TENNIS – US OPEN – DI DIEGO BARBIANI – La crescita allo Spartak Tennis Club della “sua” Mosca, l’aiuto economico di un amico di famiglia, l’imminente laurea, quel gioco così intelligente che ricorda la Radwanska. Ecco chi è Aleksandra Krunic, colei che ha fatto impazzire la regina di Wimbledon.
«Non so come ho fatto, davvero! Ero entrata in campo sperando di vincere un set e divertirmi il più possibile, ma mai avrei pensato di vincere!». Aleksandra Krunic ha creato l’ennesimo terremoto nel tabellone femminile eliminando Petra Kvitova con un duplice 6-4. Un’ora e mezza per sorprendere tutti, per prima sé stessa, come ha rivelato in una candida ed emozionata intervista a bordo campo. Frasi molto genuine che racchiudono il carattere di questa piccola giocatrice serba, appena un metro e sessantatré di altezza ma con un cuore enorme. Già dopo il match vinto contro Madison Keys le sembrava incredibile quello che le stava succedendo. Ora però la felicità sarà doppia, tripla, quadrupla: al secondo Slam di sempre (entrambi giocati a Flushing Meadows), non solo ha colto la prima vittoria ma ha anche raggiunto la seconda settimana del torneo.
Aleksandra è nativa di Mosca, città che considererà per sempre la sua vera casa, ma serba per “adozione” e rispetto verso tutta la sua famiglia che, ad eccezione della madre e del padre, è rimasta nel paese balcanico. Il suo momento di gloria è arrivato forse nella giornata meno indicata, dopo gli ottimi risultati in stagione delle connazionali Ana Ivanovic e Jelena Jankovic, la finale di Jovana Jaksic a Monterrey e di Bojana Jovanovski a Baku. Lo stesso torneo della capitale azera che per coincidenza è anche quello preferito dalla Krunic, che lì nel 2012 raggiunse il suo primo quarto di finale Wta.
E’ cresciuta allo Spartak Tennis Club, accademia russa che ha ospitato tra le altre anche Anna Kournikova, Elena Dementieva ed Anastasia Myskina. I suoi genitori lavorano entrambi in una grande fabbrica di elettrodomestici mentre lei come sua sorella Anastasia stanno proseguendo gli studi: Aleksandra ha terminato il quarto anno all’università di economia ed è in attesa di sostenere l’esame finale e di laurearsi, mentre sua sorella più piccola deve cominciare il liceo.
E’ una bella storia quella che racconta la Krunic, che ha avuto anche la fortuna di trovare un amico d’infanzia del padre che la sostiene economicamente fin dall’età di quattordici anni. Terminato il liceo ha deciso di tornare in Serbia (facendosi prima un anno in Slovacchia) per stare più vicina ai nonni dopo tanti anni senza vederli. «La famiglia è un valore molto importante» ha dichiarato tempo fa, «molto spesso è proprio grazie ad ognuno di loro che trovo la felicità nelle piccole cose anche dopo una sconfitta». Soprattutto la nonna, un po’ la figura preferita nel nucleo familiare. Fu lei a comprarle la prima racchetta da tennis, di plastica, ed una pallina di spugna all’età di tre anni. «Ero piuttosto scalmanata» ha detto Aleksandra, «correvo ovunque, giocavo con quella racchetta e colpivo la pallina dappertutto. Distruggevo qualsiasi pianta o fiore che mia mamma portava a casa. Dopo un po’ i miei decisero di portarmi in una scuola di tennis vicino a casa e così è cominciato tutto».
A sette anni entrò nello Spartak Tennis Club e lì conobbe quello che poi sarebbe stato il suo allenatore per dieci lunghi anni. Eduard Safonov fu molto importante ed ancora oggi Aleksandra lo ricorda con affetto: «Devo a lui tutta la mia tecnica, i miei colpi – ha detto – poi quando sono andata in Slovacchia ho avuto al mio fianco Mojmir Mihal mentre da questi US Open sono seguita da Branislas Jeremovic. Lui è qui assieme al mio fisioterapista Miroslav Cuckic, che mi segue da tre anni». Krunic è una giocatrice molto elastica. Tiene in maniera molto rigida al proprio regime alimentare ma anche all’allenamento continuo sul piano fisico.
Nel match contro Petra Kvitova ha dimostrato che la corsa e la spaccata sono doti che ormai ha assimilato alla perfezione. In questo ricorda molto il suo connazionale Novak Djokovic, maniacale nei dettagli che in campo riesce a rigiocare sempre la palla ed a compiere rincorse anche piuttosto complicate, ma soprattutto i suoi appoggi sono ben saldi sul terreno grazie ad un lavoro continuo coi piedi.
Lei però non è una giocatrice come le altre. Non gioca per spaccare tutto a suon di cannonate. Il suo gioco è più intelligente, le piace giocare con le traiettorie, non offrire mai una palla simile all’altra. Se Kvitova era in giornata no il merito è stato anche suo che ha giocato un’ora e mezza di tennis perfetto. Alzava la traiettoria, poi giocava profondo, poi una palla senza peso, infine accelerava. Spesso il ritmo era scandito così e per la ceca non c’è stato nulla da fare. In questo ricorda un po’ Agnieszka Radwanska, che lei stessa ammira tantissimo.
Non ha ancora un colpo definitivo, dovrà lavorare per mettere su qualche chilo di massa muscolare in più, ma al momento tutto ciò è oscurato da un cuore enorme. Al secondo Slam della carriera si ritrova agli ottavi di finale, per lei è un sogno. «E’ stato un onore dividere il campo con una campionessa come Petra. Ero talmente emozionata che mi dicevo sempre prima di servire: “Dai! Metti questa prima, non tremare!”». E poi ancora: «Sul match point non sapevo che fare, volevo quel punto e mi sono messa lì sperando che lei sbagliasse, volevo scaricare la pressione su di lei, costringerla a forzare una volta di più ed alla fine ce l’ho fatta».
Sorrideva per non lasciarsi andare alle lacrime di gioia, lei che si dice timida e diversa dalle altre ragazze. «Volete la verità? Io sono un po’ diversa: non mi piace troppo andare ai party ma adoro tantissimo cenare assieme alle altre giocatrici, scambiarci pensieri ed esperienze. Guardo tanti documentari su YouTube perché voglio imparare molte cose sulla natura e mi piace scoprire di più sugli aeroplani. Non mi piace volare, è la mia paura più grande, però scoprire di più su ciò che temo è qualcosa che mi interessa e con questa stessa idea mi sto appassionando anche alla psicologia ed alla criminologia».
Adesso però c’è un appuntamento da far tremare le sue elisi gambe: lunedì si giocherà l’accesso ai quarti di finale di uno Slam, dall’altra parte della rete ci sarà Victoria Azarenka, ex n.1 e due volte finalista qui a Flushing Meadows. Chissà se studierà qualche rimedio per scrollarsi di dosso l’eventuale tensione. Lei, intanto, ha confessato che da outsiders non avverte alcun tipo di pressione quando entra in campo. Sarà interessante però vedere come reagirà quando arriveranno i momenti cruciali. Intanto è lì, in mezzo a tutte le più forti. Partita dalle qualificazioni, dopo aver vinto il primo match contro Petra Martic dichiarò: «Fuori una. Ora ne mancano solo nove…». Sembra averci preso davvero gusto.
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