TENNIS
ROMA – Per chi vi scrive, sia l’arrivo di Federer a Roma sia la sconfitta di Fabio Fognini al primo turno degli Internazionali sono un po’ degli ossimori. Ovvero: sorprese prevedibili. E non poco. Dello svizzero ne avevamo scritto su questo sito qualche giorno fa, facendo capire che qualche uccellino ci aveva dato l’imbeccata giusta (ma giusta davvero). Da mesi, o meglio da quando si era capito che Mirka avrebbe partorito in questo periodo dell’anno, era chiaro che Federer avrebbe fatto una scelta chiara: Madrid o Roma. Onestamente, quando ha deciso di partecipare a Montecarlo, arrivando in finale tra l’altro (dunque, controbilanciando in qualche modo Roma 2013), si pensava fosse proprio il torneo romano il “prescelto”. Poi, Lenny e Leo hanno deciso di venire al mondo nel bel mezzo di Madrid, e dunque ecco Federer romano. Per la gioia di tutti.
Il suo arrivo al Foro Italico è stata l’altra notizia del lunedì capitolino, perché è chiaro che la prima sia stata l’amara sconfitta di Fabio Fognini, al primo turno contro Rosol. Poteva vincere, il nostro numero uno? Certo. Doveva vincere? Naturale. Ci si aspettava di più? Ovviamente. E allora perché non è una sorpresa così clamorosa, sempre secondo chi vi scrive? E’ altrettanto semplice, se in realtà esiste qualcosa di semplice…
Fognini, per la prima volta nella sua carriera, aveva una pressione enorme da sopportare, non solo negli appassionati ma anche mediaticamente, il che non è poco. Per nulla. Nei tg, anche nei posti “non specializzati”, si parlava di Federer, di Nadal, di Djokovic e di Fognini. Paragoni con Panatta, speranze (concrete) di finale o addirittura di vittoria, una top 10 nemmeno troppo lontana, al contrario. Era il più atteso al Foro Italico, senza se e senza ma. C’è poi la sua love story con la Pennetta, il che ha dato a Fabio una notorietà quasi “gossippara”, dunque fuori dagli schemi tennis. Insomma, il tennista di Alma di Taggia è diventato una star a tutti gli effetti. Lo chiamano “Il Balotelli della racchetta” non per niente. Qualcuno può dire “Eh ma pure in Davis aveva la pressione di dover battere per forza Murray”. Errore. Se avesse perso contro Murray, qualcuno avrebbe detto sul serio qualcosa? Stiamo parlando di Murray. E comunque, permettetemi: uno come Fognini, come questo Fognini, con questo Murray non poteva perderci in Davis. Né ora né mai. Chiusa parentesi. I segni che qualcosa non andava, a livello di “pressione”, c’erano già stati a Montecarlo, quando l’azzurro aveva sbroccato contro Tsonga e dopo aveva minacciato (o qualcosa del genere) contro l’arbitro a Madrid, per completare la “frittata” con insulti sparsi e vari su Twitter a chiunque gli capitasse a tiro (spalleggiato dalla sorella). E’ carattere, certo, e ci può pure stare (e anche qui so che molti non saranno d’accordo), però quando poi, paralizzato da una ovvia tensione, viene buttato fuori da Rosol (che ok, la terra non è il suo terreno, ma era in forma e scarso scarso non è…), non mi si venga a parlare di sorpresa clamorosa. A Fognini è successo quello che capitò più o meno cinque anni fa a Bolelli, quando in aperta polemica con la Fit per la questione Davis si presentò al Foro con la maglietta “Italia”, indossata durante l’incontro (anche qui di primo turno) contro Kohlschreiber. Risultato? Fu massacrato, con un parziale di 12 giochi a 1. Simone era paralizzato dalla tensione, da un qualcosa più grande di lui. Fognini, in realtà, non è affatto uno spaccone e non è affatto cattivo. E’ molto più sensibile di quanto voglia fare credere. Ha un suo modo di sfogare la tensione, giusto o sbagliato che sia, non interessa in questa sede. Gli servirà da lezione. Di tempo ne ha. Anche se non troppo, in realtà…
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