Parlare di Eugenie Bouchard non è facile. Ragazza che ha avuto (quasi) tutto quello che una come lei a 19-20 anni potrebbe sperare: lunga serie di risultati importanti, 2 semifinali Slam consecutive seguite da una finale (a Wimbledon) ed inframezzate dal primo alloro WTA a Norimberga, una fama pressoché immediata frutto anche di un fisico considerato molto attraente dai più e che le ha garantito uno “star power” di primissimo livello traducibile con nomea, contratti e visibilità continua. È stata la seconda atleta delle ultime 36 debuttanti in top-10 ad impiegare meno tempo per infrangere questo limite dopo essere entrata in top-100, dietro solo a Maria Sharapova.
Eppure, 3 anni dopo questo ingresso importante nel tennis delle prime linee, della canadese non fa altro che riprendere e ricordare i suoi exploit per rafforzare (nei suoi tifosi) la speranza che prima o poi possa riprendere a macinare gioco e risultati. Lei a parole ci crede fermamente, oggi come ieri. Anche escludendo però il 2015, anno segnato in maniera fin troppo negativa dalle numerose sconfitte da Antwerp, inizio febbraio, e dal tutt’ora misterioso incidente dello US Open, il trend rimane comunque piuttosto pesante. Dall’Australian Open 2016 la canadese ha perso 27 partite delle 59 giocate (escluse le 2, vinte, nelle qualificazioni a Cincinnati).
La sconfitta patita all’esordio del torneo WTA International di Acapulco da Ajla Tomljanovic, assente dal circuito WTA da gennaio 2016 e senza vittorie da settembre 2015, è l’ennesima dimostrazione di una situazione che ora cerchiamo di illustrare.
Delle 27 sconfitte di cui si accennava, quasi il 50% nascono da situazioni in cui la ex numero 5 del mondo aveva un vantaggio piuttosto chiaro e si è fatta recuperare.
In 8 dei 12 esempi c’era un break di vantaggio nel primo set, che nel femminile potrebbe essere considerato non un dato troppo rilevante ma nel momento in cui il fenomeno si ripete con una certa frequenza va comunque segnalato. In una circostanza era 3-1 e servizio, quindi a partita comunque “giovane”, mentre negli altri 7 casi ci sono situazioni di: tre 4-1, due 4-2, due 5-3 (le ultime 4 con servizio a disposizione). Nei restanti 4 incontri, in una circostanza è stata avanti di un set e di un break (contro Kristina Kucova a Montreal, 6-3 3-2), in altre due ha avuto un break importante nel corso del set decisivo: prima contro Elina Svitolina nella finale di Kuala Lumpur 2016 (dal 5-4 e servizio vincerà solo 5 punti dei successivi 19 giocati fino al 7-5 per l’ucraina) poi contro CoCo Vandeweghe nel terzo turno degli Australian Open 2016 quando era avanti 4-2 e non sfruttò 4 occasioni per un nuovo break sul 4-4 perdendo complessivamente 5 degli ultimi 6 giochi. L’ultimo caso è quello che un po’ si stacca dal contesto, perché il 3-0 di vantaggio nel secondo set contro Anett Kontaveit a Linz seguiva, unico caso, un primo set perso (al tie-break).
Entrando un po’ più nel dettaglio, in almeno 6 delle 8 sconfitte maturate da un break di vantaggio nel primo set si possono trovare ulteriori similitudini:
Il dato è pesante, perché mostra come sia evidente un crollo nel momento in cui l’avversaria rientra in gioco. Le partite contro Zheng e Tomljanovic non sono state lineari anche prima del momento chiave, con tanti break accaduti da un lato e dall’altro, ma alla fine era sempre lei a crollare. Non di meno, il record di Bouchard in tutta la carriera fino ad oggi nelle partite vinte recuperando un set di ritardo è molto negativo: appena 13 vinte su 86 disputate, percentuale del 15%. Dato che viene rimarcato anche dai numeri delle sue 2 stagioni più positive, 2013-2014: 5 vinte su 17 nel primo caso (29%) e 4 vinte su 21 nel secondo (19%). In stagione siamo già a 4 perse su altrettante giocate. Numeri che al momento sembrano non prevedere troppo di buono.
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