E’ un Marin Cilic più espansivo del solito quello che oggi ha giocato e vinto sul Centre Court dell’All England’s Club.
Una semifinale a Wimbledon non l’aveva mai giocata ma ci era arrivato a tanto così lo scorso anno, rimontato da cuor di leone Roger Federer.
Urla anche quando sbaglia, perché oggi anche a causa della sua emotività mai nascosta è meno preciso del solito: in tutto il torneo invece aveva sempre dato l’impressione di contenere impassibilmente tutte le contromisure trovate dagli avversari.
Sam Querrey è uno dal tennis semplice, pochi fronzoli. Servizio e dritto, qualche rovescio ad aprirsi il campo, da giocare a chiudere da metà campo; ogni tanto una volée di buona fattura ma mai qualcosa di diverso dal suo classico repertorio, che fin qui è bastato per arrivare a questo punto dove tanti non sono ancora arrivati: tanti giovincelli pretenziosi, per esempio.
Il tennis del croato è invece qualcosa di più gradevole anche se ha molto di quell’essenzialità che serve sull’erba. Migliorato ancora di più da fondo e nella risposta, cambiato negli ultimi anni quel lancio di palla che serviva a poco sul servizio, la convinzione è arrivata dai risultati raggiunti: da quello US Open e anche dal MS1000 conquistato lo scorso anno a Cincinnati in finale contro Andy Murray.
La lotta è serrata anche se non esaltante, viste le caratteristiche simili dei duellanti, entrambi al cospetto di un’occasione da cogliere.
Ma sull’erba, si sa, bastano pochi attimi e vai sotto: succede questo a Cilic quando nel Tie-break smarrisce una prima, tira un rovescio largo, poi un altro. E lì tutti pronti ad accusare la mancanza di cinismo nel momento opportuno, tutti a ricordare il quarto di finale perso un anno fa e il match di coppa Davis contro Juan Martin Del Potro in finale.
I desideri di Cilic però sono più forti perché fallire va bene anche per provarci di nuovo.
E non rifarlo più.
Dopo gli US Open del 2014, il croato ci riprova. Federer o Berdych, le ambizioni non cambiano.
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