TENNIS – US OPEN – DI ROSSANA CAPOBIANCO – Roger Federer batte Bautista Agut 64 63 62 e conquista il quarantatreesimo quarto di finale in uno Slam, nel quale affronterà, giovedì, Gael Monfils. E mostra ancora una volta un legame speciale e profondo con le notti di New York.
Roger Federer e le notti di New York. Un legame particolare. Gli organizzatori lo sanno e sfruttano la cosa per vendere molti biglietti, con successo. E a Federer, evidentemente, non deve dispiacere. I riflettori su di lui, un’atmosfera particolare, la possibilità di dare spettacolo, tornare a casa con lo skyline notturno, prima del giorno di riposo.
Poi certo, c’è il vento che gira dentro quel “catino” che tanto catino non è e che dà fastidio, ma Roger lo conosce bene. Con gli anni e la saggezza ha imparato a domarlo: anche contro Bautista Agut, momenti di insofferenza a parte causati da qualche lancio di palla non proprio perfetto, lo ha dimostrato.
E dire che lo spagnolo, anche quando veniva surclassato dal ritmo forsennato dello svizzero e dai colpi sempre più vari e sempre più veloci, non si è mai arreso. Ci ha sempre provato. “Scuola spagnola”, la chiama Federer. “Quella che non si stanca mai, che si allena tanto, che non molla”. Bautista Agut ne è un degno esponente.
A differenza di molti suoi colleghi spagnoli, però, Bautista tira davvero piatto. Troppo per Federer, troppo per impensierirlo davvero, per creargli una difficoltà tecnica che poi si trasformi in ansia, paura. Ti mette in palla, se sei più forte.
E così mentre papà Robert Federer si accovacciava sereno con le cuffiette per il commento, distinto da un cappello azzurro marchiato naturalmente RF, Roger esultava in tedesco, parlava in francese con Maria, imprecava in inglese e tirava forte col dritto.
E i lob. Questo pare essere il torneo dei lob di Federer. Lo tiene caldo nel polso e ogni volta ne azzecca uno vincente. Naturalmente difficile e bellissimo, perfetto per la notte di New York, Broadway, una città che non dorme mai e ha bisogno di vedere spettacolo, di trovarlo anche in un complesso enorme del Queen’s, che di mondano non ha proprio nulla.
Il raggiungimento del quarantatreesimo (!) quarto di finale di uno Slam, insomma, meritava un palcoscenico adatto. Federer non ha perso l’occasione. “Non dirò mai no a una sessione serale a New York”, ha precisato poi ai microfoni di Brad Gilbert. Era evidente, Roger.
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