TENNIS – Di Davide Bencini
Che fine ha fatto il vero Andy Murray? L’infortunio alla schiena ha senza dubbio frenato lo scozzese in questo 2014, ma i risultati, e soprattutto le prestazioni, ora cominciano a essere veramente preoccupanti.
Un anno fa Murray era uno degli uomini da battere a New York. Aveva appena vinto Wimbledon. Seguiva come Daniel San le orme del Maestro Myagi-Lendl ascoltandolo come se fosse la Bibbia e dando la cera/togliendo la cera veniva da 4 finali slam consecutive. Era numero 2 del mondo e sembrava ormai prossimo a salire l’ultimo gradino: certo, in America nei Master estivi era uscito abbastanza presto per i suoi standard, ma tutto sembrava il risultato di una normale sbornia post Wimbledon, fatta di bevute attese per 77 anni.
Invece poi, nei quarti contro Wawrinka (oddio, nemmeno proprio il primo dei polli, eh) era arrivata una sconfitta senza appello per colui che difendeva il trofeo. E già lì, vedendo le labbra di Lendl in tribuna arricciarsi come quelle di Meryl Streep, si erano avute le prime avvisaglie di qualcosa di preoccupante.
Poi la Davis e la decisione di operarsi alla schiena. E tutti a pensare “Ah, ok, era rotto allora… Peccato, proprio ora che era arrivato quasi al top…”
Per quanto tutti, vedendo il Murray finalmente più aggressivo degli ultimi tornei (intendiamoci, non è che Andy con la vittoria a Wimbledon si fosse trasformato in Sampras), sperassero in un suo pronto ritorno anche per spezzare il duopolio “djokoliano”, con Federer che a detta di molti deambulava per campi da tennis in preda a padelle sconosciute e mal di schiena (degli altri neanche a parlarne), il rientro nel circuito è stato, per dirla teneramente, altalenante.
Facciamo un riassuntino: prima degli Australian Open un paio di sconfitte contro avversari che prima mangiava… Ok, è ancora in rodaggio, va capito…
Poi agli Australian open raggiunge i quarti contro Federer (sì, quello che due mesi prima “deambulava”) e rischia di portarlo al quinto… Visto? Murray sta tornando e i quarti sono un chiaro segnale – il fatto che non aveva trovato nessuno fin lì e che a Federer non ci credesse più nemmeno Mirka forse non contava…
Poi porta la Gran Bretagna ai quarti di finale in Davis per la prima volta dal 1986… Ok, ma battendo Young e Querrey, non certo Connors e Supermac…
Dopo arrivano le sconfitte con Cilic e contro Dimitrov, e lì tutti a guardare Grigor invece di chiederci come stesse Murray.
La lenta rinascita comincia a farsi più che altro un continuo incappare in prestazioni sconcertanti nelle quali Andy non mostra né la forma di un tempo, né una qualsiasi parvenza di gioco. Così arriva, dopo mille patimenti nei turni precedenti, la sconfitta contro Raonic a Indian Wells.
“Mmmm, forse c’è qualcos’altro che non va e la schiena è stato solo un sintomo”, pensa il tifoso, guardando a una risalita post-infortunio che più che lenta pare rivelarsi una vera e propria ricaduta verso acque mai conosciute nemmeno prima del periodo Lendliano. Se ne accorge anche Ivan, il quale fa ciao ciao con la manina e lo lascia nel periodo più difficile, prima di Miami. Tracollo. Andy sembra Rocky senza Mickey Goldmill, un po’ come togliere a Nadal lo Zio Toni. Rivela che il divorzio lo ha distrutto, nemmeno fosse stato piantato da Kim.
I mesi seguenti, semifinale a Parigi a parte, sono più una ricerca di qualche appiglio di convinzione che altro, fatto di alcune partite che sembrano poter dare la svolta (come il quarto di finale con Nadal a Roma) che però finiscono per rivelarsi sconfitte che invece di aiutare Andy a crescere sembrano dargli tanti piccoli colpi di grazia.
In America poi sono arrivate delle sconfitte ancora più eclatanti, visto il modo in cui sono avvenute. La sensazione è quella di un giocatore che non sa cosa fare in campo, e che fa tutto peggio di come lo faceva prima. Troppo appagamento per aver fatto felici milioni di inglesi, mancanza di fame, difficoltà di riassestamento atletico in un gioco che oggi giorno non lascia margini…
I dubbi sono tanti e la collaborazione con la Mauresmo sembra averli aumentati invece che fugati. Il fatto è che Andy gioca non solo peggio di come giocava sotto Lendl, il che può anche essere normale, ma persino peggio di quando si divertiva a fare il pallettaro nelle ere pre-Ivan. Gli unici sprazzi di vero Murray si sono visti contro Federer a Cincinnati: già, per 4 game. Poi Roger (sempre quello che doveva andare in pensione, eh) si è semplicemente detto “Aspetta un minuto, anch’io so come si gioca a tennis” e addio Murray, addio a doppio break di vantaggio, nonché seconda vittoria di fila per lo svizzero e pareggio negli scontri diretti. A dirla tutta il ventisettenne sembrava lo svizzero.
Che sia difficile tornare ad alti livelli dopo un infortunio grave è indubbio (vedere sempre il vecchietto di cui sopra) almeno quanto lo sono l’attesa e l’accettazione di una fiducia che non arriva. La cosa che dà da pensare è vedere un Murray che non rappresenta più alcun pericolo per gli avversari, che gioca passivo in campo, senza mordente e che non sembra avere soluzioni e che, in questo momento, è fuori dal Master di fine anno.
Incredibile, pensando a un anno fa.
Impensabile, avendo intravisto le possibilità di Andy.
Inconcepibile, vedendo quel 2 accanto al suo best ranking che, osservandolo giocare, non sembra più un numero da voler abbassare.
La speranza resta quella di rivedere, prima o poi, il vero Murray. La paura è quella di averlo già visto, e di essere davanti forse al miglior giocatore mai diventato numero uno nella storia di questo sport.
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