di GIANLUCA ATLANTE
MELBOURNE. L’album dei ricordi è lì che attende. Con quella pagina bianca dove, il nostro Jovanotti, scriverebbe: “Ti Amo”. I sentimenti, del resto, sono un qualcosa che aiutano a vivere meglio. A maggior ragione quando tutto sembra tramontato, e allora sì che c’è bisogno di una pagina in più. Di quella pagina da scrivere con un inchiostro indelebile. Uno di quelli per i quali i murales della nostra vita, vanno matti. Roger Federer e Rafale Nadal. La nostra storia tennistica. Fatta di capitoli che ci portiamo dietro dal lontano 2004. Fatta di sfide epiche e altre un po’ meno. Fatta di quella rivalità, assai genuina, della quale ci siamo cibati per dieci lunghi anni e della quale, come accade nelle migliori tradizioni dolciarie, non possiamo proprio fare a meno.
Il nostro Signore Gesù Cristo, senza essere tacciati per blasfemi, ha deciso che la pagina bianca in questione, venga ancora una volta riempita. Tirando fuori l’album impolverato e rispolverandolo a dovere per l’occasione. Rendendolo lucido per la sera. Ad immagine e somiglianza di chi, come noi, ha il dovere, in questo caso è proprio così, di tramandare ai posteri quanto di meglio il mondo della racchetta ci possa offrire. Nadal ha le piaghe alle mani, Federer corre come non lo ha mai fatto. Nadal è il numero uno del modo, Federer, in cuor suo, si sente ancora il più forte. Nadal ha inforcato la biciclettina di Fausto Coppi e preso a schiaffi il Colle del Tourmalet, Federer corre come soltanto il miglior discesista sulla mitica Streif di Kitzbuhel sa fare. Nadal vuole vincere, Federer anche. E noi ci divertiamo, nemmeno fosse la playstation, a vederli tra le nostre mani, pronti a girare come “gialle” impazzite lungo i bordi di una Rod Laver Arena, pronta ad esplodere. A vederli colpire, chi con forza ed esasperante rotazione, chi dalla linea di fondocampo con la classe innata di chi, anche con un sacco dell’immondizia addosso, sarebbe il più bello degli esemplari nostrani.
Forse ci sentiamo anche gay nel nostro raccontare i personaggi di una sfida epica, senza precedenti, capace di entusiasmare più della prossima, di quella a venire. Oggi è il presente o forse già il futuro, di un match che sogniamo da sempre. Da quando, nel 2004, a Miami, sotto il sole cocente della Florida, quasi quanto quello di Melbourne Park, qualcuno ci disse: “Lo vedi quel mancino? Insieme allo svizzero, riscriverà la storia di questo sport”. Una dritta mai abbandonata, rispolverata per l’occasione importante, la terza semifinale Slam della loro storia. Fatta di trentadue partite che, belle o brutte che siano state, hanno riempito, colorandolo a dovere, l’album dei ricordi. Sino ad una pagina bianca, dove l’inchiostro scivolerà leggero, riga dopo riga, momento dopo momento.
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