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Wimbledon: Venus contro Muguruza, la finale del riscatto

Venus Williams non è numero 1 del mondo dal 2002, qualcosa come 15 anni fa. In quel periodo la statunitense divideva tutti i tornei più importanti assieme alla sorella Serena, creando qualcosa di mai visto prima a livello di “famiglia”. Le più famose sorelle della storia del tennis hanno creato un duopolio, ad inizio anni 2000, che è valso 9 Slam tra il primo anno del nuovo millennio ed il 2003.

Dal 2004 il rendimento di Venus è cominciato a calare, per quanto potesse diventare negativo raggiungere una sola finale Slam all’anno fino al 2009 (ad eccezione del 2004 e 2006). Da lì il momento più grigio, la discesa nel ranking, la scoperta di essere affetta dalla sindrome di Sjorgen che le impediva di mantenersi su alti livelli per lungo tempo durante i match. Nel 2015 è arrivata la resurrezione che ha portato, poi, ad un 2017 così straordinario: tre titoli in una stagione, come non capitava dal 2007, e progressiva risalita fino al rientro nelle prime 10 del mondo, lei che era stata anche fuori dalle prime 100 nei suoi anni più bui.

In quella stagione, il 2015, ebbe modo di confrontarsi nella finale di Wuhan, poi vinta per ritiro, contro Garbine Muguruza. Fu il loro terzo atto, dopo i due sempre di marca statunitense a Florianopolis (nel 2013) e a Auckland (nel 2014). In Cina Venus fece un grandissimo torneo, perché oltre alla spagnola (che ebbe i primi sintomi di un problema alla caviglia nel tie-break della semifinale contro Angelique Kerber) ci fu la grande vittoria ai quarti contro Johanna Konta, in quella seconda parte di stagione che per la britannica ha voluto dire consacrazione ad alti livelli, lei che era fuori dalle 150 a giugno e 3 mesi dopo era già vicina alla top-50. Non di meno, in semifinale ci fu la sfida a Roberta Vinci che si concluse in un tie-break serratissimo, con la tarantina costretta a mangiarsi le mani per un match point giocato molto male nel game precedente e che poi si è lamentata delle lunghe pause prese dalla statunitense nel gioco decisivo.

Ad ogni modo, quel torneo ha segnato sostanzialmente il rientro di Venus ad altissimi livelli, confermandosi poi negli ultimi 6 Major come unica giocatrice ad arrivare sempre nella seconda settimana. Al Roland Garros 2016, come in questa stagione, la fermò Timea Bacsinszky. A Wimbledon lo scorso anno fu Angelique Kerber a frapporsi tra lei e la finale. Allo US Open Karolina Pliskova annullò tre match point prima di imporsi al tie-break decisivo. All’Australian Open la prima finale Slam dal 2009, ora la Wimbledon la seconda finale Slam in una stagione, cose che non le capitava dal 2003.

A 37 anni Venus sta facendo qualcosa che non può essere sottostimato: giocare a questi livelli contro avversarie di 10-15-20 anni in meno è qualcosa che nessuno avrebbe più creduto possibile. A Melbourne fu anche aiutata dal tabellone, perché non trovò top-100 prima della semifinale, a Wimbledon invece i meriti sono tutti suoi. Nell’edizione numero 20 della sua carriera ha colto la nona finale e cercherà di mettere la mano sul sesto titolo. Lungo il cammino ha battuto 3 avversarie nate nel 1997 (Osaka, Konjuh, Ostapenko) e solo una di queste, la lettone, era già nata (da una decina di giorni) quando lei metteva piede per la prima volta sui campi dell’All England Club, con il viso sempre sorridente di adesso e le treccine ai capelli, ancora ignara di quello che avrebbe realizzato lungo la carriera.

Non è stato un torneo facile, cominciato con la mente distratta da quanto stava accadendo in California e l’accusa sulla coscienza di aver ucciso una persona per una distrazione alla guida. Solo nel fine della scorsa settimana si è poi scoperto che lei non ha causato l’incidente fatale a Jerome Barson e, per quanto sia drammatico quanto accaduto, è stato un enorme peso tolto dalla sua schiena. Non a caso, da quel momento ha cominciato a crescere di livello. Nei quarti di finale, contro la campionessa del Roland Garros, una prestazione fantastica soprattutto al servizio, in semifinale un’altra prova di forza contro Konta che dichiarerà: “Lei oggi ha dimostrato come gioca una delle più grandi campionesse di questo sport”.

Il titolo a Wimbledon rappresenterebbe una chiusura del cerchio, la ciliegina sulla torta di questa risalita cominciata quasi due anni fa. La proietterebbe al numero 1 del mondo nella Race, con ancora 3 mesi di stagione davanti. Dovrà gestirsi, farà forse un solo torneo prima dello US Open e limiterà anche la trasferta asiatica, ma fino ad ora ha centellinato benissimo gli impegni. Chissà che non riesca a vincere il primo Major dopo 8 anni e tornare leader della classifica dopo 15.

Dall’altra parte della rete una rediviva Garbine Muguruza. Gli ultimi 13 mesi della spagnola sono stati terribili e la vittoria al Roland Garros ha avuto un impatto devastante sul suo rendimento. Solo all’Australian Open e al Roland Garros ha raggiunto la seconda settimana (perdendo sempre agli ottavi) e mai ha messo piede in finale a livello WTA. Di più, ha giocato appena 2 semifinali da allora: Cincinnati, perdendo malamente da Karolina Pliskova, e Roma, quando si ritirò contro Elina Svitolina. 5 ritiri a partita in corso, 4 nel 2017. Un 6-0 6-1 preso da Barbora Strycova non più di 3 settimane fa. Serviva una scossa, quella che è arrivata negli ottavi a Wimbledon contro Angelique Kerber. In una delle tante partite appassionanti del tabellone femminile, si è rivista la Muguruza che aggredisce e va avanti, levando campo e tempo all’avversaria. Da lì è stato un altro torneo per la spagnola, che si è imposta poi comodamente su Svetlana Kuznetsova e Magdalena Rybarikova. Difficile dire se sia effettivamente rientrata, ma grazie a questi 1300 punti intanto rientra tra le prime 10 del mondo.

In questa settimana la spagnola è seguita da Conchita Martinez, Sam Sumyk non è nel suo angolo per la prima volta da Wuhan 2015, ma non è questo il cambiamento che l’ha riportata a fare bene: “Ho lavorato tanto negli ultimi anni, non credo che sia un elemento magico ad avermi riportato in finale”. Conchita Martinez che, tra l’altro, è stata la trionfatrice di Wimbledon nel 1994, anno dell’ultima finale ai Championships di Martina Navratilova. Curiosamente, quest ultima è anche la finalista più vecchia prima della stessa Venus.

L’ultimo loro confronto risale ai quarti di finale a Roma, quando si impose la spagnola (primo e unico successo) e oggi vanno a caccia di un trofeo che per entrambe ha un’importanza enorme, anche se Venus ne ha già 5 da parte. Vincerlo a 37 anni, dopo tutti gli anni bui e le difficoltà, sarebbe forse il sigillo alla carriera destinata a passare alla storia.

Redazione

La redazione di Ok Tennis è formata da rappresentanti di tutte le minoranze tennistiche esistenti al mondo. Inoltre, è conforme alla Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen emanata il 26 agosto 1789.

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