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US Open o dell’impossibilità di un pronostico

Il dritto in rete di Feliciano Lopez ha completato il tabellone degli ottavi di finale del più anomale US Open del secondo millennio. Non tanto i numeri, che pure aiutano, ma persino la strana atmosfera che sembra aver contagiato commentatori da entrambe le parti dell’atlantico stanno contribuendo a fare di quest’ultimo slam il degno compendio di un’annata particolare. Dei sedici rimasti in gara è impensabile tirar fuori un chiaro favorito a meno di non farsi guidare dalla suggestione del gran duello, quello che dovrebbe opporre, tra un paio di partite, Rafael Nadal a Roger Federer. Tra loro e quella partita ci sono ancora un paio di avversari e la vera sorpresa in fondo sarebbe che i due ci arrivassero davvero ad affrontarsi. Nadal dovrà giocare contro Dolgopolov e chissà cosa succederà. Rafa ha fin qui fallito la stagione sul cemento, perdendo malamente con Shapovalov e facendosi travolgere da un Kyrgios ispirato. Qui ha penato contro gente che francamente era improponibile, anche in un periodo un po’ così come questo. Eppure sia con Lajovic (numero 85) sia con Daniel (121) che poche ore fa con Leonardo Mayer (uno che era stato ripescato) Rafa ha avuto delle partenze terribilmente complicate. E se è vero che alla fine ha vinto abbastanza agevolmente i suoi match è anche vero che i tre non dovevano certo arrivare così vicini a creargli problemi. Con Dolgopolov la musica rischia di essere diversa e ci vorrà ben altro Nadal rispetto a quello visto in questi ultimi due mesi.  Anche perché l’ucraino ha trovato una buona settimana mettendo in mostra non solo il caratteristico gioco brillante ma anche una sorprendente solidità. Fin qui Dolgo ha vinto una partita in 5 set, la successiva in 4 e poi in 3. Considerato che non potrà vincerla in due potrebbe aspettarci un match lungo ma la sensazione è che tutto dipenda dalla luna di Dolgopolov più che da una miracolosa ritrovata condizione di Rafa.
E c’è da dire che per lo spagnolo i guai non finirebbero certo con “The Dolgo” perché al turno successivo avrebbe o Goffin o Rublev. Un Rafa convincente contro l’ucraino non dovrebbe avere problemi con Goffin, mentre con Rublev si ripeterebbero più o meno le stesse considerazioni. Con l’aggravante, per lo spagnolo, che il ragazzino russo sarebbe in piena euforia. Insomma due match complicati per Rafa.
Va un filino meglio a Federer, che comunque ha i grattacapi suoi. Magari non contro Kohlschreiber, con cui è avanti 11-0 con soli due set persi, ma sicuramente ai quarti contro Thiem o del Potro. In altri tempi sarebbe stata una partita da ricordare ma le difficoltà fisiche di uno e la lentissima evoluzione dell’altro potrebbero anche dare allo svizzero, che è sembrato un po’ meglio delle ultime uscite, dei vantaggi incolmabili. Ma sono partite che davvero possono finire in qualsiasi modo e che finiscano come tutti sperano è solo una possibilità tra le altre.

Della parte bassa del tabellone si è riso fin troppo, non del tutto a torto. Non avremo soltanto un finalista slam nuovo di zecca ma anche, Querrey permettendo, dei semifinalisti mai visti a questi livelli. E tre degli otto rimasti non hanno mai raggiunto un quarto di finale (Schwartzman, Shapovalov e naturalmente Lorenzi). Non che gli altri siano degli habitué, visto che hanno giocato i quarti al massimo due volte (Querrey, mai sul cemento, e Pouille). Capire chi vincerà questo “250” è impresa improba, e anche se Querrey, Pouille e Anderson partono favoriti chissà chi di loro vedremo ai quarti. La cosa più o meno divertente è che ci sono tante buone ragioni che servono a spiegare la sconfitta di ciascuno di loro, ma alla fine qualcuno dovrà pur vincere. Di Querrey mai così avanti in uno slam sul cemento abbiamo detto; come lui Carreno-Busta; Mischa Zverev non vinceva tre partite di fila sul cemento dall’Australian Open; Shapovalov è al suo terzo slam e non aveva mai vinto una partita prima d’ora; a Schwartzman sembrano mancare le armi fisiche per poter continuare a giocare partite così dure; Pouille non imbroccava un torneo decente da sei mesi. Al catalogo manca Lorenzi, che chissà quanto è contento di sentirsi fare sempre quei complimenti un po’ offensivi del tipo “ma chi l’avrebbe mai detto che uno così potesse giocare a tennis seriamente?” e che sarebbe clamoroso riuscisse a superare Anderson. Ecco, Kevin Anderson forse si lascia un po’ preferire, per via di questo suo progressivo miglioramento sul cemento, fermato un paio di volte solo da Zverev il piccolo e a Cincinnati, forse anche un po’ stanco, da Dolgopolov. Ora, tirar fuori un pronostico da simile guazzabuglio non è serio, quindi sediamoci in poltrona e osserviamo.

Non possiamo concludere senza dir nulla del caso Fognini, che abbiamo deciso di trattare più estesamente con le armi del sarcasmo. Parlandone seriamente crediamo sia venuto il momento di dire basta e la sensazione è che anche l’ITF ne abbia abbastanza. Ma oltre le doverose sanzioni internazionali sarebbe il caso che anche a livello locale si intervenisse decisamente. Non siamo particolarmente legati a chissà che orgogli nazionalisti ma non ci pare il caso di farsi ulteriormente ridere dietro presentando in coppa Davis un tennista che usa l’offesa e il turpiloquio sistematicamente. Se proprio nessuno è in grado di fargli capire che un campo di tennis non è una zona franca dove dei mocciosi possono fare quel che gli pare almeno si eviti di fargli indossare la maglia della nazionale. In fondo per i risultati non cambierà poi così tanto.

Roberto Salerno

Nato a Palermo, ho scritto un paio di racconti, vari saggi, circa 700 articoli di tennis, ma vado fiero solo di qualche flash, di una in particolare. Sono stato inviato non è tutto questo granché. "è favorevole ad un discorso democratico, in cui tutti parlano e poi lui spiega i motivi per cui gli altri hanno torto"

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Roberto Salerno
Tags: US Open 2017

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