TENNIS – PARIGI – Di DANIELE AZZOLINI. La Svizzera ha Stanimal, alias Stan Wawrinka. Noi Staminal, Simone Bolelli. Battutaccia? Un po’ sì. Ma i conti si fanno anche con le lettere di un nomignolo, e per quanto ci riguarda sono ancora una volta conti in rosso.
Aspettiamo Seppi (Gulbis) e Fognini (Granollers), ma intanto congediamo il Bole, la Sara e pure la Roberta, in una giornata che ha seminato dubbi in tutto il nostro tennis, come se non ne avessimo già abbastanza. Sconfitte spiegabili, tutte quante. Eppure tutte dolorose. Perché Bolelli non sa quando e come tornerà a giocare, perché la Errani non sa rispondere se le si chiede che cosa stia accadendo. E perché Roberta si è arenata sul più bello, quando la carriera le aveva finalmente dischiuso le porte del Club delle Più Forti.
Problemi fisici e mentali, c’è di tutto un po’. Dire che il quadro clinico e psicologico appaia oggi incasinato è quasi un eufemismo. Simone Bolelli si cura con le staminali, le stesse che hanno somministrato a Nadal. Stessi medici, per giunta, ovviamente spagnoli. E stessi interrogativi. Su Rafa ha funzionato, il ginocchio è tornato a posto. Funzionerà su Bolelli? Tempi lunghi, e se non basteranno ci sarà l’operazione, e sicuri sei mesi di sosta. Non una bella prospettiva per un ragazzo che ha già varcato la trentina. Lui è parecchio abbacchiato, dice di puntare ancora a Rio, ma non lo sa se potrà permettersela quella trasferta olimpica. Stop fino a giugno, intanto. La ripresa avverrà tramite challenger. «Ce n’è uno a Perugia», dice. Lì si capirà meglio che cosa fare.
Sara gioca in difesa, voglia di confidarsi non ne ha, meno che mai con i giornalisti. Dice che alcune cose che sente, che prova, vuole tenerle per sé e per il suo team. Ne parlerà con loro, esamineranno insieme la situazione. Il fisico? È a posto, giura. «Se mi vedevate in allenamento lo avreste detto anche voi». Ma noi, in effetti, vogliamo dire solo quello che lei ha da dirci. Il problema è che Sara non ha nulla da dire, non sa, non si spiega che cosa le stia accadendo. Azzardiamo? Un classico esempio di nausea da tennis. Ci dai ancora dentro, poi, quando scendi in campo, non ne hai più, senti di non aver nulla da dare. Capita in chi ha molto sgambettato in questi anni, e lei ha percorso più chilometri di altre. Il problema è capire se basterà rifiatare, per ritrovare l’antico aire, o se pure si può solo tentare di raschiare il fondo del barile. Sarà lei a dircelo, quando lo avrà capito, e se le andrà. I giornalisti, quando si è agonisti rappresentano quasi sempre una noia, o un pericolo, o un fastidio. Tornano più simpatici a fine carriera, quando si diventa commentatori in tivù e d’improvviso… Colleghi.
Resta Roberta, e qui il problema è fisico. Tendine d’Achille. Ripresa lenta. Perdere ci sta. Ma nel quadro più generale si ha a che fare con un tennis azzurro in gravi ambasce, senza ricambi, con il fiatone. Dalla gioia orgogliosa dello scorso settembre a New York, alle tristezze attuali. Tutto troppo rapido. E tutto un po’ troppo triste.
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