Tante volte succede di dare per “morto” un giocatore o una giocatrice. I grandi campioni, soprattutto. Loro al primo calo, e con l’andare avanti del tempo, cominciano a guardarsi intorno e sentire la stampa o i tifosi che come un disco rotto ripetono: “ormai è finito – non ha più senso che lei continui”. Ebbene, regolarmente finiscono per smentirci, a tutti quanti.
Roger Federer è dal 2008 che si diceva fosse arrivato alla fine del suo periodo d’oro, poi ad inizio 2017 è ancora lui ad imporsi in un torneo Slam. Serena Williams nel 2010 ha perso il numero 1 del mondo WTA nella settimana del torneo Premier Mandatory di Pechino a discapito di Caroline Wozniacki, da lì ha vissuto momenti difficili come il misterioso infortunio al piede maturato poco prima dello US Open 2010 e che l’ha costretta a saltare lo Slam di casa.
La campionessa americana dichiarò al tabloid statunitensi di essersi sottoposta ad un intervento chirurgico per ricomporre un tendine che si era lacerato nella parte alta del piede destro. E’ andata sotto i ferri il 15 di luglio alla Kerlan-Jobe Orthopaedic Clinic di Los Angeles, ma una settimana prima le avevano dovuto applicare 12 punti di sutura su un piede e 6 sull’altro (sia sulla pianta che sul dorso) visto che si era tagliata con i resti di una bottiglia rotta (pare fosse una bottiglia di birra):
“Sono tornata negli Stati Uniti dopo essere stata in Germania e in Belgio e sapevo che c’era qualcosa che non andava. Il ditone del piede si era afflosciato. Così ho pensato: ‘Non può penzolare in questa maniera’. Sono andata a New York da uno specialista che mi ha detto che il mio tendine si era strappato. Non dovevo necessariamente metterlo a posto, ma in quel caso avrei avuto il dito ciondolante per il resto dei miei giorni. Ci ho pensato su e ho deciso che era meglio procedere con l’intervento per la mia salute e per la mia carriera“.
Al termine, un nuovo grave problema: embolia polmonare. Ad inizio marzo 2011 il ricovero d’urgenza in ospedale a seguito del trattamento di un ematoma. All’inizio si parlava di un anno di stop, poi i tempi si sono progressivamente ridotti. È rientrata già con l’inizio della stagione su erba, per poi fare finale (persa) allo US Open.
Un anno dopo la scelta di prendere Patrick Mouratoglou come coach e da lì la lunga rincorsa al numero 1 del mondo, culminata il 15 febbraio 2013 nel deserto di Doha, con il successo per 6-3 6-7 6-3 ai danni di Petra Kvitova nei quarti di finale. Finirà per perdere quel torneo, a favore di Victoria Azarenka nell’atto conclusivo, ma quel traguardo passerà anche alla storia come la più anziana a diventare numero 1 nella storia del tennis femminile.
Ka striscia di tornei vinti fino a fine 2016, quando ha ceduto il posto ad Angelique Kerber, è stata impressionante: 5 tornei vinti di fila da Miami a Parigi, altri 5 su 6 finali da Bastad in avanti (l’unico ko ancora contro Azarenka in finale a Cincinnati), 7 successi nel 2014, altri 5 nel 2015, 2 nel 2016. Soprattutto, una sensazione di dominio spesso incontrastato.
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