TENNIS – ROMA – DI JASON D’ALESSANDRO – A due passi dal campo centrale abbiamo posto qualche domanda al coach romano, fondatore della “Claudio Pistolesi Enterprise” (http://www.claudiopistolesienterprise.com), la società che accompagna i giovani tennisti nel periodo più delicato della loro crescita.
Monica Seles, Robin Soderling, Simone Bolelli, Davide Sanguinetti, sono solo alcuni dei tennisti allenati da Pistolesi, il quale, numero uno del mondo Juniores, ha ottenuto buoni risultati anche nella successiva carriera da professionista prima di dedicarsi a tempo pieno al coaching. Oggi, dopo trent’anni nel circuito, ha deciso di sfruttare al meglio la sua esperienza decennale. Il trasferimento negli Stati Uniti, la nascita di una società, una possibilità in più per i giovani tennisti di tutto il mondo e per i loro genitori. Andiamo a scoprire i progetti del coach romano attraverso le sue stesse parole.
Prima grande giocatore, poi grande allenatore. Ti troviamo qui agli internazionali. Quali progetti stai portando avanti in questo periodo?
Sono residente negli Stati Uniti, in Florida, dove ho un centro d’allenamento e una società chiamata “Claudio Pistolesi Enterprise” che si sviluppa in un sito, perché, al giorno d’oggi, credo che il web rappresenti la via di comunicazione più diretta. La missione di questa società è quella di assistere i ragazzi nei periodi di transizione in ambito tennistico e scolastico, di dare loro la possibilità di conoscere il mondo dei college e delle università americane. Questo processo si chiama “College Prep”.
Hai dei collaboratori per questo progetto?
Ho l’onore di lavorare con Brian Gottfried, una vera e propria leggenda del tennis, uno dei fondatori dell’ATP, ex numero 3 del mondo in singolo ed ex numero 1 in doppio. Ho la fortuna di avere dei partner eccezionali che condividono con me i principi sui quali si basa questa società.
Nel frattempo continuerai la tua attività di coach?
Certo, la mia seconda missione rimane quella di allenare dei giocatori professionisti, d’ora in poi, però, rappresenterà un impegno part-time: prevedo di occupare circa 15 settimane all’anno come coach. Uno dei miei principali obiettivi è quello di divulgare cultura sportiva, di fare formazione per i coach e accompagnare gli appassionati tennisti nella scoperta sempre più profonda del tennis professionistico. Sento di aver riassunto, con questa società, i miei trent’anni di tennis professionistico prima da giocatore e poi da coach. La parola chiave per me ora è “condivisione”, sento la necessità di condividere la mia conoscenza e la mia passione.
Da quanto tempo vivi negli Stati Uniti?
Sono ormai quattro anni ma, devo dire, ho la fortuna di conoscere gli Stati Uniti da molto più tempo. Sono contento di fondere culture diverse: sono italiano ma, allo stesso tempo, ho assorbito la cultura sportiva americana, indubbiamente più avanzata rispetto alla nostra. In Italia abbiamo un sotto sviluppo della cultura sportiva.
In che modo seguite i ragazzi? Come arrivano a conoscenza del college?
Si tratta di un percorso alternativo. I genitori che vogliono “internazionalizzare” l’esperienza del figlio ora lo possono fare. Nel sito, tramite un formulario di entrata, viene avviato un lavoro su misura per ogni ragazzo, perché ognuno ha delle esigenze diverse. I ragazzi poi soggiorneranno per qualche settimana nei nostri centri, dove avranno la possibilità di allenarsi, di vivere la vita dello studente universitario e di parlare con i ragazzi che già sono qui: di farsi quindi un’idea ben definita del college. Il posto, inoltre, è molto bello, si chiama Jacksonville e si trova sull’Oceano Atlantico.
Hai avuto una grande carriera e ottenuto grandi risultati. Credi che questa tua società, se ci fosse stata quando eri un ragazzo, ti avrebbe facilitato la crescita?
Assolutamente. Nella fase di transizione, quando si “esce” dalla fase Junior, consiglio vivamente ai ragazzi di continuare a studiare. Io stesso, nonostante al tempo numero uno del mondo ITF Junior, avrei certamente seguito un periodo transitivo di studio. Prima c’è la crescita della persona, come ci ha insegnato Alberto Castellani, poi quella dell’atleta. A volte capita che un ragazzo sia “forte” ma non “pronto” e sono convinto che proprio questo periodo metta a disposizione dei ragazzi le armi per affrontare le difficoltà del tennis professionistico.
Quindi parliamo di una preparazione a 360°?
Esatto. Perché esiste la possibilità di una carriera tennistica, come è possibile che non ci sia: un ragazzo deve essere preparato nello sport ma soprattutto nella vita.
Passiamo a una domanda che, dato il contesto, sorge spontanea. Siamo agli internazionali. Quali sono i momenti che ti saltano in mente e quali emozioni provi ora?
Da dove stiamo parlando si vede il fiume Tevere. Io sono nato proprio dall’altra parte del Tevere, viene da sé l’emozione che provo. Di ricordi in campo ne ho tanti. Ricordo un grande match contro Yannick Noah sul campo centrale; gli incontri importanti del ’92, quando raggiunsi gli ottavi di finale recuperando un match che stavo perdendo 4-1 al terzo contro Mark Koevermans, sul campo 4 gremito di gente; molti ricordano anche una partita persa 7-6 al terzo con un match point contro Aaron Krickstein. Ma a questo punto della mia vita non credo contino più vittorie e sconfitte, piuttosto le emozioni che sono state create. Dopo tutti questi anni trovo sempre qualcuno che mi abbraccia e si ricorda di me. Sinceramente non credevo di aver lasciato un segno così profondo.
Le persone ricordano la tua carriera da giocatore o quella da coach?
Beh, dipende dall’età. I più grandi si ricordano di me in campo. I ragazzi, nella maggior parte dei casi, non conoscono nemmeno la mia carriera da giocatore avendomi visto solo in veste di allenatore; questo, può sembrare strano, ma mi fa molto piacere, è il segnale che mi apprezzano come coach.
Il favorito degli Internazionali 2016 per Claudio Pistolesi?
In questo momento, dovunque, il favorito è Djokovic. Bisogna sempre fare attenzione a Federer, che fortunatamente ancora scende in campo, con la speranza che gli Dei del tennis ce lo conservino ancora a lungo. Nadal è tornato ad altissimi livelli e questa è una bella notizia, Murray non molla e forse, ora, è il più forte dopo il serbo. Inoltre mi piace questa nuova ondata di giovani, Kyrgios, Coric, Sverev su tutti, che bussano alla porta e si preparano a insidiare quelli che ormai rappresentano, a tutti gli effetti, i mostri sacri del nostro sport.
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