TENNIS – Di Diego Barbiani
Oggi, martedì 20 settembre, è il 7° giorno da quando c’è stata la prima fuoriuscita di nomi da parte di ‘Fancy Bear’. Questi hacker, che la WADA ha subito specificato essere di origine russa, stanno rilasciando volta dopo volta liste con nomi e cognomi di atleti che hanno partecipato all’Olimpiade e che, per un modo o per un altro, secondo loro non avrebbero mai potuto accedervi.
La Russia è stata colpita, prima dei giochi olimpici di Rio de Janeiro, da 2 scandali doping: il primo riguardante l’atletica, che fu dichiarato doping di stato con un sistema che avrebbe alterato le prestazioni di 312 atleti; il secondo relativo al meldonium, farmaco che è costato la carriera a Maria Sharapova. Lecito e spontaneo dunque, nonostante poi 271 dei 389 atleti russi abbiano comunque potuto accedere alle gare della competizione a 5 cerchi, pensare ad una vendetta da parte dei russi contro gli Stati Uniti, in primis, e di tutte le altre nazioni.
TUE = DOPING? “Therapeutic Use Extemptions” è una parola diventata ormai comune sui siti esterni che trattano l’argomento, noi la traduciamo con “esenzione terapeutica” ed indica coloro a cui è stato prescritto su apposito certificato firmato da un medico, nel caso dei tennisti dal dottore responsabile del settore antidoping ITF Steve Miller, l’utilizzo di un farmaco altrimenti proibito.
Sono stati fatti tanti nomi. Sono stati citati alcuni degli esponenti più in luce di diversi sport: chi non si è appassionato a Rio guardando Simone Biles vincere 4 ori nella ginnastica? Chi non ha seguito con interesse le gare di nuoto per il confronto tra Michael Phelps e Laslo Csech? Chi non ha sentito almeno una volta il nome e le gesta di Mo Farah, l’atleta somalo fuggito in Gran Bretagna da bambino? Tolto, al momento, Phelps, gli altri sono tutti dentro questo circolo potenzialmente esplosivo. Per quanto riguarda il tennis, alcuni nomi sono tra i più importanti: Rafael Nadal tra gli uomini, Serena Williams, Venus Williams, Petra Kvitova, Bethanie Mattek Sands, Laura Siegemund.
SHARAPOVA, TRATTAMENTO DIVERSO. Dopo un’iniziale fase di shock e grida allo scandalo, il fiume in piena sembra essersi in parte placato e tornato a livello di guardia, anche se è tutto molto apparente. Con Sharapova ci fu un percorso diverso, ma era la situazione della russa che ne “richiedeva” (se così si può dire) uno differente.
Nella conferenza stampa del 7 marzo, quando rivelò al mondo la notizia della sua positività, ha dichiarato spontaneamente di aver assunto mildronate (il medicinale contenente il meldonio) dal 2006 sotto prescrizione medica per curare dei problemi di salute accusati, specificato questo durante il processo, nel 2005. La certificazione per il medicinale, però, è scaduta nel 2010. Per i successivi 5 anni, a parte l’aver omesso a chiunque di continuare ad utilizzarlo (fanno eccezione solo padre e agente) il problema non si poneva, almeno da un punto di vista giuridico: la sostanza, come ben sappiamo, è diventata dopante solo a partire dall’01-01-2016. Jamie Hampton, tennista statunitense ferma per infortunio da oltre 2 anni, ha specificato che un qualunque atleta non è tenuto a rivelare di quali farmaci faccia uso se poi effettivamente quei prodotti non sono vietati. Il ragionamento specifica dunque che chiunque, fino al 31-12-2015, possa aver fatto uso della stessa sostanza. L’errore di Sharapova, almeno a livello legale, fu quello di aver continuato ad assumerlo dopo quella data, come dimostrano i dati che l’avvocato rilasciò: assunse 500mg di mildronate ogni giorno in cui doveva scendere in campo durante l’Australian Open 2016.
Assunzione oltre la data limite di un farmaco proibito e senza prescrizione medica. Ecco perché per Sharapova la sua carriera, almeno ad ora, può considerarsi rovinata. Tornerà a giocare, non si sa se effettivamente tra 2 anni o le verrà scontato (probabile) qualcosa, ma tantissimi altri atleti, una volta che il loro nome viene associato al doping, vedono la propria immagine ormai compromessa. Prima di questo scandalo, di questo errore, la ex n.1 era una donna da 330 milioni di dollari raccolti in 11 anni di carriera ad alti livelli, capace di guadagnare molto più di Serena Williams nonostante la statunitense abbia vinto motlo più di lei.
PER LA WADA NON E’ REATO, EPPURE… La stessa Serena, assieme alla sorella Venus ed agli altri atleti citati nelle liste, ha avuto l’assicurazione dalla WADA che quanto fatto, giuridicamente, non corrisponde a reato. Il giornalista di ESPN, TJ Quinn, si affrettò anzi a ribaltare la situazione: “Non è reato (perché appunto il certificato consente questa assunzione altrimenti illecita, ndr), piuttosto è reato hackerare un sito internet e divulgare informazioni così strettamente riservate”.
