La parola del Direttore

Ace Cream. Seppi, la partita perfetta di un progetto ancora in crescita

TENNIS – AUSTRALIAN OPEN – DALL’INVIATO A MELBOURNE DANIELE AZZOLINI – Strana situazione. Circondato da colleghi che si chiedono perché mai Federer abbia perso, quando la risposta è lì, sotto gli occhi di tutti. Nome e cognome, Andreas Seppi. Il motivo della caduta, fragorosa quanto vi pare, non è così oscuro, e dovrebbe farci felici.

Provo a dirlo, e mi controbattono che Federer ci ha messo il suo. Altroché. È stato un disastro, a quanto pare annunciato. Almeno, così va dicendo lui stesso: se n’è accorto appena sveglio che non era la giornata giusta. Attendo di sapere con ansia se sensazioni di segno opposto siano passate per la testa di Andreas, magari in quegli stessi attimi in cui rimbalzavano fra i pensieri di Roger, nella camera dell’albergo (una suite, per lui, una stanza per Andreas), davanti al primo caffè della giornata. Una cosa però è certa: anche Seppi ci ha messo il suo. Eccome se ce l’ha messo. Non c’è stato un solo istante in cui abbia giocato peggio dello svizzero, non un solo momento in cui si sia fatto cogliere in sofferenza. Non basta dire che è stata la sua migliore partita, questo è lampante. È stata la sua partita perfetta.
Chiedo a Sartori se a trent’anni Andreas sia ancora un progetto in crescita. La risposta è sì, convinta. Il coach di sempre crede che il suo allievo abbia ancora due o tre anni luminosi davanti a sé, per imparare, crescere e diventare ancora più affidabile. Federer lo ammira, non lo nasconde. Sa che Andreas è fra i pochi che da dieci anni viaggia nella prima classe tennistica, dentro i primi settanta. Non come Roger, che quei dieci anni li ha fatti in first class, ma il dato vale comunque una riflessione, e un plauso. Anche perché i miglioramenti che contano davvero, possono giungere solo inseguendo la qualità, dunque crescendo tecnicamente. Il match contro Federer, per quanto non sia stato giocato al meglio dal campione di sempre, si è consegnato a Seppi grazie alla qualità che l’azzurro ha messo in mostra. Recuperando nei due tie break, pressando Federer con un dritto che imponeva alla palla rimbalzi alti e fastidiosi, con le improvvise e più violente sortite, talvolta prendendo persino i giusti tempi a rete. Qualità. Una parola che troppe volte viene messa da parte. Ma resta il sale del tennis.

 

Daniele Azzolini

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