Succede ogni anno, dopo lo Us Open arrivano immediatamente le semifinali di Coppa Davis – quest’anno poi si è messa in mezzo anche la Rod Laver Cup – e il tennis subisce un’involontaria flessione. I grandi appuntamenti, i quattro Slam, sono andati via, se qualcuno è ancora impegnato con la propria nazione dovrà comunque aspettare fine novembre/inizio dicembre. I big solitamente sono già qualificati al Master e resta da decidere solo chi prenderà gli ultimi posti, per fare da comprimari e avere un palcoscenico meritato in una stagione, tutto sommato, discreta.
Ci si sposta così dal duro outdoor nord americano ai campi al chiuso prima in Asia e per finire in Europa. Già il solo fatto di avere un “tetto” sopra la testa durante l’autunno ci fa respirare quasi un’aria più familiare. I campi in realtà non sono così duri, il cemento a cui eravamo abituati è ammorbidito dal tappeto di gomma che coperto resiste alle intemperie, mantiene la velocità elevata ma al tempo stesso tratta meglio anche le ginocchia dei giocatori.
Il secondo motivo per cui avere un tetto è meglio è più psicologico che fisico, non si va incontro al vento che ti sposta la palla, pioggia che fa interrompere i match in corso, anche problemi di oscurità (anche se ormai forse solo il Roland Garros mantiene questa regola). Il giocatore è più a suo agio anche nel fare il suo gioco, magari può seguire di più la palla a rete, se ha un lancio di palla molto alto al servizio può trovare riferimenti e non avere il disturbo del sole.
L’ultimo vantaggio dei tornei indoor è la collocazione in calendario, si è già accennato come tutti gli Slam siano finiti e quindi mentre i big magari centellinano le energie, per i tennisti di media classifica si apre il territorio e la stagione di caccia. Restando sui soli tornei 1000, non è un caso che nei primi sei/sette della stagione compaia sempre il nome di un Fab4, mentre magari tra Shanghai e Bercy abbiamo assistito a vittorie delle seconde linee (Davydenko, Soderling, Ferrer).
Per concludere il tennis di fine anno, quello delle ultime settimane giocate indoor, potremmo definirlo quasi meno professionale. I primi della classe mollano un po’ la presa così vediamo partite più equilibrate, un po’ tutti sono stanchi fisicamente e quindi a far la differenza in campo è proprio il gioco puro e semplice. Non si sta più troppo dietro a strategie o a match ad alto impatto fisico, si “gioca” semplicemente di più al tennis.
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