TENNIS – AUSTRALIAN OPEN – Dal nostro inviato a Melbourne Samuele Delpozzi
C’erano grandi attese riposte nell’ultimo incontro in programma sulla Rod Laver Arena, quello tra il bombardiere di casa Nick Kyrgios e Tomas Berdych. In molti pensavano che l’australiano potesse fare il colpaccio, nonostante il notevole divario di classifica ed esperienza a suo sfavore, grazie al fattore campo ed alla ben nota capacità di esaltarsi nei match di cartello.
Il tennista di Canberra ha invece confermato pregi e difetti che lo contraddistinguono: grappoli di colpi straordinari – un passante di diritto a 170 orari ha letteralmente fatto esplodere l’arena in un boato di meraviglia – annacquati dall’atavica incapacità di mantenere la concentrazione per un tempo prolungato. Con Kyrgios vi è infatti la costante sensazione che basti un’inezia, un granello di sabbia nell’ingranaggio per fargli perdere la bussola per interi game (o addirittura set, come con Gasquet lo scorso Wimbledon).
Quest’oggi, dopo un break preso per leggerezza ad inizio match, la vittima dei suoi strali è stato il giudice di sedia, reo (a suo dire) di non aver fermato il gioco per via della musica troppo alta proveniente dall’esterno. Un rumore che l’arbitro, l’inglese James Keothavong, afferma di non aver udito.
Messo con le spalle al muro e sotto di due set, Nick ha rispolverato il meglio di sé, dominando il terzo parziale a suon di ace e frustate di diritto a velocità illegali: 6-1 e pubblico in delirio, trascinato dal naturale carisma del figliol prodigo. Nel quarto Berdych ha però ritrovato la sua compostezza, mantenendo la testa fino al 5-4 e raccogliendo l’ultimo sciagurato regalo dell’australiano – una seconda folle sparata proprio sul match point, con inevitabile doppio errore.
Se il ceco conferma dunque la proverbiale costanza, Kyrgios appare invece in una fase di stallo, se non addirittura di regresso: l’anno scorso si era issato fino ai quarti con una rimonta memorabile ai danni del nostro Seppi, quest’oggi invece ha deluso le grandi aspettative di chi attendeva la definitiva esplosione. C’è da augurarsi che non rimanga confinato al ruolo di circense spettacolare ma inconcludente, alla Monfils per intenderci: la sua personalità ed il gioco spumeggiante sono un bene troppo raro e prezioso, in un tennis sempre più privo di personaggi.
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