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Wawrinka è un martello, Murray crolla alla distanza

[3] S. Wawrinka b. [1] A. Murray 6-7(6) 6-3 5-7 7-6(3) 6-1 (Gianluca Atlante)

Un animale da terra rossa, di quelli che se la mangiano: anzi, la divorano. Stan Wawrinka è questo ed altro ancora e sul viale alberato del Bois de Boulogne, lì dove in molti hanno fatto la storia, lui ha tirato fuori, nel momento del bisogno, la potenza esplosiva dei propri colpi, incurante del fatto di avere sul groppone già quattro ore di gioco: un animale tennistico come pochi: 6/7 6/3 5/7 7/6 6/1 in quattro ore e trentaquattro minuti per la quarta finale Slam della carriera, la seconda al Roland Garros. Siamo partiti dalla fine, consentitecelo, per raccontarvi della prima semifinale maschile a questo Slam parigino, replica di quella dello scorso anno, tra lo svizzero non più all’ombra di “Sua Maestà” Roger Federer e il numero uno del mondo, Andy Murray, finalista lo scorso anno sconfitto da un Djokovic persosi nel tempo.

Questa, però, è un’altra storia. Quella del primo pomeriggio parigino, parla di una battaglia di colpi infiniti, di randellate di dritto e rovescio degne delle migliori rappresentazioni pugilistiche. Hanno fatto a cazzotti i due, come Rocky Balboa e Apollo Creed. Se le sono date di santa ragione, dal primo all’ultimo punto. Con Stan a rincorrere Andy, sempre e comunque. Con lo svizzero, perso il primo set al tie break e sotto 3-2 nel secondo, a mettere insieme, come il più feroce dei felini, sette giochi consecutivi, volando, dopo il 6/3 del secondo parziale, 3-0 nel terzo. Ce ne vuole, però, per stordire il numero uno del mondo, che non sarà quello dello scorso anno, ma che oggi, da quel momento in poi e sino al tie break del quarto set, si è ritrovato, eccome se lo ha fatto. Finendo con il giocare il suo miglior tennis quando l’ago della bilancia sembrava pesare più dalla parte di Wawrinka. Il 7/5 di Murray, a quel punto, sembrava un inno alla gioia d’oltremanica.

Se, vabbè, pare vero. Con Stan l’animale da terra battuta, non c’è assolutamente nulla di scontato. Tantomeno il decidere, anche fosse un secondo prima, dove guardar viaggiare il suo meraviglioso rovescio: roba da favola. Come il tie break del quarto set, vinto sette punti a tre senza colpo ferire. Apripista di un bombardamento che di lì a poco avrebbe demolito le speranze del campione britannico. Uno, due, tre, quattro, cinque giochi a velocità supersonica. Pallate vere e proprio, “comodini” tirati da una parte all’altra con il povero Andy a subire: tanta roba signori. Poi una piccola pausa di riflessione, un sesto gioco donato al dirimpettaio di turno quasi da copione e via di corsa verso il 6/1 finale condito, come la più buona della pietanze, con la spezia giusta: un rovescio lungolinea da antologia: chapeau monsieur Wawrinka. La finale è servita, su di un piatto d’argento. La quarta Slam, con le prime tre tramutate in vittoria. E qui a Parigi, nel 2015, è già successo.

Gianluca Atlante

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Gianluca Atlante

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