È un sabato strano a Wimbledon, la pioggia è stata la protagonista indiscussa della prima settimana dei Championships e domani si giocherà: è la quarta volta che il riposo di metà torneo viene violato, l’ultima volta era accaduto nel 2004. Ci deve pensare Novak Djokovic a riportare la normalità sui prati londinesi, replicando la performance del 2015 quando negli ottavi – dopo l’interruzione per oscurità del match contro Kevin Anderson quando il serbo era sotto di due set – al rientro in campo il giorno successivo aveva riavviato il RoboNole ed aveva ripreso la marcia verso il suo terzo titolo a Church Road. Un anno dopo, un turno prima, la situazione è la stessa. L’illuso da deludere è Sam Querrey, uno dei big server della scuola statunitense che nel 2012 si era tolto la soddisfazione battere Nole, a Bercy.
Il programma del venerdì aveva previsto che la testa di serie numero 1 e campione in carica dovesse giocare sul campo numero 1, il centrale era per il vero padrone di casa. Sarà stata sgradita la programmazione, o semplicemente Nole era incappato in una delle sue giornate storte, fatto sta che è lì frastornato sotto le fucilate di Querrey e, dopo aver perso il primo set al tie-break, nel secondo viene travolto da un eloquente 6-1. Ci risiamo, sotto di due set e nessun colpo in canna da sbaglaire a questo punto, ma il Nole visto in campo non sembra avere la mira così precisa oggi. E ci risiamo, arriva la sospensione, questa volta per pioggia, quella pioggia che se avesse giocato sul centrale, e così, non lo avrebbe salvato se non per pochi minuti, il tempo necessario a chiudere il tetto. Niente da fare, il programma di giornata sul campo numero 1 finisce qui, si riprende domani, stesso prato e sicuramente stessa rimonta, impossibile che Novak incappi in due giornate nere consecutive. E la ripresa delle ostilità al sabato era l’assoluta conferma, Djokovic scappa quattro a zero, un po’ di pioggia e qualche distrazione ma il terzo set è in cascina, anche Querrey forse non ci crede più. L’unico che può sconfiggere Novak Djokovic è però proprio Novak Djokovic. Ed è il suo stesso fantasma a mandare alle ortiche il quarto set nel quale ha costruito e sprecato l’impossibile, fino al decisivo tie-break giocato in maniera non meno dissennata.
Le due giornate nere consecutive erano arrivate, potevano essere un campanello d’allarme ma anche no. Che si può dire ad un giocatore sicuramente appagato per aver ha coronato nemmeno un mese prima il suo sogno parigino inseguito da anni? A colui che deteneva in contemporanea i quattro titoli dello Slam, con un dominio che andava ben oltre gli ultimi dodici mesi? Ma sì, probabilmente era soddisfatto, l’obiettivo più grande era stato raggiunto, stacchiamo la spina un attimo e prepariamoci per le Olimpiadi, l’ultimo tassello mancante. E il cammino riprende con la conquista del Masters 1000 del Canada, ultima parentesi gloriosa della stagione 2016, dove comunque ha conquistato 2 Slam e 4 Masters 1000. A Rio il sogno Olimpico viene infranto sùbito, al primo turno, dal un redivivo del Potro e Nole esce in lacrime per quella che definisce “forse la sconfitta più dura della sua carriera”, del resto le Olimpiadi non si giocano ogni anno. E il campanello d’allarme che non si era acceso dopo Wimbledon viene attivato. Cincinnati salta per un problema al polso, allo US Open arriva sì in finale ma con più ritiri per strada di quelli che ha trovato Murray negli ultimi due tornei. Nella finale contro Stan the Man a Flushing Meadows è tutt’altro che favorito, ci pensano le unghie a completare una condizione psico-fisica in netto calo.
Ma adesso è chiaro, l’hardware di RoboNole è sicuramente acciaccato, ma il problema è il sofware, c’è qualche virus in giro. Partono tutte le speculazioni del caso: dalle scappatelle con annessi presunti problemi coniugali all’incognita coach, fino ad attribuirgli l’affiancamento di un guru. Certo la seconda parte di stagione, quella in cui tutti arrivano stanchi mentre lui aveva brillato per una freschezza dirompente, è per i suoi standard un disastro: gioca solo a Shanghai e Parigi, dove rimedia le prime sconfitte in carriera da Bautista-Agut e Cilic, sempre battuti in passato, rispettivamente 5 e 14 volte. E a Parigi arriva anche il sorpasso di Murray in cima al ranking.
