TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Come quattro anni fa, Novak Djokovic ha superato un momento delicato vincendo un’edizione in tono minore del Master 1000 di Toronto. Mentre i rivali si siedono sugli allori, il serbo mette fieno in cascina per riconfermarsi numero uno di fine anno.
Toronto per il rilancio. Oggi come quattro anni fa, Novak Djokovic ha approfittato di un’edizione in tono minore del Master 1000 canadese per uscire da un momento delicato della propria stagione e mettersi in ottima posizione per concluderla nuovamente in vetta al ranking mondiale.
Nel 2012, di questi tempi, Nole aveva da poco ceduto la leadership in classifica a Roger Federer, fresco vincitore del 17esimo Slam in carriera a Wimbledon. Ai Championships il serbo si era arreso in semifinale proprio all’elvetico e di lì a poco, sullo stesso campo, aveva mancato anche la medaglia olimpica, cedendo prima a Murray nel penultimo atto e poi a Del Potro nella finalina per il bronzo.
Insomma, per il tennista di Belgrado, reduce da un formidabile 2011, non si trattava di un periodo troppo fortunato. All’epoca Toronto si giocò la settimana immediatamente successiva ai Giochi londinesi e molti big evitarono la trasferta. Non si presentarono al via Federer (n. 1), Nadal (n. 3) e Ferrer (n. 5), mentre il fresco campione olimpico Murray (n. 4) diede forfait prima del match di terzo turno con Raonic.
Così Djokovic ebbe vita facile per conquistare il titolo: lungo il cammino sconfisse, nell’ordine, Tomic (49), Querrey (35), Haas (25), Tipsarevic (9) e Gasquet (21), concedendo un set solo al tedesco nei quarti. Mille punti (contro i zero del rivale diretto Federer) che si rivelarono fondamentali per la riconquista del primato, avvenuta a novembre dopo diciassette settimane da numero 2.
Sono varie le analogie con quanto è appena accaduto. Stavolta Nole, dopo un inizio 2016 straordinario, era appena andato incontro, sempre a Wimbledon, a una cocente delusione, con l’inopinata uscita al terzo turno per mano di Sam Querrey. Di nuovo Toronto, programmato stavolta alla vigilia delle Olimpiadi, si è rivelato il modo ideale per ripartire. Alla Rogers Cup, per motivi diversi, non hanno preso parte né Murray (n. 2) né Federer (n. 3) né Nadal (n. 4), e il serbo è potuto tornare a far valere la sua legge senza troppe difficoltà. Gli avversari da lui battuti? Muller (37), Stepanek (129), Berdych (8), Monfils (14) e Nishikori (6). Nessuno è riuscito a strappargli un parziale.
Nella Race, dopo Wimbledon, Murray si era fatto pericolosamente sotto, ormai distante “appena” 815 punti (8040 a 7225): se dunque fosse stato il britannico a vincere e il serbo a non partecipare (o a uscire entro i quarti), si sarebbe verificato addirittura il sorpasso. Ora, invece, Andy è tornato a distanza di sicurezza, staccato di 1815 lunghezze.
Ed ecco che, senza troppo clamore, Djokovic, sempre lungimirante e ben attento a ranking e calendario, ha compiuto un passo importante per restare davanti a tutti anche a fine 2016: sarebbe la quinta volta negli ultimi sei anni. Anziché affondare il colpo, i principali avversari continuano a preferire il dolce riposo sugli allori, evitando una programmazione troppo faticosa. Nole, invece, riparte subito, indefesso, e, giovandosi anche delle altrui soste, non si lascia sfuggire una chance per rimpinguare il bottino di trofei. Un numero uno si vede anche da questo.
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