MELBOURNE, AUSTRALIAN OPEN
Dall’inviato a Melbourne, Luigi Ansaloni
Due cose sono evidenti, alla fine della partita tra Stanislas Wawrinka e Rafael Nadal, vinta dallo svizzero in quattro set (6-3 6-2 3-6 6-3), che ha consegnato a Stas il suo primo slam. Il primo: che Wawrinka questo successo, al netto della partita di oggi, se l’è davvero meritato. La seconda: con tutto il rispetto per Wawrinka, difficilmente l’elvetico avrebbe avuto la meglio sullo spagnolo senza (questa volta evidente) problema fisico che ha colpito il numero uno del mondo, a quanto pare fin dal riscaldamento. Adesso è troppo presto per fare una diagnosi sull’entità del problema del maiorchino, ma sicuramente Nadal non era al meglio. Nel primo set a quanto pare (ma siamo sempre nel terreno delle ipotesi, non va dimenticato), lo spagnolo ha tenuto il tutto a bada, ma è stato comunque travolto da Wawrinka che ha giocato una prima frazionale davvero sensazionale. Dopo, è successo il finimondo, nel vero senso della parola. Raramente si è assistita ad una finale con tanti colpi di scena, e viva il cielo, anche se non propriamente tennistici (la partita, quella vera, quella dal punto di vista strettamente tecnico, è durata un set). Nadal infortunato lascia il campo, la Rod Laver Arena lo fischia (brutto, per carità, ma qualcuno ha sghignazzato ricordando la favola de “Al lupo al lupo”), Wawrinka che litiga con l’arbitro dicendo “Ora vai a chiedergli cosa ha o altrimenti me ne vado pure io”). Insomma, per 15 minuti è successo di tutto dentro lo stadio, di fronte a Rod Laver più incuriosito che altro, e Sampras (colui che Nadal doveva eguagliare proprio stasera), ampiamente divertito.
Dopo, signori, la partita ha cessato di essere partita e si è assistito allo psicodramma: Nadal era chiaramente limitato nei movimenti (Giorgio Di Palermo, dell’Atp Board ha parlato con il clan Nadal e ha confermato che si tratta di un problema alla schiena non grave: gli faceva male prima di Melbourne, ma qui, prima di stasera, non gli aveva mai dato alcun fastidio), ma Wawrinka per un set e mezzo è stato semplicemente paralizzato dalla paura. Sbagliava le cose più elementari, bastava che lo spagnolo rimandasse il colpo dall’altra parte del colpo per assistere ad un errore dello svizzero. Per una mezz’ora buona, il match sembrava destinato al quinto set. In questi 30 minuti, Nadal è stato immenso, veramente immenso. Forse questa volta è stato vittima del pregiudizio della gente, che gli attribuisce una certa “piangeria” quando si tratta di malanni, infortuni e comportamenti degli avversari e dell’Atp, ma a Melbourne un giocatore non stava bene questa sera, ed era Nadal. Che nonostante tutto, ha perso e ha combattuto con onore, davvero onore. Poteva fare come la Henin nel 2006 e “regalare” lo slam, il primo slam, a Wawrinka. Non solo: per qualche minuto, dalla fine del terzo set (vinto), c’era la sensazione generale che poteva pure vincerla, vista cosa stava combinando lo svizzero in campo.
Wawrinka poi ha rimesso la testa (e le cose) a posto, e tranne quando ha perso il servizio a zero, dopo aver brekkato sul 3 a 2, ha fatto le cose per bene, diventando il secondo giocatore a vincere un major (con Del Potro, Us Open 2009), oltre i Fab Four dall’Australian Open 2005, quando si impose Marat Safin.
Stan è quello che probabilmente da tempo offre il gioco migliore in assoluto. Già lo scorso anno qui a Melbourne aveva fatto vedere grandissime cose, mettendo in difficoltà Djokovic, fino a salire alla semi degli Us Open e del Masters di Londra. Ha giocato meravigliosamente bene per tutto il 2013, e questo successo non fa che confermare quanto visto lo scorso anno. Dunque, per quello che ha fatto, “Svizzera 2”, sembra cresciuto all’ombra dell’onnipotente e onnipresente Roger Federer, se lo è veramente strameritato. In più, una ventata d’aria nuova al tennis, che ormai vive e viveva sotto l’egemonia dei soliti noti. Wawrinka sale al numero 3 in classifica, per la prima volta davanti a Federer, che scende al numero 8 (pur avendo eguagliato la semi dello scorso anno), con Murray che crolla al numero 6. Due dei “Fab Four” fuori dai primi 4: non accadeva dal 2007, quando Djokovic e lo stesso Murray non erano ancora quelli “veri”.
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