Di tutto si può dire di Gilbert tranne che sia uno che la tocchi piano.
Il suo “i 10 titoli di Nadal al Roland Garros sono più impressionanti dei 18 slam di Federer” ha letteralmente scatenato un putiferio.
Apriti cielo. Federeriani orripilati se non scandalizzati, Nadaliani esaltati e aizzati a rivalutare la propria supremazia dopo l’affronto australiano; tifosi che da ambo le parti riaprono la gara al GOAT re dell’universo e numeri che secondo molti andrebbero capovolti, stravolti, riordinati e chi ne ha più ne metta. E tutto questo malgrado a dare tale opinione non sia stato proprio il Santo Padre (sempre che questi poi capisca di tennis)…
Premesso che quanto raggiunto dallo spagnolo è qualcosa di mostruoso e forse irripetibile nella storia del tennis e rispettando sempre il principio che chiunque è liberissimo di avere la propria sacrosanta opinione, può venire quanto meno da chiedersi come mai possa essere ritenuto così errato, se non per taluni addirittura assurdo, che l’impresa di Nadal possa venire riconosciuta superiore a quella di Federer. Lo scopo questo articolo è cercare di capire i motivi secondo i quali il teorema gilbertiano sembra essere azzardato.
1. Partiamo da un semplice fattore matematico. 10 non potrà mai essere maggiore di 18. Banale, ma pur sempre giusto. Non si può fare di un numero una supremazia assoluta, specie se l’altro ne vale quasi il doppio. Si parla in fondo dei 10 successi parigini di Nadal e non del computo slam, altrimenti si rischia di confrontare nel modo più errato possibile pere con mele. Forse l’opinione di quel 10 è influenzata dal fatto che Nadal abbia comunque vinto un totale di 15 slam (numero sì più vicino a quel 18) ma se allora dobbiamo confrontare il palmares nella sua composizione, il federeriano doc potrebbe tranquillamente mettere sul piatto i 5 successi in 3 diversi slam o i 5 Wimbledon e US Open consecutivi. Quindi, fino a prova contraria di un nuovo rivoluzionario ordine numerico, 10 slam, per quanto dello stesso tipo, saranno sempre meno di 18. E sempre restando fedeli ai numeri, 18 slam sono pur sempre 56 partite (di cui 8 finali) in più vinte sul groppone…
2. 18 slam, spalmati poi su più superfici o in più tornei diversi, implicano maggiore completezza rispetto a 10 vinti su un solo terreno. Vincere in continenti diversi e in tornei più o meno diversi uno dall’altro dovrebbe essere in teoria più difficile che vincere sempre lo stesso torneo. In tal senso, paradossalmente proprio l’incredibile e straordinaria forza e aura di Nadal su terra battuta nel corso degli anni lo ha portato spesso a poter vincere a Parigi ancor prima di giocare il Roland Garros. Chiariamoci, non è colpa sua e questo non ne sminuisce affatto le doti, né rende inferiore il suo risultato, ma in un certo senso gli ha anche involontariamente facilitato le cose. Il fatto che invece passando da uno slam all’altro, di volta in volta, nuovi possibili outsider potessero ostacolare la corsa di Federer, rendono il fatto di aver vinto 18 tornei slam un traguardo ben più difficilmente raggiungibile rispetto ai 10 Rolandi vinti da Nadal. Senza contare che mentre una volta su alcune superfici si vinceva solo di talento, oggi la fatica che si fa sul cemento è praticamente pari a quella fatta su terra. Morale della favola: lo sforzo per arrivare a trionfare 18 volte non può che essere quasi il doppio di quello fatto per 10.
3. La superficie in sé per sé: non potevamo farne proprio a meno. Perdono. Si è parlato allo sfinimento di omologazioni e standardizzazioni avvenute da 12-13 anni a questa parte. Sempre tenendo presente che con tutta probabilità, omologazioni o meno, Nadal sarebbe comunque diventato il più grande terraiolo della storia dal Medioevo a oggi, occorre forse anche far notare che la terra di Parigi sia quella che meno ha subito variazioni rispetto alle altre superfici slam (fatta eccezione per il cemento australiano di quest’anno). Il Roland Garros è diventato sì un po’ più veloce, ma il gioco su terra è sempre rimasto lo stesso. Si gioca da fondo, gli scambi sono lunghi ed estenuanti, vince chi fa meno errori. Differentemente gli altri slam si sono avvicinati, pur mantenendo alcune delle loro caratteristiche, a questa superficie come tipologia di gioco: si gioca prettamente da fondo, il serve&volley è estinto, le partite (come già detto) durano il doppio.
4. L’estinzione dei terraioli: tutto questo ha portato da un lato i tennisti a giocare tutti alla medesima maniera (certamente più simile a un Roland Garros che a uno Wimbledon anni ’80) e dall’altro alla sparizione dei cosiddetti specialisti. Una volta a Parigi avevamo insieme Kuerten, Kafelnikov, Muster, Bruguera, Costa, Chang, Corretja, Mantilla, Berasategui. Oggi oltre a Nadal resta un barlume di Ferrer (e ormai manco quello) e poco altro. I veri terraioli non ci sono più e i rivali di Nadal sono sempre quelli che dominano anche sulle altre superfici. Ovvio che da maestro qual è abbia meno “concorrenza” sul suo piano. I nadaliani potranno sempre ribattere che come non esistono più i terraioli non ci sono più nemmeno gli erbivori: verissimo. Non bisogna dimenticare però che essendo l’erba comunque più veloce della terra, tale superficie si abbina meglio alle caratteristiche del 90% degli altri giocatori rispetto alla terra rossa, rendendo la possibilità di sorprese maggiore. In sostanza, un Querrey, un Brown, un Kyrgios appena nato, uno Zverev o un Cilic potranno sempre fare lo scherzetto a un top player a Londra, New York o in Australia, ma sorprendere Nadal a Parigi, giocando come sei abituato a fare negli altri 9 mesi dell’anno, può accadere solo in condizioni quanto meno particolari. In questo senso vincere a Parigi dieci titoli difficilmente può essere “più impressionante” di vincerne 18 su tutto il globo e con insidie, se non maggiori, almeno più diversificate.
In sostanza, nessuno vuole sminuire quel 10 raggiunto alla casella Roland Garros. Il numero fa impallidire solo a pensarlo. Roba da stellina accanto al toro stilizzato sulle scarpe o da monumento storico. Solo che prima di affermare che quel 10 valga più di 7 Wimbledon, 5 US Open, 5 Australian Open e un Roland Garros messi insieme, forse sarebbe bene pensarci due volte.
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