Dall’inviato a Melbourne, Luigi Ansaloni
TENNIS, MELBOURNE, AUSTRALIAN OPEN – La semifinale degli Australian Open che ha visto uscire vincitore Rafael Nadal su Roger Federer non è durata 3 set (ricordiamo il punteggio: 7-6 6-3 6-3) è durata praticamente fino al tie break della prima frazione. Quando lo svizzero ha sbagliato una voleè di dritto, anche se non troppo comoda, regalando allo spagnolo il mini-break decisivo, il match si è virtualmente concluso. Chiaro che Rafa avanti di un set è praticamente una condanna a morte, soprattutto per un Federer che non è sembrato all’altezza nè della sfida contro Murray nè di quella contro Tsonga. Qui però entra in gioco il fatto, anche lapalissiano quando volete, che di fronte l’ex numero uno del mondo non aveva nè lo scozzese nè il francese, ma Nadal. E questa fa tutta la differenza del mondo. L’ha fatta in passato, l’ha fatta stasera, e se i due si rincontreranno la farà anche in futuro.
L’attuale numero uno del mondo è stato praticamente perfetto, questa sera alla Rod Laver Arena, di fronte gli occhi di Laver stesso e di Pete Sampras, l’uomo che con ogni probabilità (miracoli di Wawrinka a parte, ma francamente sembra difficile) sarà raggiunto dallo spagnolo a quota 14 slam domenica sera (mattina in Italia). Nadal ha alzato il suo livello di gioco in maniera incredibile, sia rispetto alla partita contro Nishikori sia in quella contro Dimitrov, dove davvero per tre set aveva visto le pene dell’inferno. Non ha sbagliato nulla, davvero nulla, Rafa: perfetto, impeccabile in ogni occasione. Ha disinnescato, e senza nemmeno troppi sforzi, qualsiasi offensiva di Federer. Quando lo svizzero saliva, Nadal lo passava. Quando Federer gli giocava sul suo dritto (cosa che ha fatto troppo spesso, ma è una cosa che succede da 10 anni, quindi non ci si sorprende più di tanto), lo massacrava. L’unico, piccolissimo, minuscolo punto debole (si fa per dire), il rovescio, ha funzionato anche lui a dovere. Federer ha giocato bene (non benissimo) il primo set, poi lo spagnolo lo ha dominato. La differenza in campo era troppa: si vedeva chiaramente che lo svizzero faceva sforzi atroci per restare in partita, mentre l’altro era tranquillo, concentrato, implacabile. Secondo e terzo set sono stati qualcosa di molto simile ad una lezione, senza girarci troppo intorno. Federer è mancato nella risposta, soprattutto, e si è imcaponito in certi atteggiamenti già noti e stranoti. In più, era lento, lentissimo in campo. E chiaramente, con il fenomeno di Manacor questo non te lo puoi permettere.
Siamo 23 a 10 negli scontri diretti, Nadal non perde da Federer negli slam dal 2007, con un parziale di 6-0. Allo stato attuale delle cose, ci sono grossi dubbi che perderà più da Roger 3 set su cinque (forse a Wimbledon, ma chi vi scrive non ci giurerebbe). Qualcuno dice che con uno scarto così, sugli scontri diretti non ci sia nemmeno tutta questa rivalità. I numeri sono bugiardi il più delle volte, e molte volte Federer avrebbe potuto vincere, ma alla fine chi vince ha sempre ragione, e Nadal ce l’ha tutta.
Il ritorno di Federer rimane comunque forse la storia più bella di questi Australian Open: ha dato tutto, ha giocato comunque un buon torneo, un ottimo torneo. Ci si aspettava di più, senza alcun dubbio, da questa partita, che non è stata certamente bella e che viste quelle passate non è stata nemmeno una partita, a dire il vero. Applausi, davvero tanti applausi, a Nadal, onore (tanto onore) a Federer. Forse non basterà, ma una lezione non deve essere nemmeno troppo romantica. E questa sera, Nadal ha dato a Federer proprio questo: una lezione. Brutale, appunto, non certo romantica.
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