Le esenzioni terapeutiche vengono concesse in base anche a quello che è il ‘curriculum medico’ dell’atleta. Si esamina la diagnosi, la storia medica per vedere se in lui o nella sua famiglia ci sono state situazioni simili, infine la durata del medicinale prescritoo, per poi prendere una decisione avvisando l’organizzazione antidoping della nazione di provenienza.
Eppure qualcosa stona: sono veramente tanti gli atleti, e qui si parla a 360° su tutti gli sport, ad aver ricevuto esenzioni terapeutiche, alcuni di questi anche per periodi molto, molto lunghi.
I CASI DELLE SORELLE WILLIAMS. Serena e Venus dal 2010 in avanti hanno ricevuto diverse esenzioni: per la prima ce ne sono 3 in quell’anno, che la vide terminare la stagione a luglio dopo l’infortunio al piede a Monaco di Baviera e 2 interventi chirurgici, 4 nel 2014 ed 1 nel 2015; la seconda 3 nel 2010, quando scoprì di essere affetta dalla sindrome di Sjogren (rivelata poi un anno dopo), 3 nel 2011, 4 nel 2012 e 2 nel 2013. Non tutte rappresentano lunghi periodi, solo poche di queste, ma ci sono alcuni medicinali che ritornano: per Serena sono soprattutto il prednisone (marzo e maggio 2014) e prednisolone (ottobre 2014 e inizio giugno 2015); per Venus invece il tramcinolone (2 settimane a fine agosto 2011, 40 giorni tra fine dicembre 2011 e inizio gennaio 2012, metà aprile 2012, 1 mese a giugno/luglio 2012, 1 mese ad inizio 2013) e di nuovo il prednisone (12 giorni nella seconda metà di febbraio 2010, 2 mesi tra fine marzo e fine maggio 2010, 1 settimana a metà agosto 2011, 1 mese tra metà giugno e luglio 2012). Tutti questi nomi fanno parte della macro-sezione dei corticosteroidi, farmaci che tengono sotto controllo le infiammazioni e l’attività del sistema immunitario.
IL FARMACO FORMOTEROLO. Venus, ma anche Kvitova e Siegemund, hanno utilizzato il formoterolo per periodi di diversa durata. La statunitense per 1 anno (da metà febbraio 2010 a metà febbraio 2011), la ceca per 3 mesi (inizio ottobre-fine dicembre 2009), la tedesca addirittura 4 anni (fine ottobre 2009-fine ottobre 2013). Il formoterolo è un farmaco che cura principalmente l’asma e le difficoltà respiratorie, di cui si è sempre saputo che Petra fosse affetta, forse meno Venus, probabilmente ignoto il caso di Laura. Per lei, come per Kvitova, l’aggiunta di un nuovo agente proibito (salbutamolo, un broncodilatatore a breve durata d’azione) è dovuto al fatto che nel caso di broncopolmonite acuta, bisogna appunto ricorrere ad un farmaco a breve durata d’azione.
IL CASO MATTEK SANDS: LA CERTIFICAZIONE RITIRATA. Ancora più particolare è il caso di Bethanie Mattek Sands, che dal 2012 ha ricevuto 7 esenzioni terapeutiche principalmente per l’utilizzo di idrocortisone, che assume in maniera continua dal 19 dicembre 2012. Un caso simile, a livello farmaceutico, si verifica quando il paziente è affetto da carenza surrenale. Mattek Sands, però, a fine 2013 ha chiesto e ricevuto un’esenzione anche per l’utilizzo del DHEA, ormone necessario a produrre testost
erone, quindi ad aumentare la prestazione sportiva. Per questo stesso motivo Yulia Efimova, nuotatrice russa al centro delle polemiche a Rio dopo l’argento vinto, fu squalificata ad inizio del 2014 dalla WADA per 14 mesi, dopodiché la stessa WADA ritirò il permesso a Mattek Sands che tentò il ricorso al tribunale dello sport, ma venne respinto.
SE VIENE CONCESSO, NON C’E’ ILLECITO. PAROLA DI NADAL. Rafael Nadal è stato interrogato dai giornalisti a proposito del suo coinvolgimento nella vicenda. Per lo spagnolo i certificati sono 2 e risalgono a fine settembre 2009 (per l’utilizzo del betametasone) e fine luglio-inizio agosto 2012 (per l’assunzione di tetracosactide): “Molti farmaci sono vietati, ma se una volta fatta la richiesta ricevi l’ok, quello che stai facendo non è più illegale. Non ho mai preso nulla per aumentare le mie prestazioni sportive, ma solo per migliorare la situazione del ginocchio”.
Tutto bene, dunque? Ni. Se per la WADA queste TUE sono concessioni che non conducono a reato, ed è giuridicamente vero (da questo punto di vista ‘Fancy Bear’ non ha fatto altro che portare alla luce il fatto che un determinato numero di atleti abbia avuto problemi di salute e dunque richiesto l’uso di particolari farmaci), dall’altro c’è un confine sempre più sottile, per chi lo sport lo segue da tifoso o semplice appassionato, per distinguere chi effettivamente sia colpevole di aver assunto sostanze dopanti e chi non dovrebbe esserlo grazie a dei nulla-osta per l’utilizzo di sostanze altrimenti proibite. Ed il grande rischio che si sta correndo è quello di aumentare i dubbi su chiunque.
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