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Federer alla ricerca del tempo anticipato

anticipo [an-tì-ci-po] n.m.- pl. -i
1. anticipazione; il tempo di cui qualcosa è anticipato (battere sull’anticipo, giocare d’anticipo, in una competizione sportiva, precedere l’azione dell’avversario) in generale, prevenire l’azione di un avversario, di un concorrente.


4. nel tennis, colpo dato alla palla quando rimbalza da terra ed è ancora in fase ascendente.

Facciamo conto di aver già snocciolato tutti i fantasmagorici numeri della carriera di Roger Federer, lasciamo stare il servizio, i colpi classici, l’eleganza o quant’altro vi venga in mente e puntiamo l’attenzione su questo sostantivo in relazione alla partita di oggi.
Ma l’avete visto come gioca? Provate voi la domenica al circolo, soprattutto se siete tennisti di discreto livello. Avvitatevi con le suole alla riga di fondo e cercate di colpire sempre in fase ascendente.
Poi fateci sapere quante palline sono scomparse oltre la recinzione…
Ma non avvilitevi, il segreto dell’anticipo si padroneggia solo dopo una via lunga e perigliosa. Don Budge, il primo GrandSlammer, ricorda nella sua biografia il momento esatto nel quale ne comprese l’importanza. Stava arbitrando un match di esibizione fra gli allora pro Ellsworth Vines e Fred Perry e dall’alto del seggiolone capì finalmente perché l’inglese al terzo scambio sbatteva regolarmente l’avversario fuori dal campo. E si trattava di uno dei cinque migliori giocatori di tutti i tempi… Fred era stato campione del mondo di ping-pong a diciott’anni e il suo tennis aveva conservato naturalmente il colpo d’occhio, i riflessi e l’abitudine a ribattere immediatamente dopo il rimbalzo. Dopo quel giorno Don passò un intero inverno ad allenarsi al nuovo stile ed è lui stesso a raccontare che per i primi tempi le palline decollavano all’orizzonte senza toccar terra. Quindi siete in buona compagnia.
Oggi Roger ha vinto così. Per i primi due set non ha semplicemente lasciato il tempo a Wawrinka di preparare i suoi colossali colpi di rimbalzo. I più potenti del circuito. Certo, bisogna essere Federer per ribattere in controbalzo le mine di Stan, ma se ci soffermiamo su questo è finita.
È il concetto che conta, e non si tratta della scoperta dell’acqua calda perché molti campioni, da Cochet a Laver fino a McEnroe e Agassi hanno già mostrato la via.
Si tratta di fare una scelta. Una scelta fra essere ed apparire.
Fate come il porcellino saggio, sudate, faticate e costruite la vostra casa in mattoni. Ed un bel giorno, nel torneo del circolo, quando vi accorgerete che quel gigante al di là della rete è un burattino nelle vostre mani sarete ripagati.

Con gli attrezzi di oggi e se il fisico ci aiuta tutto sommato non ci vuole molto a costruirsi un paio di colpi potenti e credersi Raonic. Se vi accontentate.
Altra cosa è allenare cervello, colpo d’occhio, riflessi e volontà ad andare contro la ragione apparente, che ci spingerebbe ad attendere il momento più comodo per colpire. Ci vuole tempo e una corazza resistente contro lo sconforto ma la strada è quella. Non lasciatevi ingannare da prime palle fotoniche o drittoni perforanti, guardate la luna e non il dito che la indica. Il tennis è un gioco per pensatori veloci, per chi è capace di intuire prima quel che sta per accadere. E in fondo è anche un modo per averla vinta sul tempo che passa. Forse è per questo che Roger alla sua veneranda età sembra ancora un ragazzino. Con tutte le frazioni di secondo che ha rubato in carriera giocando a quel modo una decina di anni li ha risparmiati di sicuro.

Raffaello Esposito

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