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Fedal: una notte al museo

Le opinioni dei tifosi sono concordi nello stabilire che mai e poi mai qualcuno si sarebbe aspettato di vedere Roger Federer in finale in questi Australian Open, probabilmente nemmeno lo stesso svizzero. Federer non si è praticamente mai visto in campo nel 2016, a causa di un ginocchio capriccioso e un rientro del genere è arrivato del tutto inatteso. Si ritrovava a dover difendere i tanti punti accumulati con la semifinale dell’anno precedente e le premesse erano nere. Una sconfitta nel momento sbagliato avrebbe relegato Federer al numero 31 del ranking, rischiando di entrare così nel problematico loop della scalata della classifica, in cui non c’è una testa di serie a impedirti di incappare subito nei più forti. Essendo più concreti, sarebbe stato sotto gente del calibro di Albert Ramos e Pablo Carreno-Busta, una catastrofe. Ha giocato di più Rafael Nadal lo scorso anno, anche se non con grandi risultati. Lo spagnolo, dopo la clamorosa stesa rimediata nella finale di Doha contro Novak Djokovic, sembrava esser rientrato a livelli altissimi durante la stagione sul rosso, fino a che il polso non lo aveva costretto al ritiro. Ha scelto poi di giocare i Giochi Olimpici, decretando quindi un aggravarsi della sua situazione, che non gli ha permesso di competere al meglio. Tante brutte sconfitte e poi il completamento dell’ecatombe, ovvero il forfait al Master. Il 2016 è stato l’anno di varie prime volte per il tennis, il primo Slam senza Federer (Roland Garros) e il primo Master senza nessuno dei due. Il mondo tennistico ha comunque imparato dai passati rientri dei due a non sbilanciarsi in struggenti epitaffi e si è quindi limitato ad un discreto scetticismo. Non che i due fossero dati totalmente per finiti, ma immaginarli entrambi in forma nello stesso torneo, essendo privati delle due teste di serie più nobili (Federer 17, Nadal 9), con il tabellone che ne conseguiva, era veramente compito arduo. I loro tifosi, da sempre acerrimi nemici, avevano addirittura cominciato a fraternizzare ai danni di quel serbo, che non perdeva mai occasione di prenderli a pallate. Tra le sconfitte più dolorose, non tanto per punteggio ma per il senso di impotenza trasmesso, quella di Federer a Wimbledon e di Nadal al Roland Garros, entrambe nel 2015. Ci si sono messi anche Rafa e Roger a trarre in inganno i propri tifosi, interpretando alla perfezione il ruolo degli ex tennisti. Federer con le sue sfide social e Nadal con l’inaugurazione della sua accademia. Non quindi una tregua tra i due team, quanto un armistizio. Un cessate il fuoco definitivo, caratterizzato dal riconoscimento del valore di entrambi questi ragazzi stagionati avviati placidamente verso il viale del tramonto. Ciascuno schieramento stava ad augurare a quello opposto di vedere il proprio beniamino tornare a trionfare in patria. Roger sull’erba, Rafa sul rosso. Tutti la pensavano allo stesso modo: questi due hanno già dato il meglio e l’unico modo per rivederli giocare opposti in una finale Slam è andare su YouTube, una sorta di museo virtuale. Pensavamo di trovarci davanti a due semplici statue dunque, ma entrambi hanno fatto di tutto per dimostrare il contrario ed effettivamente ci sono riusciti. Sono arrivati all’atto finale calpestando quella che per loro è la più ambigua tra le superfici, il cemento. In un attimo, tutte le precedenti trattative tra le due fazioni sono cadute nel nulla, tutte le comunicazioni interrotte. Il cemento è campo neutro, come giocare con lo stadio vuoto. Lo stadio però sarà pieno, anzi stracolmo data l’importanza di ciò che succederà. Il grande pubblico quindi esulta, felice di poter riammirare quelle geometrie ormai così ben definite, i ganci di Rafa, i rovesci in anticipo di Roger e la continua sfida a chi sarà in grado di giocare per primo un dritto aggressivo. È senza dubbio la maggioranza a gridare al cielo la propria gioia, ma vi è anche una minoranza che non vede di buon occhio tale conclusione. “Se il tennis propone una finale del genere vuol dire che siamo proprio alla frutta” è la frase che riassume al meglio questa corrente di pensiero, con tutta l’impopolarità che ne consegue.
È indubbio che la finale di domani non rappresenti un passo in avanti per il tennis, ma non ci si può certamente continuare a lamentare. Djokovic ha stancato, Murray perde sempre e Federer e Nadal sono vecchi. Probabilmente, il sogno di chi continua a portare avanti queste tesi è assistere ad una finale tra Florian Mayer e Dustin Brown, o tra Zverev e Kyrgios, ma la prima sembra difficilmente realizzabile e la seconda da collocare in un prossimo futuro. Il presente è però chiaro e oggi dice Fedal. Che si plachino dunque i detrattori e che riprendano fiato le tifoserie per quella che potrebbe essere forse l’ultima finale Slam tra questi due campioni. Godiamoci questa notte al museo.

Aldo Cutaia

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