di FABRIZIO FIDECARO –
Robin Haase dichiara che nel 2006 gli fu riscontrata un’elevata quantità di testosterone in un controllo anti-doping, ma successivi test dimostrarono che si trattava di produzione spontanea del suo corpo. L’Atp smentisce: il tennista olandese avrebbe frainteso il senso della lettera ricevuta all’epoca.
Un caso di doping insabbiato? Per un po’, nella mattinata di oggi, è sembrato quasi fosse così, ma poi è arrivata la smentita ufficiale da parte dell’Atp e tutto, dunque, pare essersi risolto in una bolla di sapone. A ogni modo, l’insolita situazione ha preso avvio da alcune rivelazioni di Robin Haase, che ha dichiarato di essere stato trovato positivo a un controllo anti-doping nel 2006, all’età di diciannove anni, per una concentrazione troppo alta di testosterone nelle urine.
«Ricevetti una lettera allarmante da parte dell’ATP», ha dichiarato il tennista olandese, «in cui si diceva che mi sarei dovuto sottoporre a tre test nel giro di due settimane, perché volevano verificare il sospetto che avevano nei miei confronti. Poi, però, credo che siano emersi nel corso del tempo gli stessi valori e da allora non li ho più sentiti. Non ho mai temuto di subire delle sanzioni, visto che ero certo di non aver utilizzato nessuna sostanza proibita».
I successivi esami avrebbero confermato che l’elevata quantità di testosterone riscontrata era dovuta a una produzione spontanea del corpo del giocatore: si decise quindi di non avviare alcun procedimento. Anche la federazione olandese, che era al corrente dei fatti, non divulgò nulla dell’accaduto.
Fin qui la prima parte della storia. Dopo che sui media olandesi stavano uscendo a raffica news al riguardo, Herman Ram, direttore dell’agenzia nazionale anti-doping, si è affrettato a chiarire che non c’è stato nessun caso di presunto doping nascosto. Haase, infatti, avrebbe interpretato male la missiva ricevuta dall’Associazione Giocatori, un fraintendimento piuttosto comune quando si parla di testosterone.
«Credo che Haase non abbia compreso cosa fosse scritto nella lettera», ha spiegato Ram. «Il rapporto T/E troppo alto capita di frequente, e non è in alcun modo considerato come una positività al test anti-doping. In questi casi, si procede sempre a ulteriori verifiche, analizzando lo stesso campione una seconda volta o effettuando altri controlli in un breve intervallo di tempo, come accaduto a Haase. Se la conclusione è che si tratta di una produzione ormonale spontanea, non esiste alcuna prova di doping. Ed è questo il caso di Haase».
Nel frattempo Robin, sostenendo comunque di essere tranquillo sulla vicenda, aveva espresso il suo parere anche sulla frequenza dei test attuali: «Se Nadal rientra dopo sette mesi e vince tutto, credo che dovrebbe subire più controlli».
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