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Wimbledon story: Isner e Mahut, il match dei record compie 5 anni

TENNIS – Di Andrea Scodeggio

sner e Mahut, 5 anni dopo. Sembra quasi di rivederli ancora sul quel famigerato campo 18, a contendersi l’ultima pallina ed il disperato punto per decidere il vincitore della partita più lunga della storia.

Stiamo ovviamente parlando dell’incontro che vide protagonisti John Isner, allora oscillante tra i primi diciotto giocatori del mondo, contro lo semi sconosciuto (per i profani) Nicolas Mahut, uno spilungone francese che in classifica era al centoquarantottesimo posto e non aveva ancora vinto un torneo. Era il primo turno dell’edizione 2010 di Wimbledon.

Ciò che diedero vita fu un autentica maratona, un’ estenuante sfida da far ritornare alla mente una famosa pellicola di Sydney Pollack: “Non si uccidono così anche i cavalli?”. Basta elencare qualcuno dei record conquistati per restarne sbalorditi: 1) 11h 5min: durata intera del match, il più lungo della storia. 2) 183: Il numero totale di game giocati nella partita. 3) 215 ace totali: 112 John Isner e 103 di Nicolas Mahut (entrambi detentori del record di maggior numero di ace in una partita al meglio dei 5 set) 4) 8h 11min: solo il quinto set, divenuto il più lungo della storia. 5) 138 game: il totale del quinto set, record anche questo.

Fatto il doveroso elenco, ritorniamo alla cronaca di quelle giornate e celebriamo come nacque la leggenda di questo match. Non tutti ricordano che in realtà i primi quattro set si svolsero senza particolari difficoltà e piuttosto rapidamente. I due scesero in campo martedì 22 giugno alle ore 18:18 inglesi, giocando tutti i primi quattro set della sfida. Se nei primi due parziali tutto si svolse con rapidità ( 6-4 Isner e 6-3 Mahut) nel terzo e nel quarto set qualche avvisaglia la si poteva percepire, con l’utilizzo di due tie break (il primo vinto da Mahut, il secondo da Isner) per vincere i parziali, ma nessuno avrebbe potuto immaginare l’imponderabile. Terminato il quarto set, il match venne sospeso per oscurità e rimandato al giorno dopo per disputare “soltanto” (le virgolette sono d’obbligo) il quinto set.

Il giorno dopo si consumò l’epicità, da far scomodare persino Omero e la sua Iliade visto ciò che accadde. I due scesero in campo mercoledì 23 giugno alle ore 14:07 inglese per iniziare il quinto set e sul 10-9 per Isner (un punteggio già non da poco) ci fu il primo match point: annullato. Altri due match point per Isner sul 33-32, niente da fare. L’agonia ci consegnò un altro match point, sempre per Isner, sull’assurdo punteggio di 59-58, ma niente: annullato anche quello. Dopo oltre sette ore interminabili di scambi, aces, game, punti, crampi, applausi ed incitamenti, il punteggio era ancora in parità: 59-59. Il risultato era talmente clamoroso che perfino il tabellone dei punti di Wimbledon rimase bloccato sul 47-47, spegnendosi subito dopo: era programmato per non andare oltre a quel risultato. A conclusione della seconda giornata, la folla di gente, che nel frattempo si era avvicinata al campo, acclamò i due giocatori come degli eroi e molti spinsero perché gli organizzatori regalassero il centrale per l’ultimo scampolo di partita. Nessuno fu accontentato e per il terzo giorno consecutivo Isner e Mahut si incontrarono sul campo 18, alle ore 15:40 inglesi di giovedì 24 giugno, per proseguire l’infinita sfida.

I due giocarono un’altra ora e sette minuti prima di concludere con il mastodontico punteggio di 70-68, in favore di John Isner. Al termine dell’incontro ci fu uno scrosciante applauso ed entrambi i giocatori, assieme al giudice di sedia, vennero premiati con una targa commemorativa in ricordo di quella sfida. L’anno successivo i due si ritrovarono ancora uno contro l’altro al primo turno, ma quella volta il match lo vinse sempre Isner e con il banale (per le proporzioni di un anno prima) punteggio di 7-6, 6-2, 7-6.

Cinque anni dopo quell’incontro la vita dei due tennisti cambiò. Oltre ad averne guadagnato in notorietà, entrambi i giocatori iniziarono ad acquisire sempre più punti e migliorare in graduatoria. Isner l’anno dopo entrò nei primi dieci, mentre addirittura Mahut arrivò successivamente nei primi trenta e vinse i suoi primi tornei ATP. Le classifiche, ora, non sono più così sfavillanti, ma il ricordo di quel match è ancora vivido nella memoria degli organizzatori, tanto da assegnare a Mahut una wild card perché con l’attuale classifica avrebbe dovuto fare le qualificazioni.

Sarà forse esagerato, ma un Wimbledon senza Mahut ed Isner tra i partecipanti perde un po’ d’interesse. Anche solo leggere i loro nomi sul tabellone, viene subito alla mente il campo 18 e si sogna di rivederli uno di fronte all’altro. Se accadrà, noi tutti daremo un occhio di riguardo al punteggio finale. 

 

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