TENNIS – Di Diego Barbiani
SHANGHAI. Chiariamo subito un concetto: il punteggio, il 6-4 6-3 con cui Andy Murray è venuto a capo di Gilles Simon, è abbastanza bugiardo.
Ed usiamo “abbastanza” per sentirci tranquilli. Lo scozzese, n.2 al mondo, è in finale nel Master 1000 di Shanghai dove troverà Roberto Bautista Agut, ma ancora una volta per superare il francese c’è voluta enorme fatica fino a quando la differenza al servizio ha fatto la differenza e la forbice si è allargata in maniera inesorabile.
Non è successo in fretta, non è successo agevolmente, perché sul 6-4 2-0 il francese ha avuto la chance per togliere per la quarta volta il servizio al rivale, cosa verificatasi poi nel momento in cui Andy cercava di chiudere il match ed i suoi patemi. E riesce sempre particolare constatare come quest atleta, abbastanza minuto, non dotato di grande forza ma di enormi capacità atletiche, riesca a mettere in grandi difficoltà i migliori del mondo con un gioco all’apparenza banale, ma che diventa estremamente fastidioso. Un calcolatore, un giocatore capace di far impazzire pure Novak Djokovic facendolo giocare talmente male da commettere 100 errori grauiti in una sola partita (numeri che per il n.1 del mondo si vedono in un torneo intero, per di più giocato male. Un atleta mai domo, capace di far soffrire chiunque. L’ultimo francese a battere Murray prima di 19 (ora 20) vittorie consecutive? Lui, monsieur Simon. L’unico momento in cui Murray è parso in controllo del match è stato dallo 0-2 al 3-2 del primo set, poi c’è stato solo tanto affanno. Scambi interminabili, lenti, palle senza peso da spingere tutte le volte fino allo sfinimento.
Era tutta una questione di attenzione, precisione, dedizione… e sofferenza. Perché ogni volta che lo scambio partiva poteva durare tanto, potevo costringerlo a fare i chilometri muovendosi a destra ed a sinistra senza correre dietro a palle potenti, ma ad una ragnatela di colpi che finivano inesorabilmente per piegarlo in 2 dalla fatica. E stiamo parlando di Andy Murray, uno dei migliori in fatto di preparazione atletica.
Il primo set, complicatissimo, si è concluso solo grazie ad un capolavoro: un pallonetto spalle alla rete in risposta ad un lob chirurgico del suo avversario. Ma per 3 volte aveva perso la battuta, sempre senza capire granché come fare per contrastare l’avversario che dopo una piccola fase di appannamento aveva ripreso il suo gioco. Nel secondo set il problema era ancora vivo, seppur l’allungo sul 3-0 e poi sil 5-1. Anche lì, però, quando sembrava fatta è arrivato un nuovo break a 15 con Simon che si rifaceva sotto. Il sorriso di Murray dopo aver messo a segno l’ultimo punto, in un nono game senza troppi patemi, è simbolo di una liberazione incredibile.
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