto fare i conti con casi simili: Nick Kyrgios e, soprattutto, Bernard Tomic. Il secondo è quello che ancora riesce a far più notizia sotto questo aspetto “grazie” anche alla conferenza stampa di Wimbledon dello scorso luglio o la sconfitta contro Fabio Fognini a Madrid 2016 che gli fece pronunciare la frase “Ho 23 anni e guadagno 10 milioni, non mi interessa”. Nello Slam britannico, in una conferenza stampa tanto onesta (se proprio vogliamo definirla così) quanto discussa, dichiarò: “Oggi in campo mi annoiavo. Negli ultimi due anni non c’è stato nulla che possa realmente avermi motivato. Non è che non riesca a dare il mio massimo, voglio comunque provarci in qualche modo. Continuo a giocare perché faccio soldi, e andrò avanti un’altra decina d’anni perché so che così poi non dovrò lavorare”.
Al di là della franchezza delle sue parole, il desiderio di ottenere i soldi è qualcosa di puramente fine a se stesso. Soldi per non lavorare, soldi per godersi la vita, soldi per fare quello che moltissimi altri non sarebbero in grado di fare. Anche per questo, l’idea che il giocatore di origine croata abbia sostanzialmente buttato la carriera fin qui accontentandosi del minimo sindacale (in termini di risultati) e senza alcuna ambizione a migliorarsi lo ha reso un personaggio molto controverso, un profilo che difficilmente gli appassionati possono apprezzare. Si assiste ad imprese di atleti che riemergono da drammi personali combattendo anche quanto tutto sembra ormai voltarti le spalle (come Allie Kiick, malata e poi guarita dal cancro, vittima di diversi interventi alle ginocchia e rientrata a giocare dopo 3 anni), e si assiste a chi, senza preoccuparsi più di tanto, rivela che il tennis è solo uno strumento per arrivare con un buon conto in banca verso i 40-50 anni.
Se il concetto può sembrare espresso nello stesso modo, il significato racchiuso dietro alle parole di Aiava è molto diverso. Talmente all’opposto che viene molto difficile pensare sia giusto paragonare Destanee a Bernard. Quelle dichiarazioni riportate all’inizio dell’articolo sono un estratto da cui è troppo semplice trarre conclusioni: “I soldi sono la motivazione […] non posso più mentire, ne ho abbastanza, l’onestà è la via più giusta da seguire. È la luce in fondo al tunnel, e io la voglio seguire. Non appena avrò guadagnato a sufficienza smetterò di giocare”. E per quanto possa sembrare allo stesso modo schietta, già si dovrebbe intuire una differenza: sembrano pronunciate con maggior fatica, come un peso che finalmente questa ragazza (che compirà 18 anni tra qualche mese) si sta togliendo dopo anni in cui ha covato questi pensieri senza poterne parlare.
Aiava è una ragazza molto giovane e che ancora deve mostrarsi al grande pubblico, nonostante i primi successi e le oltre 300 posizioni conquistate nel 2016 che l’hanno portata nei pressi delle prime 150 del mondo. È la prima giocatrice della sua annata, un fisico potente anche grazie all’eredità dei genitori di origine samoana: il padre, Mark, è nato in Nuova Zelanda da genitori di Samoa e oggi insegna arti marziali; la madre, Rosie, è nata nelle Samoa Americane ed è stata per lungo tempo giocatrice di rugby e kickboxer. Oggi i genitori sono divorziati e Destanee, nell’intervista della discordia apparsa sul Sydney Morning Herald, ha confessato di essere la vera ancora su cui si poggia il peso dell’intera famiglia: “Sono la fonte di guadagno più importante per loro. La nostra è una famiglia di origine molto povera e devo tantissimo ai miei genitori perché mi hanno aiutato in maniera incredibile e senza di loro non avrei mai potuto arrivare fin qui. Per questo vorrei tanto poter ridare loro tutto quello che loro hanno investito per me. Tra qualche mese compirò 18 anni e il mio desiderio ora è quello di comprare un appartamento tutto per me. Fin qui sono stata abituata a vivere in una piccola casetta, per cui vorrei comprare una bella casa ad entrambi i miei genitori. Queste sono i miei obiettivi ora, e per questo sto continuando a giocare”.
Se l’idea del giocare per soldi poteva, in qualche modo, abbinare i due, qui il discorso si spezza completamente. Aiava, per quanto sembri ancora così anomalo pensare ad un professionista che compete per guadagnarsi da vivere nel senso più stretto, sta giocando per poter dare a se stessa e alla sua famiglia un futuro migliore. Forse il tennis non sarà la sua vera passione, forse lo è stato ma col tempo quel ritmo incessante, quella routine, quello stress che comporta il dover fare risultato non solo per un obiettivo personale ha spento la fiamma iniziale. È un duro contatto con la realtà, probabilmente persino lei invidia chi come Tomic afferma di aver guadagnato 10 milioni di dollari ad appena 23 anni. E magari siamo noi a sbagliarci, magari davvero non è poi così innaturale trovare gente che gioca a tennis con obiettivi diversi dal voler diventare il più forte o la più forte di tutti proprio perché ha alle spalle una storia non semplice. “Nick (Kyrgios, ndr) è stato il primo ad ammettere che il tennis non è come alle persone sembra da fuori. Sono abbastanza stufa di sentire le persone dirmi “oh chissà quanto sarà bello quello che fai…”. Quando giochi hai enorme pressione e aspettative da parte di tutti e sei da solo, è difficile”.
La differenza, una delle tante, è che mentre Aiava continua a progredire, Tomic sembra aver intrapreso la strada del tramonto.
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