Il ranking è impietoso, sono i numeri della migliore continuità degli ultimi dodici mesi e sicuramente Murray ha dimostrato quest’anno di restare ad alto livello da gennaio a novembre. A suo favore giocano anche i punti di due tornei in più (un 500 ed i punti della Davis 2015) giocati rispetto a Djokovic (anche se i montepremi in stagione di Djokovic sono superiori di circa 400.000 euro). Ma nei testa a testa, anche in stagione Djokovic è avanti per 3-1, con l’unica sconfitta nella finale di Roma, quando il serbo, anche stanco per la semifinale finita a mezzanotte contro Nishikori, probabilmente ha voluto mischiare le carte per non arrivare da favoritissimo al suo appuntamento con la storia a Parigi. Ed è dalla finale di Parigi che i due non si incontrano.
Il sorteggio delle Finals di Londra per Djokovic è stato sicuramente benevolo, avendolo collocato in quello che molti hanno chiamato il “walking dead group”, con Thiem a corto di benzina e Raonic e Monfils con i cerotti. E con tutti e tre Djokovic ha un percorso netto a livello ATP, l’unica sconfitta l’ha rimediata da Monfils in un Future nel 2004. E solo i fantasmi delle prime volte (Bautista e Cilic insegnano) o il fantasma di Lendl, al quale il suo gruppo è dedicato, possono tenerlo lontano dalle semifinali.
Sarebbe bella una finale con Murray, e perché lo scontro diretto con lo scozzese potrebbe far ritrovare a Djokovic la verve perduta e perché il campo decreti chi è il numero 1 del ranking . In estate a Nole Parigi ha dato e Londra ha iniziato a togliere, in autunno Parigi ha tolto e magari Londra gli rende il trono e la voglia di giocare.
Ranking: 2
Slam: vittoria agli Australian Open, vittoria al Roland Garros, terzo turno a Wimbledon, finale agli US Open
Titoli: 6 (Australian Open, Indian Wells, Miami, Madrid, Roland Garros, Toronto)
Finali: 2 (Roma, US Open)
Partecipazioni alle Finals: 9
Miglior risultato alle Finals: Titolo 2015, 2014, 2013, 2012, 2008
Precedenti con gli altri tennisti del girone
Djokovic-Thiem 3-0
2016 Roland Garros, SF, Clay, Djokovic: 6-2 6-1 6-4
2016 Miami, R16, Hard, Djokovic: 6-3 6-4
2014 Shanghai, R32, Hard, Djokovic: 6-3 6-4
Djokovic-Raonic 7-0
2016 Madrid, QF, Djokovic 6-3 6-4
2016 Indian Wells, F, Djokovic 6-2 6-0
2015 Australian Open, QF, Djokovic 7-6 6-4 6-2
2014 Parigi-Bercy, F, Djokovic 6-2 6-3
2014 Roland Garros, QF, Djokovic 7-5, 7-6, 6-4
2014 Roma, SF, Djokovic 6-7, 7-6, 6-3
2013 Davis Cup, Djokovic 7-6, 6-2, 6-2
Djokovic-Monfils 13-0
2016, US Open, SF, Hard, Djokovic 6-3 6-2 3-6 6-2
2016, Toronto, SF, Hard, Djokovic 6-3 6-2
2014, Paris, R16, Hard, Djokovic 6-3 7-6(2)
2014, Toronto, R32, Hard, Djokovic 6-2 6-7(4) 7-6(2)
2013, Shanghai, QF, Hard, Djokovic 6-7(4) 6-2 6-4
2011, Cincinnati, QF, Hard, Djokovic 3-6 6-4 6-3
2011 Montréal, QF, Hard, Djokovic 6-2 6-1
2010, Serbia v France – DC WG, Hard, Djokovic 6-2 6-2 6-4
2010, US Open, QF, Hard, Djokovic 7-6(2) 6-1 6-2
2009, Paris, F, Hard, Djokovic 6-2 5-7 7-6(3)
2008, Olympic Tennis, QF, Hard, Djokovic 4-6 6-1 6-4
2006, Roland Garros, R16, Clay, Djokovic 7-6(5) 7-6(5) 6-3
2005, US Open, R128, Hard, Djokovic 7-5 4-6 7-6(5) 0-6 7-5
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